La spesa delle famiglie italiane rappresenta non solo un indicatore economico fondamentale che merita di essere analizzato in modo approfondito, ma anche un riflesso dei valori, delle priorità e dello stato generale del benessere sociale all’interno del paese. Oltre a fornire informazioni cruciali sulle abitudini di consumo e sulle tendenze di mercato, la spesa familiare rivela molto sulle condizioni socioeconomiche delle famiglie stesse e sulla distribuzione della ricchezza all’interno della società. Il periodo in analisi è quello compreso tra il 2021 e il 2023, dove si è notato un cambiamento nei modelli di spesa delle famiglie, mentre la lotta contro la povertà è rimasta una sfida costante e duratura.
Crescita della spesa familiare e impatto dell’inflazione
Le stime preliminari condotte dall’Istat indicano un aumento del 3,9% nella spesa media mensile delle famiglie nel 2023 rispetto all’anno precedente. Questa crescita è stata attenuata dall’inflazione, che ha portato a una riduzione del potere d’acquisto in termini reali dell’1,8%. Questo fenomeno ha colpito tutte le fasce di reddito, con famiglie più abbienti e meno abbienti che hanno subito pressoché gli stessi effetti.
L’incremento non è stato uniforme, con aumenti più significativi nel Nord e nel Centro rispetto al Sud e alle Isole. In particolare, nel Nord la spesa media mensile è aumentata del 7,87% nel 2022 e del 3,06% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio, la spesa media mensile nel Nord Italia è passata da 2.667,10 euro nel 2021 a 2.964,86 euro nel 2023.
Nel Centro, l’incremento è stato del 9,57% nel 2022 e del 5,65% nel 2023. Nel Sud e nelle Isole, la crescita è stata rispettivamente del 9,91% e del 4,20% nel 2022, seguita da un aumento del 14,53% e dell’8,72% nel 2023.
La spesa familiare risulta quindi aumentata, ma con variazioni regionali significative. Nel Mezzogiorno, ad esempio, si è registrato un aumento del 14,3%, mentre nel Nord è stato del 4,5%. A sud la spesa mensile è passata da 1,955 euro a 2,234 euro. Analogamente, nel Centro, si è verificato un incremento di spesa da 2,651 euro a 2,953 euro al mese.
L’incremento nel Nord è stato inferiore al dato nazionale, e questo numero suggerisce non solo una maggiore disparità economica tra le regioni, ma ci spiega anche differenze significative nei modelli di spesa. Questo indica senza dubbio anche una distribuzione disomogenea del benessere e delle opportunità economiche all’interno del Paese.
Variazioni generali nelle categorie di spesa
Esaminando le variazioni nelle categorie di spesa, emergono tendenze interessanti. Le famiglie del Nord e del Centro hanno aumentato la spesa per bevande alcoliche e tabacchi in modo significativo, rispettivamente del 0,91% e dell’8,79% nel 2022, e del 1,17% e del 10,52% nel 2023. Questo potrebbe indicare un aumento dei consumi in queste categorie, anche se in realtà ciò potrebbe derivare più dall’aumento del costo di entrambi i beni. Infatti, già lo scorso ottobre si evidenziava un aumento delle sigarette da 10 a 12 centesimi a pacchetto.
Le spese per abbigliamento e calzature hanno subito variazioni più contenute, con aumenti e diminuzioni leggermente differenziati tra le regioni. Nel Centro, nonostante un aumento del 15,57% nel 2022, la spesa è diminuita dello 2,89% nel 2023, e questa instabilità è dovuta al fatto che si tratta comunque di beni non di prima necessità.
Le spese per l’abitazione, l’acqua, l’elettricità, il gas e altri combustibili hanno avuto variazioni un po’ più marcate rispetto alla voce precedentemente analizzata, con aumenti nel Nord e nel Centro. Anche questo dato è dovuto all’aumento delle bollette. La crescita però è stata più contenuta, con una variazione negativa del 3% al Centro e al Nord nel periodo 2022-2023.
Impatti sulla qualità della vita
L’analisi dei dati evidenzia anche diversificazioni nelle spese per la salute e per i trasporti di anno in anno. Nel Nord e nel Centro, le famiglie hanno aumentato la spesa per i trasporti in modo consistente, e questo perché le tariffe dei mezzi pubblici hanno subito un aumento significativo. Nel 2022, per esempio, c’è stato un aumento considerevole del costo dei biglietti dei treni, e questo si riflette perfettamente nei dati. Nel 2021, infatti, al Nord si spendevano 285 euro per i trasporti, nel 2023 333 euro. Questo è senza dubbio un onere aggiuntivo per le famiglie, soprattutto considerando l’importanza dei trasporti per l’accesso al lavoro e ai servizi.
Dai dati forniti emerge che nel periodo considerato, gli italiani hanno ridotto la loro spesa per mobili, articoli e servizi domestici. Ad esempio, nel 2021 la spesa media mensile per questa categoria di prodotti era di 116,77 euro nel Nord, 108,57 euro nel Centro e 87,37 euro nel Sud. Nel 2023, queste cifre sono leggermente diminuite in alcuni casi, con valori rispettivamente di 114,84 euro nel Nord, 120,88 euro nel Centro e 96,06 euro nel Sud. La tendenza generale verso una riduzione della spesa per articoli domestici in tutte le regioni italiane indica un possibile cambiamento nei modelli di consumo. Questa diminuzione potrebbe riflettere una serie di fattori, tra cui una riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, al netto di tutti gli aumenti registrati, come quello sui trasporti.
Al contrario, i dati mostrano un aumento della spesa per la salute nel corso degli anni considerati. Ad esempio, nel 2021 la spesa media mensile per la salute era di 121,11 euro nel Nord, 106,04 euro nel Centro e 90,19 euro nel Sud. Nel 2023, queste cifre sono aumentate rispettivamente a 121,90 euro nel Nord, 135,28 euro nel Centro e 99,40 euro nel Sud.
Persistenza della povertà assoluta
Nonostante la crescita della spesa familiare, la povertà assoluta è un dato che c’è e si vede dai numeri. Le stime preliminari indicano che nel 2023, l’8,5% delle famiglie italiane era in condizioni di povertà assoluta, con circa 5,7 milioni di individui interessati. Questo dato è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2022, indicando una persistenza del problema nonostante i miglioramenti economici generali.
Nel Nord, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è rimasta stabile all’8,0%, ma si è registrata una crescita dell’incidenza individuale al 9,0%. Nel Sud, l’incidenza della povertà assoluta è rimasta più elevata rispetto alle altre regioni, con valori dell’8,0% e del 10,3%, rispettivamente a livello familiare e individuale.
Povertà e lavoro dipendente
Un dato preoccupante riguarda l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie che hanno come persona di riferimento (p.r.) un lavoratore dipendente. Nel 2023, questa incidenza è aumentata fino ad arrivare al 9,1%, rispetto all’8,3% del 2022, coinvolgendo oltre 944 mila famiglie. Questo dato è allarmante, e suggerisce che nonostante l’occupazione e quindi uno stipendio, molte famiglie non riescono a sfuggire alla soglia della povertà.
Dove colpisce di più la povertà: dinamiche regionali
Le differenze regionali nella spesa e nella povertà riflettono le disparità economiche e sociali presenti nel Paese. Il Mezzogiorno continua a essere la regione più colpita dalla povertà, mentre nel Nord si osservano segnali di peggioramento dell’incidenza individuale.