Come si detraggono i contributi versati alla previdenza complementare

Il legislatore ha previsto una serie di importanti agevolazioni fiscali per i soggetti che versano dei contributi nelle forme di previdenza complementare

Foto di Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato:

Fino alla soglia massima di 5.164,57 euro è possibile portare in detrazione i contributi versati alle forme di previdenza complementare. All’interno di questo tetto massimo vi rientrano sia quelli versati a titolo personale che quelli a carico del datore di lavoro. La deduzione è accessibile anche quando i costi sono stati sostenuti per i familiari fiscalmente a carico.

In futuro la pensione pubblica non sarà in grado di garantire lo stesso tenore di vita che la maggior parte dei lavoratori ha oggi. Per questo motivo la previdenza complementare sta diventando uno strumento importante per potersi garantire una vita leggermente più serena quando si smetterà di lavorare.

Uno dei vantaggi più importanti messi a disposizione di quanti hanno intenzione di accedere a questi strumenti è la possibilità di detrarre dal reddito Irpef i contributi versati, purché vengano rispettati alcuni limiti ben definiti.

Come funziona la previdenza complementare

Lo scopo principale della previdenza complementare è quello di andarsi ad affiancare al sistema pensionistico pubblico, permettendo al lavoratore di oggi di avere una posizione previdenziale migliore il giorno in cui andrà in quiescenza.

L’obiettivo viene raggiunto grazie a dei versamenti volontari, che vengono effettuati su base individuale o collettiva.

Oltre alla previdenza complementare servono a questo scopo anche:

  • i fondi pensione negoziali, ossia i cosiddetti fondi chiusi;
  • i fondi pensione aperti, che sono gestiti dalle banche o dalle assicurazioni;
  • i contratti di assicurazione sulla vita che hanno una finalità previdenziale.

All’interno delle forme pensionistiche complementari si devono distinguere quelle collettive e quelle individuali.

L’adesione alle forme collettive viene contrattata, da come si può comprendere dal nome, a livello collettivo per un particolare gruppo di lavoratori che appartengono a un’azienda, a un gruppo di aziende o a un settore produttivo. L’adesione è volontaria.

Come dedurre i contributi dall’Irpef

Benché ai contratti e agli accordi collettivi viene demandato il compito di stabilire attraverso quali modalità effettuare i versamenti e quali debbano essere i contributi minimi da versare, ai lavoratori viene lasciata la libertà di decidere a quanto debba ammontare l’entità della contribuzione.

In linea di principio i contributi minimi da destinare alle forme di previdenza complementare può essere fissa o variare a seconda del lavoratore che effettua il versamento:

  • lavoratori dipendenti – il versamento è pari ad una percentuale della retribuzione che viene impiegata per calcolare il TFR o si fa riferimento ad alcuni elementi dello stipendio;
  • lavoratori autonomi – è una percentuale del reddito di impresa o di lavoro autonomo che viene dichiarato per il calcolo dell’Irpef.

I contributi che sono stati versati dai lavoratori a delle forme di previdenza complementare permettono di ottenere una deducibilità dal reddito complessivo Irpef pari a un importo massimo di 5.164,57 euro.

Questo tetto massimo è unico e si riferisce trasversalmente ai contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che siano volontari o derivino da degli accordi collettivi o aziendali.

Nel conteggio complessivo devono essere considerate anche le quote che il datore di lavoro accantona in quelli che vengono definiti come fondi interni aziendali e che sono costituiti da dei conti individuali.

I beneficiari delle agevolazioni

Alle agevolazioni fiscali che scaturiscono dal versamento dei contributi nella previdenza complementare possono accedere i contribuenti con residenza fiscale in Italia che appartengono alle seguenti categorie:

  • lavoratori dipendenti nel settore pubblico o privato;
  • lavoratori autonomi, anche quando sono titolari di un reddito d’impresa;
  • quanti siano privi di un reddito di lavoro. In questa categoria rientrano anche quanti hanno dei redditi diversi.

Gli strumenti che permettono di accedere alle agevolazioni fiscali sono i seguenti:

  • fondi pensione;
  • piani pensionistici individuali, i cosiddetti Pip.

Il versamento a queste forme pensionistiche può avvenire direttamente (ossia versando in prima persona i contributi) o attraverso il datore di lavoro. O, ancora, versando il trattamento di fine rapporto. Ogni modalità adottata è valida per riuscire ad ottenere la deduzione fiscale.

Cosa succede quando i contributi superano la soglia

Cosa succede nel caso in cui i contributi dovessero superare la soglia prevista dalla normativa? La parte che non può essere portata in deduzione deve essere comunicata alla forma pensionistica complementare entro il 31 dicembre dell’anno successivo o prima che venga riconosciuta una qualsivoglia prestazione previdenziale. Su questa quota, una volta che verrà liquidata la prestazione, non è previsto alcun tipo di tassazione.

Quali regole sono previste per i dipendenti pubblici

Per i lavoratori del settore pubblico sono previste alcune regole diverse. Eventuali contributi versati alle varie forme di previdenza complementare sono a tutti gli effetti deducibili dal reddito imponibile, ma prendendo in considerazione il reddito più basso tra:

  • l’importo di 5.164,57 euro all’anno;
  • 12% del reddito complessivo;
  • doppio del Tfr versato.

Nel caso in cui i versamenti siano stati effettuati tramite il datore di lavoro non è necessario presentare alcun tipo di documentazione nel momento in cui si presenta la dichiarazione redditi. Oltre, ovviamente, alla certificazione unica.

L’entità del risparmio a cui il singolo lavoratore può ambire è diversa ed è condizionata dall’aliquota massima che ogni investitore paga sui propri redditi.

Giusto per avere un’idea su quali possano essere i risparmi fiscali, basti pensare che un contribuente Irpef che ha un’aliquota del 23%, nel caso in cui dovesse effettuare un versamento di 1.000 euro, potrebbe ottenere un risparmio di imposte da versare pari a 230 euro. Nel caso in cui l’aliquota dovesse essere più elevata, il risparmio che riuscirà a ottenere sarà più elevato.

Come sfruttare la deduzione fiscale

Il contribuente ha la possibilità di accedere alla deduzione fiscale solo e soltanto nel momento in cui ha un debito Irpef da versare. Quando il soggetto in questione risulti essere incapiente, la quota dei contributi che sono stati versati e non dedotti non verranno tassati nel momento in cui la prestazione verrà liquidata.

Perché questo possa avvenire è necessario che il diretto interessato comunichi al gestore della pensione complementare che non ha dedotto in dichiarazione dei redditi quanto versato.

La comunicazione deve obbligatoriamente avvenire entro il 31 dicembre dell’anno successivo rispetto al quale è stato effettuato il versamento.