Il caso Superlega potrebbe cambiare per sempre le regole dell’antitrust nell’Unione Europea

Svolta epocale? Quali effetti sul sistema economico calcistico e sui consumatori? I possibili effetti della sentenza della Corte di Giustizia Ue su Fifa e Uefa

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Filippo Traviglia

Avvocato

Filippo Traviglia è avvocato, socio di Fabrique Avvocati Associati, con sede a Torino e desk a Bruxelles. Assiste imprese ed enti in operazioni straordinarie e questioni di governance, oltre che nel diritto amministrativo, regolatorio, della concorrenza e dell'energia.

Il 21 dicembre, la Corte di Giustizia Ue ha deciso la Causa C-333/21 conseguente al rinvio pregiudiziale formulato dal Tribunale di Commercio di Madrid nell’ambito del procedimento che vedeva contrapposte da un lato la European Super League Company (ESLC) e, dall’altro lato, l’Uefa e la Fifa. Si tratta della questione relativa al progetto Superlega, tanto dibattuto quanto controverso, da molteplici punti di vista.

In pratica, la European Super League Company (ESLC), società di diritto spagnolo, aveva avanzato l’idea di organizzare la prima competizione europea annuale di calcio chiusa, o «semi-aperta», denominata «European Super League» (ESL), indipendente dall’Uefa. I club partecipanti alla Superlega, tuttavia, vorrebbero continuare contemporaneamente a partecipare alle competizioni organizzate da Fifa e Uefa e dalle federazioni nazionali.

All’annuncio dell’iniziativa, Fifa e Uefa avevano reagito dicendosi non disponibili a riconoscere la nuova entità, avvisando anche che gli atleti e i club partecipanti alla nuova competizione sarebbero stati estromessi dalle competizioni organizzate dalla Fifa e dalle sue confederazioni. L’ESLC si era così rivolta al Tribunale di Commercio di Madrid ritenendo che il comportamento di Fifa e Uefa fosse contrario alle regole antitrust del Trattato e contrario alle libertà fondamentali, sotto diversi profili, fra i quali l’abuso di posizione dominante e il divieto di pratiche concordate.

Il Tribunale di Madrid aveva quindi rinviato alla Corte di Giustizia UE chiedendo al Giudice di pronunciarsi sulla conformità degli statuti di Uefa e Fifa e delle conseguenti iniziative con il diritto antitrust europeo e dunque con il divieto di intese anticoncorrenziali e di abuso di posizione dominante, oltre che con il principio di libertà di circolazione e di soggiorno, con i principi di legalità e proporzionalità, con il principio di libera circolazione dei servizi e con il principio di libera circolazione dei capitali. Circa un anno fa, il 15 dicembre 2022, sulla questione, si era espresso l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE, rassegnando conclusioni apparentemente favorevoli alla posizione di Fifa e Uefa.

La soluzione giuridica dell’Avvocato Generale non vincolava in alcun modo la Corte di Giustizia che, infatti, si è oggi ampiamente discostata da queste conclusioni, con una pronuncia che, a dire dei più, potrebbe avere un effetto deflagrante sul sistema calcio per i principi che afferma.

Norme Fifa e Uefa contrarie al Diritto antitrust Ue

Le questioni giuridiche sono molteplici e di grandissima rilevanza sotto il profilo della normativa europea antitrust. Già solo l’incipit del comunicato ufficiale della Corte non lascia spazio a dubbi circa la posizione assunta: “Le norme Fifa e Uefa sull’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche interclub, come la Super League, sono contrarie al diritto dell’UE (“contrary to EU Law”)”,

Per arrivare a questa conclusione, la Corte parte da un presupposto solo apparentemente scontato, ricordando come l’organizzazione di competizioni calcistiche fra i club e lo sfruttamento dei diritti mediatici costituiscano, evidentemente, attività economiche e, proprio perché tali, queste attività non sfuggono alla necessità che siano rispettati due principi cardine del diritto europeo, la concorrenza fra imprese e la libera prestazione dei servizi.

Fifa e Uefa in abuso di posizione dominante

Viene innanzitutto riconosciuta, in capo a Fifa e Uefa, l’esistenza di una posizione dominante, seguendo la linea logica già intuibile nella sintesi del rinvio pregiudiziale, dove si riferiva che queste organizzazioni possiedono il 100% della quota di mercato per quanto riguarda l’organizzazione di competizioni calcistiche internazionali.

Sempre nella sintesi di rinvio pregiudiziale era del resto stato rilevato come Fifa e Uefa organizzino e sfruttino in monopolio il mercato relativo all’organizzazione di competizioni calcistiche, approvando tutte le norme applicabili a queste competizioni e attribuendosi il potere sanzionatorio o disciplinare nei confronti dei club e dei giocatori partecipanti.

In questo contesto, allora, secondo quanto riferisce la Corte, la decisione di Fifa e Uefa di negare ai club aderenti alla Superlega la possibilità di prendere parte, al contempo, alle manifestazioni calcistiche organizzate dalle stesse Fifa e Uefa integra un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 101 del Trattato.

Ancora più in generale, le norme della Fifa e della Uefa che subordinano qualsiasi nuovo progetto calcistico interclub alla loro preventiva approvazione, come la Super League, e che vietano ai club e ai giocatori di giocare in queste competizioni, sono contrarie al diritto europeo. Anche perché, osserva la Corte, non esiste un quadro di riferimento per le norme Fifa e Uefa che ne garantisca la trasparenza, l’obiettività, la non discriminazione e la proporzionalità

Controllo esclusivo dello sfruttamento commerciale contrario all’antitrust

È considerato illecitamente restrittivo della concorrenza anche il riconoscimento a Fifa e Uefa del controllo esclusivo sullo sfruttamento commerciale dei diritti relativi a tutte le competizioni fra i club. Perché così viene indebitamente limitata la concorrenza, vista l’importanza economica, e non solo, di questi diritti, non solo per i media ma anche – precisa la Corte – per i consumatori e i telespettatori dell’Unione Europea.

Non sono necessariamente contrarie agli art. 101 e 102 del Trattato le norme Fifa e Uefa che designino queste organizzazioni come titolari dei diritti di sfruttamento delle competizioni da queste organizzate, a condizione, però, che queste norme si applichino esclusivamente a Fifa e Uefa e che non riguardino competizioni organizzate da altri soggetti o imprese.

I soggetti diversi da Fifa e Uefa, secondo la prospettiva fornita dalla Corte, restano a loro volta liberi di organizzare, per l’appunto, manifestazioni calcistiche e di utilizzarne e sfruttarne i relativi diritti senza che, in tal senso, essi stessi possano legittimamente opporre ostacoli o impedimenti.

La Corte, dando seguito al rinvio pregiudiziale, ha così fornito una sua interpretazione del diritto europeo alla quale, a questo punto, il Tribunale Commerciale di Madrid dovrà conformarsi nel decidere la controversia dalla quale il rinvio stesso è originato, e sarà interessante osservare come, in concreto, il Giudice spagnolo si comporterà.

Svolta epocale? Quali effetti sul sistema economico calcistico e sui consumatori

C’è già chi parla di svolta epocale, pari a quella portata dalla sentenza “Bosman”, e di effetti deflagranti sul mondo, particolarmente ricco, dell’economia calcistica europea. Di certo colpisce la fermezza con la quale sono stati affermati alcuni principi e, soprattutto, la scelta netta di trattare, sul piano giuridico, il mondo dell’economia calcistica come una vera, propria e pura “industria”, come tale assoggettabile, e da assoggettare, alle ordinarie regole antitrust, senza particolari deroghe o attenuazioni.

Non viene ripresa, ad esempio, la linea seguita dall’Avvocato Generale nelle sue conclusioni, quando aveva enfatizzato, in ottica derogatoria delle regole antitrust, l’aspetto del valore sociale e educativo, nella prospettiva del modello europeo dello sport (“European sport model”) delineato dall’art. 165 del Trattato e fondato su una struttura piramidale, dove lo sport professionistico è al vertice.

Restano fondamentali, naturalmente, i principi cardine di questo modello – la promozione di competizioni aperte, trasparenti, caratterizzate da equilibrio competitivo e merito sportivo, principio di solidarietà finanziaria –, ma la tradizionale forma organizzativa del mondo calcio non è più vista come un baluardo indispensabile per la tutela di questi principi. E, d’altro canto, un sistema di regole che impedisca la libera formazione di organizzazioni o manifestazioni calcistiche internazionali al di fuori dei circuiti “istituzionali” non è più compatibile con il contesto normativo europeo.

Le reazioni dei club

È interessante registrare e osservare le prime reazioni. Alcuni club vedono la sentenza della Corte come una svolta epocale, che può segnare la fine di una condizione considerata di monopolio da tempo ormai considerata non più profittevole, e non sufficiente a garantire ai club ricavi sufficienti a rendere sostenibile l’imprenditoria del calcio professionistico.

La parte più “istituzionale” del mondo calcistico, invece, ha assunto una posizione in parte tesa a minimizzare i possibili effetti della sentenza e in parte, invece, estremamente critica rispetto a quanto deciso dalla Corte.

Ad esempio, la FIGC italiana ha già ribadito di considerare la Superlega un progetto non compatibile con l’attuale assetto organizzativo del calcio, preannunciando che agirà sempre, in tutte le sedi, perseguendo gli interessi generali del calcio italiano.

Sul piano giuridico ed economico, alcuni significativi impatti si possono prevedere, almeno in una prospettiva di medio-lungo periodo, laddove effettivamente si andasse verso nuove competizioni di livello internazionale, non gestite da Fifa e Uefa. E ciò non solo per le società calcistiche, il loro business, la loro pianificazione economico-finanziaria, ma anche per tutto l’indotto che ruota intorno all’economia calcistica, a cominciare dalla delicata questione della gestione e attribuzione dei diritti televisivi, la cui dinamica, collocata in un contesto apparentemente più aperto e concorrenziale, potrebbe subire profondi cambiamenti.

C’è anche chi ipotizza, sempre nel medio-lungo periodo, impatti non secondari sull’utenza, sui fruitori del “prodotto” calcio. È difficilmente prevedibile, allo stato, se si tratterà di effetti positivi o negativi: l’auspicio espresso da alcuni è che in un regime di maggiore concorrenzialità e con una pluralità di prodotti, legittime ragioni commerciali, o di “consenso”, potrebbero ad esempio portare gli operatori ad adottare condizioni maggiormente favorevoli per l’utenza.

Ma c’è anche chi teme per la qualità stessa del “prodotto” calcio, che rischierebbe, se frastagliato, di perdere in appeal. Di certo la questione è delicata, ampia, e va ben al di là dell’aspetto calcistico, perché tocca questioni e diritti fondamentali del sistema legislativo europeo, con logiche ben passibili, nel tempo, di trovare replica o analogie in altri settori, diversi da quello calcistico.