L’Italia riapre le miniere: ecco dove si trovano

Nel nostro Paese è caccia su tutto il territorio alle materie prime critiche come il litio, essenziali per non dipendere dalla Cina nella transizione ecologica

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Entro il 2030 la domanda di terre rare all’interno dell’Unione europea aumenterà di sei volte e di sette volte entro il 2050, ma nel mercato di questi metalli, essenziali per lo sviluppo della tecnologia che potrà permettere la transizione energetica, la posizione dell’Europa è di dipendenza da altri Paesi, soprattutto la Cina, che ha il predominio su quasi tutta la filiera dall’estrazione all’esportazione. Per questo Bruxelles ha predisposto un piano per l’estrazione di quelle che chiama “materie prime critiche” e l’Italia sta riaprendo giacimenti mai sfruttati in passato, ma che oggi acquisiscono tutto un altro valore.

L’Italia scava in cerca di terre rare: quali sono

La Commissione europea considera “materie prime critiche” una trentina di elementi tra i quali litio, cobalto, gallio, germanio, tungsteno, antimonio, berillio, grafite e vanadio (qui il nostro approfondimento sulla strategia dell’Unione europea in merito alle “materie prime critiche”). Si tratta di materiali fondamentali per la tecnologia applicata in maniera particolare alla transizione ecologica, verso la quale si sta dirigendo il futuro di diversi settori dell’industria, dall’energia alle automobili (qui avevamo spiegato cosa sono le terre rare dopo la scoperta del maxi giacimento in Svezia).

Questo tipo di metalli hanno in comune di trovarsi sulla Terra in quantità limitate e di avere però delle proprietà necessarie per la produzione, ad esempio, di componenti per turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e batterie. Per questo sono diventati materiali ormai sempre più ricercati, specialmente il litio la cui domanda crescerà a livello mondiale di dodici volte entro il 2030 e di venti volte entro il 2050.

La scommessa dell’Unione europea di mettere al bando la vendita delle automobili con motori a benzina e diesel entro dal 2035 si scontra con la scarsità di questo elemento, fondamentale per la realizzazione delle batterie per i veicoli elettrici.

Rispetto alle batterie tradizionali, quelle agli ioni di litio, infatti, nonostante un ingombro e un peso ridotto, garantiscono una maggior durata, affidabilità e minor tempo di ricarica (qui abbiamo spiegato le contraddizioni delle terre rare tra inquinamento per la loro estrazione e l’importanza nella transizione ecologica).

Nel mondo i maggiori produttori di questa materia prima sono l’Australia, che da sola rappresenta il 52% della produzione di litio, il Cile (25%) e la Cina (15%). Senza una filiera interna di questo metallo le case automobilistiche europee sono destinate a soccombere di fronte ai concorrenti cinesi che possono contare sul controllo del 60% della lavorazione di questa materia su scala globale.

Nella corsa per il dominio della produzione di batterie per lo sviluppo tecnologico, il Dragone può contare anche su oltre il 70% dei diritti di estrazione del cobalto in Congo, Paese dal quale derivano circa la metà di tutte le forniture di questa materia prima ancora più preziosa del litio in quanto necessaria per il funzionamento degli smartphone, computer e tanti altri dispositivi, usati anche nell’industria delle auto elettriche.

L’Italia scava in cerca di terre rare: la mappatura

Eppure questi elementi così richiesti, almeno 15 sui 34 elencati dall’Unione europea, sarebbero presenti in grande quantità anche in Italia, in giacimenti già individuati in passato ma mai sfruttati.

Secondo una prima rilevazione dell’Ispra, che sta portando avanti la mappatura delle miniere più ricercate anche per conto di Bruxelles, nel nostro territorio ci sarebbero oltre 3mila siti di questi materiali: il litio, ad esempio, si trova soprattutto nell’Alto Lazio, nelle aree vulcaniche come quella del Lago di Bracciano, fino ad arrivare alla Campania, ai Campi Flegrei.

Il cobalto, oltre che nel Lazio, veniva invece estratto un tempo in Piemonte, a Punta Corna (in provincia di Torino) e utilizzato nel settore della ceramica.

L’obiettivo del Governo, tramite l’istituzione del “Tavolo Tecnico delle materie prime critiche” coordinato dal ministero delle Imprese e da quello dell’Ambiente, è quello di recuperare queste risorse per affrancare l’Italia dalla dipendenza di colossi come la Cina nella rincorsa alla transizione ecologica.