Inflazione e stipendi: cosa succederà alle famiglie

Cresce la retribuzione oraria media dei lavoratori, ma l'inflazione galoppa più veloce e i cittadini si impoveriscono. I rialzi colpiscono tutti i beni di largo consumo.

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

L’inflazione rallenta la sua corsa rispetto alle scorse settimane, ma continua ad essere al di sopra della soglia di guardia. E gli importi degli stipendi non crescono di pari passo all’aumento dei prezzi al consumo. Costo della vita più alto e stipendi quasi fermi si traducono in una minore capacità di spesa per le famiglie e, di conseguenza, in un abbassamento generalizzato del tenore di vita. Al momento la forbice fra inflazione e stipendi è di sette punti percentuali.

Inflazione e stipendi in Italia

“Nella media del primo trimestre, nonostante il progressivo rallentamento della crescita dei prezzi, la differenza tra la dinamica dell’inflazione (Ipca) e quella delle retribuzioni contrattuali rimane superiore ai sette punti percentuali”, spiega l’Istat. “Nel primo trimestre 2023, gli incrementi a regime dei rinnovi del comparto pubblico relativi al triennio 2019-2021 accelerano la crescita delle retribuzioni contrattuali, che tuttavia rimane contenuta”.

Gli stipendi sono rimasti al palo anche perché più della metà dei dipendenti nel settore dei servizi sta aspettando il rinnovo del contratto collettivo. L’Istat rende noto che nel periodo gennaio-marzo 2023 la retribuzione oraria media è cresciuta del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2022. E l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2023 segna un +0,1% rispetto a febbraio 2023. Il paragone con marzo 2022 segna un +2,2%. Per i dipendenti del comparto industriale l’aumento tendenziale è stato del +1,4%, nei servizi si registra un +0,9% e nella pubblica amministrazione l’aumento segna un +4,9%. Questi i settori in cui si registrano gli aumenti più elevati:

  1. vigili del fuoco +11,7%;
  2. personale dei ministeri +9,3%;
  3. dipendenti del servizio sanitario nazionale +6,4%.

Nessun incremento invece nei settori edilizia, commercio, farmacie private e hotel.

Perche costa tutto di più

Il portafoglio degli italiani non sta al passo dell’inflazione che galoppa. La svalutazione del denaro causa un aumento dei prezzi al consumo e i rincari interessano tutti i settori, dai beni di prima necessità come pasta, pane e olio ai farmaci e alle visite specialistiche, dalle operazioni bancarie al costo dei carburanti, dalla spesa media per le vacanze ai pedaggi autostradali.

La protesta di UNC

I dati Istat suscitano lo sdegno di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “Una vergogna! È inaccettabile che le bollette di luce e gas siano raddoppiate, l’inflazione a marzo sia al 7,6%, pari a un rincaro di 1.755 euro per una famiglia media, 1.320 euro per un single con meno di 35 anni, mentre gli stipendi salgano solo del 2,2%, 3 volte e mezzo meno”. “Fino a che gli stipendi non sono adeguati all’aumento del costo della vita, preservando il potere d’acquisto delle famiglie, i consumi resteranno al palo e di conseguenza il Pil crescerà, come in questo primo trimestre 2023, dello 0,5%“, aggiunge Dona.
Urge il ripristino della scala mobile all’inflazione programmata. Preoccupa, infatti, che il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, per quanto diminuito, sia ancora pari a 23,4 mesi, ossia due anni. Un tempo abissale inaccettabile, vista l’impennata dei prezzi” conclude Dona.

Per approfondire si rimanda al report Istat su contratti collettivi e retribuzioni contrattuali nel primo trimestre 2023.