Lavoro dipendente: ecco quando blocca il regime forfettario

In alcuni casi il lavoro dipendente può diventare un ostacolo all'accesso al regime forfettario. Analizziamo i vari casi e le soluzioni a disposizione dei contribuenti

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

I lavoratori dipendenti, per i quali il rapporto di lavoro sia cessato, hanno la possibilità di accedere al regime forfettario, anche quando, nel corso dell’anno precedente, hanno superato la soglia dei 30.000 euro. L’eventuale verifica di questa soglia risulta essere irrilevante, nel caso in cui il rapporto di lavoro dovesse risultare cessato.

Ricordiamo, infatti, che i lavoratori dipendenti non hanno la possibilità di accedere al regime forfettario nel caso in cui nell’arco dell’anno precedente hanno percepito un reddito superiore a 30.000 euro, anche quando il datore di lavoro non dovesse risultare residente. Questa regola, però, decade nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa: i contribuenti, quindi, hanno la possibilità di utilizzare il regime forfettario.

La lettera d-ter del comma 57 dell’articolo 1 della Legge n. 190/2014 prevede esplicitamente che i contribuenti non abbiano la possibilità di avvalersi del regime forfettario “i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato“.

Non è possibile, quindi accedere al regime forfettario nel caso in cui nel corso dell’anno precedente i contribuenti siano in possesso di redditi da lavoro dipendente ed assimilato il cui importo complessivo superi i 30.000 euro. Per determinare questo particolare limite, è necessario tenere in considerazione alcuni chiarimenti che sono arrivati direttamente dall’Agenzia delle Entrate, che ha spiegato che:

  • non devono essere presi in considerazione i compensi arretrati, che sono soggetti a tassazione separata, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b, del TUIR;
  • risultano essere rilevanti, invece, i compensi percepiti a titoli di premi di risultato, che siano strettamente connessi ai contratti collettivi e che sono assoggettati ad imposta sostitutiva del 10% (questa presa di posizione arriva dalla risposta della stessa Agenzia delle entrate all’interpello n. 398/E/2020).

Regime forfettario e cessazione del lavoro dipendente

Risulta essere irrilevante la verifica della soglia dei 30.000 euro di compensi da lavoro dipendente, nel caso in cui il rapporto di lavoro risulti essere cessato. Attraverso la circolare n. 10/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha schematizzato in questo modo le situazioni che si possono venire a generare:

  • non risulta essere necessario verificare il superamento della soglia dei 30.000 euro nel caso in cui sia intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno precedente rispetto a quello di accesso al regime forfettario;
  • la verifica, invece, deve essere effettuata nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente sia cessato e il contribuente ne abbia intrapreso ancora un altro, in essere al 31 dicembre.

Cosa significa tutto questo in estrema sintesi? Nel caso in cui un contribuente nel corso del 2021 avesse avuto in essere un contratto di lavoro dipendente e, nel corso del 2022, il soggetto cessi il contratto, nel 2023 potrà accedere al regime forfettario senza la verifica della soglia dei 30.000 euro. Lo stesso soggetto avrebbe potuto aderire al regime agevolato anche nel 2022, previa la verifica dei 30.000 euro (nel caso li avesse superati, non avrebbe potuto aderirvi).

Le pensioni rientrano nella soglia dei 30.000 euro

All’interno del limite dei 30.000 euro devono essere prese in considerazione anche le eventuali pensioni percepite dai contribuenti. La pensioni, quindi, vengono considerate a tutti gli effetti come assimilabili a dei redditi da lavoro dipendente. In altre parole, i contribuenti che si dovessero trovare in questa situazione risultano essere assimilabili in tutto e per tutto a quanti stanno percependo un reddito da lavoro dipendente.

Alle stesse conclusioni si arriva nel caso in cui i soggetti abbiano percepito delle somme a titolo di pensione riferibili ad annate pregresse, come possono essere, ad esempio, quelle provenienti dal riscatto volontario del trattamento di fine rapporto depositato presso un qualsiasi fondo pensione e come tale soggetto ad una tassazione separata.

L’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta all’interpello n. 311/E/23, ha sottolineato e ribadito che il reddito da pensione essendo assimilato al reddito di lavoro dipendente, assume a tutti gli effetti rilievo, anche in maniera autonoma ed indipendente, per determinare o meno il raggiungimento della soglia di accesso al regime forfettario.

Al momento l’Agenzia delle Entrate non ha fornito dei chiarimenti ufficiali sull’eventuale esclusione dalla norma per i redditi percepiti attraverso un datore di lavoro non residente.

Ma cosa succede ai contribuenti che superano la soglia dei 30.000 euro? Per i soggetti che dovessero trovarsi in questa situazione decade in maniera automatica il regime forfettario a partire dall’anno successivo rispetto a quello successivo nel quale è avvenuto il superamento. Il titolare di partita Iva, a questo punto, entrerà nel regime della contabilità semplificata.

Cause ostative al forfettario

Quali sono, nel dettaglio, le cause che determinano un ostacolo al regime forfettario? Si possono venire a generare le seguenti situazioni:

  • il dipendente ha un rapporto di lavoro con un reddito superiore a 30.000 euro. Dà le dimissioni nel corso dell’anno e prosegue il rapporto di lavoro fino al 31 dicembre. Avvia l’attività di lavoro autonomo nel corso dell’anno: in questo caso non è possibile accedere al regime forfettario, perché la cessazione dell’attività è avvenuta nello stesso anno dell’avvio dell’attività autonoma;
  • lavoratore dipendente residente all’estero, con un reddito superiore a 30.000 euro, da le dimissioni ed avvia una nuova attività autonoma: anche in questo caso non può aderire al regime forfettario;
  • cittadino italiano (iscritto AIRE) che lavora come dipendente all’estero e che intenderebbe rientrare in Italia per avviare una nuova attività continuando a collaborare con il precedente datore di lavoro estero. In questo caso, invece, deve essere verificata la soglia di reddito di 30.000 euro relativa all’anno precedente.