Thales indagata per sospetta corruzione in Francia, Spagna e Paesi Bassi: cosa rischia il gruppo

Il gruppo francese Thales è coinvolto in due i filoni di indagine che riguardano la vendita di attrezzature militari all'estero. Il gruppo è presente anche in Italia

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Redazione

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Thales è indagata per corruzione. Come ha riferito una fonte giudiziaria a Reuters, questa settimana la polizia ha perquisito gli uffici dell’azienda situati in Francia, Spagna e Paesi Bassi. “Thales sottolinea che rispetta rigorosamente le normative nazionali e internazionali. L’azienda ha sviluppato e implementato un programma di conformità globale che soddisfa i più alti standard del settore”, ha risposto un portavoce della società.

L’accusa a Thales

Thales, gruppo francese, che ha precisato di voler collaborare con le autorità competenti, è coinvolto in due filoni d’indagine con le accuse di associazione a delinquere, traffico di influenze e corruzione.

La prima risale al 2016, anno in cui l’azienda è stata accusata di aver corrotto un pubblico ufficiale straniero, oltre che di associazione a delinquere e riciclaggio di denaro legato alla vendita di sottomarini e alla costruzione di una base navale in Brasile.

Un anno fa l’apertura di una seconda indagine per sospetta corruzione e traffico di influenze, associazione a delinquere e riciclaggio di denaro legato alla vendita di attrezzature militari e civili all’estero.

Cosa fa Thales?

Specializzata in forniture militari, Thales si concentra sulla produzione di radar, proiettili, munizioni, satelliti e sistemi di difesa aerea che vende in tutto il globo. Il gruppo opera in 68 Paesi con 81mila dipendenti sparsi nel mondo.

In Italia, dove è presente da oltre 7o anni, vanta 3.200 collaboratori e 7 siti industriali. Qui il gruppo può contare su un solido portafoglio di soluzioni legate ai settori Difesa e sicurezza, Aerospazio e spazio, Identità digitale e Sicurezza.

Soprattutto, rappresenta un’eccellenza mondiale Thales Alenia Space, joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%),  azienda manifatturiera nel settore spaziale a livello globale che da oltre quarant’anni fornisce soluzioni ad alta tecnologia per Telecomunicazioni, Navigazione, Osservazione della Terra, gestione ambientale, ricerca scientifica e infrastrutture orbitali. Con un fatturato di 2,2 miliardi di euro nel 2023, solo questa impresa impiega 8.600 persone in 10 Paesi, e ha 17 siti in Europa, ma anche un impianto industriale negli Stati Uniti.

Sempre nel nostro Paese collabora anche con le migliori Università e centri di ricerca italiani, come il Politecnico di Milano, dove sponsorizza l’Osservatorio sulla Cybersecurity e Data Protection, e le Università di Firenze, Pisa e Siena.

Innovazione ma anche attenzione verso un futuro più sostenibile. Nel settore della connettività mobile, Thales collabora con gli operatori nei processi di transizione alle eSIM e fornisce soluzioni di connettività avanzate anche per le reti 5G di ultima generazione, soluzioni Trusted Digital ID e di Intelligenza Artificiale e Machine Learning.

Cosa rischia il gruppo? I casi Microsoft ed Ericsson

Il caso Thales ricorda da vicino i casi che hanno coinvolto altre multinazionali, costrette a collaborare con le autorità o in altri casi a pagare una multa piuttosto salata.

Nel 2022, Microsoft è finita nella bufera dopo le dichiarazioni di un ex dipendente, che in un’intervista al Wall Street Journal l’accusava di aver pagato tangenti in Africa e in Medio Oriente. In quel caso, la storia si chiuse con la collaborazione di Microsoft con le agenzie governative.

Nel 2019, la multinazionale delle telecomunicazioni Ericsson venne incriminata dalle autorità americane per aver pagato tangenti in diverse nazioni del mondo per più di quindici anni.

Lo scandalo spinse i vertici del gruppo a negoziare un patteggiamento con una multa da un miliardo di euro e l’obbligo di collaborare pienamente con la giustizia e denunciare tutti gli illeciti.

In seguito, una serie di altri documenti portati alla luce dal consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, tra cui uno scambio di email risalente al 2011 tra due manager italiani dell’azienda, rivelarono il pagamento di una serie di tangenti pagate da Ericsson in Iraq a tesorieri e combattenti dell’Isis. La vicenda si chiuse con un nuovo patteggiamento e il pagamento di altri 206 milioni di dollari.