Nuove miniere in Italia, il governo prepara un decreto: dalle terre rare a litio e cobalto

Il decreto che porterà all'apertura di nuove miniere in Italia è atteso entro metà aprile: il governo punta alle terre rare della Sardegna, al cobalto, nichel e argento del Piemonte e al litio del Lazio. L'obiettivo è staccarsi dalla dipendenza cinese

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

L’Eldorado italiano delle terre rare è in Sardegna, mentre in altre Regioni si trovano diversi altri minerali strategici. Il decreto sulle nuove concessioni minerarie arriverà a metà aprile, come ha anticipato durante un question time alla Camera il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Miniere di terre rare in Sardegna

Il decreto sulle concessioni minerarie verrà redatto “per assicurare una catena di approvvigionamento delle materie prime critiche sicura e di rapida attuazione e per promuoverne il riciclo”. Urso ha ricordato che in Italia sono presenti 16 delle 34 materie prime critiche e che “oggi le nuove tecnologie consentono di riattivare miniere chiuse oltre 30 anni fa” come quelle di cobalto, nichel, argento (in Piemonte), litio (nel Lazio) e terre rare (in Sardegna).

Cosa sono le terre rare

Le terre rare sono un gruppo di elementi che rientrano nella famiglia dei metalli. Si tratta di materiali fondamentali per la creazione di prodotti tecnologici, come componentistica e batterie elettriche. Fra gli scarti della sola miniera di granito di Buddusò (Sassari) sono stati individuati lantanio, cerio, praseodimio, samario e neodimio, fra gli altri.

Il perché di nuove miniere in Italia

Oggi, ha aggiunto il ministro, è inoltre possibile “sfruttare i rifiuti minerari accumulati nei decenni passati che ammontano a 70 milioni di metri cubi”. Urso ha ricordato che la decisione del governo si pone nella scia della strategia europea che punta a ridurre la dipendenza mineraria dai Paesi extra Ue. L’obiettivo, in sintesi, è quello di staccarsi dalla dipendenza cinese nell’affrontare la transizione ecologica. L’Europa unita punta dunque a ridurre moltissimo i tempi per autorizzare questi progetti considerati strategici. Oggi per dare il via a una nuova miniera, dalla fase di progettazione alla realizzazione, occorrono circa 10 anni. L’Europa vuole accorciare tale tempistica a 2 anni. In questa direzione va anche il fondo sovrano creato con il ddl Made in Italy, approvato definitivamente a dicembre dal Parlamento. Il fondo avrà a disposizione circa 1 miliardo di euro e verrà aperto a “investitori privati nazionali ed esteri”.

Il primo annuncio in merito alla strategia mineraria del governo Meloni era arrivato a luglio 2023. Poi a febbraio Urso era nuovamente tornato sul tema. Il primo decreto che andrà a definire la materia è ora atteso a strettissimo giro. Ma non si tratta solo di riaprire le miniere dismesse: “Trent’anni fa eravamo un grande paese minerario poi abbiamo chiuso tutte le miniere. Ora dobbiamo riaprirle, e magari altre ancora”, aveva detto Urso a suo tempo.

Perché vennero chiuse le miniere in Italia

Molti impianti minerari italiani vennero dismessi anni or sono per una serie di motivi. Il primo era di tipo economico: era nettamente più conveniente importare materie prime a basso costo dall’estero. In altri casi a pesare sulla decisione furono valutazioni di impatto ambientale e sanitario. In altri casi ebbe un peso l’opportunità politica.