Adolfo Urso convoca Stellantis per discutere degli scioperi, conseguenti al ricorso alla cassa integrazione, e per trattare il rilancio dei siti produttivi in Italia. Così ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy a margine dell’inaugurazione della Casa del Made in Italy a Milano.
Il tavolo Mimit-Stellantis
“È mia intenzione – ha dichiarato il ministro Urso – convocare oggi il tavolo specifico che abbiamo istituito con Stellantis, cosicché si possa entrare nel vivo delle richieste che il Sistema Italia nella sua unanimità ha fatto a questa azienda multinazionale. Mi riferisco alle mozioni parlamentari approvate con nostro consenso dall’aula di Montecitorio, così come allo sciopero che i sindacati insieme hanno realizzato venerdì scorso”.
E ancora: “Da tutti giunge unanime la richiesta a Stellantis di investire nel nostro Paese per dare orgoglio al Made in Italy dell’auto e noi sappiamo che si può fare. La risposta deve venire da loro, perché un’azienda multinazionale può e deve contribuire allo sviluppo e al mantenimento della filiera dell’auto nel nostro Paese”.
Lo sciopero
Lo sciopero dei lavoratori Stellantis è stato indetto il 18 ottobre in segno di protesta contro il calo della produzione, il ricorso alla cassa integrazione e la stretta sugli investimenti.
Nella stessa giornata dello sciopero, Stellantis ha comunicato ai sindacati il ricorso alla cassa integrazione ordinaria dal 14 al 27 ottobre nello stabilimento di Atessa e dal 14 al 20 ottobre nello stabilimento di Termoli. In entrambi i casi, il ricorso alla cassa integrazione è stato giustificato con il rallentamento del mercato.
Braccio di ferro Tavares-governo
Più volte il Parlamento italiano e il Governo Meloni si sono occupati del caso Stellantis. Gli attriti sono iniziati a febbraio, quando il ceo Carlos Tavares aveva giudicato del tutto insufficienti gli ecobonus sulle auto elettriche. “Se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in Italia”, dichiarò Tavares.
Già in quell’occasione Adolfo Urso si dimostrò aperto al confronto, ma invitò i vertici di Stellantis a giocare a carte scoperte: “Se vogliono una partecipazione attiva ne possiamo sempre discutere, se ritengono che quello sia necessario ce lo chiedano e possiamo ragionare”.
Lo scontro è poi andato aumentando di intensità, fino a raggiungere l’apice nei giorni scorsi: durante l’audizione in Parlamento dell’11 ottobre, Tavares è tornato a richiedere incentivi per sostenere gli stabilimenti Stellantis in Italia. Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha replicato con durezza: “Non è più in condizioni di chieder niente per come hanno mal gestito e male amministrato un’azienda storica italiana. L’amministratore delegato e la dirigenza di Stellantis dovrebbero chiedere scusa agli operai, agli ingegneri, ai tecnici, agli italiani e alla storia dell’auto italiana”.
L’ombra dei licenziamenti
Tavares ha replicato con un’intervista che apre all’ipotesi di chiudere stabilimenti in Italia, procedendo a licenziare: “Non dovremmo escludere nulla… Se guadagneremo meno, dovremo adeguare di conseguenza il nostro livello di investimenti e vedere se riusciremo a progredire con la stessa rapidità dei nostri concorrenti cinesi”. Stellantis, come detto, ha inoltre proclamando ulteriori ore di cassa integrazione.
L’origine del “male”, denuncia Tavares, è il costo delle auto cinesi (e in particolare di quelle elettriche) così basso da mandare fuori mercato i concorrenti occidentali.