Partite Iva: deducibilità e detraibilità delle spese per ristoranti e alberghi

Le spese per ristoranti e alberghi possono essere detratte e dedotte, facendo attenzione a dei parametri

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 11 Luglio 2019 07:31Aggiornato: 18 Gennaio 2024 17:12

Le spese per ristoranti e alberghi fanno parte della lunga lista dei costi che le partite IVA – professionisti e aziende – possono portare in detrazione e deduzione in fase di dichiarazione.

Non tutte le spese di questo genere, ovviamente, rientrano tra quelle che fanno cumulo fiscale. La normativa, infatti, prevede casi ben precisi nei quali le spese sostenute all’interno di ristoranti o hotel possano essere dedotte dal reddito e quali invece detratte dalla dichiarazione IVA. In particolare, la legislazione fiscale prevede delle percentuali di deduzione e delle percentuali di detrazione, che si applicano a seconda della tipologia di “banchetto” e della tipologia di soggiorno effettuato. Vediamo tutto nel dettaglio.

Ristoranti ed alberghi: le spese detraibili e deducibili

A voler essere precisi, sul fronte della detraibilità IVA non ci sono distinzioni di sorta. Professionisti e aziende possono portare in detrazione il 100% dell’IVA riguardante il pranzo (o la cena) e il soggiorno. L’unico requisito da rispettare è la presentazione della fattura: per evitare che la detrazione venga rigettata dal commercialista (o, peggio ancora, non regga un eventuale controllo dell’Agenzia delle Entrate) sarà necessario richiedere la fattura al ristoratore o al gestore dell’albergo.

Differente, invece, la questione per la deducibilità dal reddito delle spese per ristoranti e alberghi. In questo caso c’è da distinguere tra le spese sostenute per cene o soggiorni “puri” e le spese sostenute per corsi d’aggiornamento, fiere e convegni. Nel caso si organizzi una cena (o soggiorno) di lavoro e si richieda fattura, professionisti e aziende possono portare in deduzione dalla dichiarazione dei redditi il 75% della spesa sostenuta. Per i professionisti, inoltre, sussiste anche il limite del 2% dei compensi percepiti nel corso del periodo d’imposta.

Occorre inoltre specificare che i professionisti con partita IVA a regime dei minimi o in regime forfetario potranno detrarre dai propri compensi solamente il 50% delle spese sostenute in ristoranti o alberghi nel corso del periodo d’imposta.

Come accennato, esiste ancora un’altra casistica: quella delle spese sostenute per corsi d’aggiornamento, fiere e convegni. La legislazione fiscale considera questi come dei “costi virtuosi”, utili alla crescita dell’azienda o del professionista. Per questo motivo, spese per alberghi e ristoranti sostenute quando si è in trasferta per corsi, fiere e convegni godono della deducibilità al 100%.

I riferimenti normativi

A regolamentare nello specifico la deducibilità di ristoranti ed alberghi per i titolari di partita Iva è il comma 5, articolo 54 del TUIR, nel quale si legge:

Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta.

Alcune novità sono state introdotte attraverso la Legge n. 81/2017, anche nota come Jobs Act del lavoro autonomo. Nello specifico è previsto che:

I limiti di cui al periodo precedente non si applicano alle spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente. Tutte le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista.