Perché la Russia guida l’Onu nonostante la guerra in Ucraina

La Russia assume la guida del Consiglio di sicurezza Onu fra le vibranti proteste degli ucraini. Impedirlo però sarebbe stato impossibile perché si sarebbe dovuto prima procedere a una modifica dei regolamenti.

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Un “fallimento dell’istituzione“. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky liquida il mese di presidenza russo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Consiglio di Sicurezza creato al fine di garantire pace, sicurezza e stabilità internazionali.

Russia alla presidenza Onu, le protese degli ucraini

“Uno stato che rovina sistematicamente la pace e la sicurezza internazionale presiederà l’organismo incaricato di mantenerle”, commenta il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Se Zelensky utilizza parole amare, Kuleba aggiunge termini più coloriti e parla anche di uno “schiaffo in faccia alla comunità internazionale”.

Andrij Yermak, capo della comunicazione di Kiev, twitta tutto il suo sdegno e la sua incredulità: “La Russia alla guida del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è una vergogna e un altro colpo simbolico al sistema di regole delle relazioni internazionali”. La Russia ha assunto la guida del Consiglio Onu l’1 aprile e con un’amara ironia una nota del Governo ucraino parla di “un brutto scherzo del primo aprile”.

Russia alla presidenza Onu nel 2022

La situazione è certamente inedita, dal momento che il Consiglio di sicurezza Onu viene guidato da un paese il cui leader, Putin, è stato raggiunto da un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra.

È passato poco più di un anno da quando Mosca ha assunto la guida del Consiglio: l’ultima volta è avvenuto a febbraio del 2022, prima che i carri armati marchiati con la lettera Z invadessero l’Ucraina. Kiev esorta i membri del Consiglio a vigilare sull’operato russo al fine di contrastare ogni tentativo di “abusarne”. Gli Stati Uniti prendono atto delle vibranti proteste di Kiev, ma affermano di non poter far nulla per impedire alla Russia di guidare l’altissima istituzione.

Il cuore del Consiglio, d’altra parte, è composto da cinque membri permanenti attualmente divisi idealmente in due fazioni: la fazione atlantica compatta nel condannare l’aggressione russa all’Ucraina (Usa, Francia e Regno Unito) e una fazione asiatica composta dalla Russia, parte in causa nella guerra, e dalla Cina, paese che ostenta neutralità ma nei fatti stringe partnership con i vicini russi e occasionalmente lancia  messaggi di ostilità contro gli Stati Uniti accusandoli di indebite ingerenze.

Vassily Nebenzia, ambasciatore russo all’Onu, ha rilasciato un’intervista all’agenzia Tass liquidando come “semplicemente assurda” l’idea di impedire a Mosca di assumere la presidenza del Consiglio. Il motivo: l’esclusione sarebbe impossibile senza modificare prima la Carta dell’Onu.

Citato dall’Ansa l’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente italiano all’Onu, conferma che “la presidenza mensile di turno è nelle regole del Consiglio di Sicurezza Onu”. Massari tuttavia aggiunge che “non va sopravvalutata l’importanza del mese russo nell’equazione complessiva del conflitto ucraino”.

Russi in Donbass: poche vittorie, tante perdite umane

Intanto nell’offensiva in Donbass il peso dei costi per i russi avrebbe superato quello dei vantaggi: secondo gli ultimi report dell’intelligence britannica l’esercito russo avrebbe ottenuto solo “successi marginali a costo di decine di migliaia di vittime”. Gli 007 inglesi parlano di “progetto fallito“. Più di un osservatore ha già messo in evidenza gli errori commessi dai russi. Le difficoltà sul campo, intanto, spingono i russi verso un maggiore impegno bellico: il ministro della Difesa Serghei Shoigu ha annunciato l’aumento significativo della produzione di armi, “comprese quelle convenzionali e di alta precisione”. E Putin ha già mobilitato altri 147mila riservisti.

Gli Usa spengono le speranze che la fine del conflitto sia vicina: “È improbabile che l’Ucraina riesca a cacciare tutte le forze russe dal suo territorio entro quest’anno”, ha dichiarato Mark Milley, capo dello Stato maggiore congiunto Usa intervistato da Defense one. Anche Milley, tuttavia, come i servizi britannici ritiene che il Cremlino abbia “fallito” sotto il profilo strategico e che “ora sta fallendo anche dal punto di vista tattico”.