I dati Istat sul rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia rivelano differenze significative tra una regione e l’altra. La separazione più netta è quella tra Nord e Centro da una parte e Sud e Isole dall’altra, con alcune eccezioni di territori che si posizionano al di fuori della media della propria area geografica.
In realtà il Meridione sembra essere ulteriormente diviso al proprio interno, con quattro regioni, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, dove le condizioni di povertà delle famiglie sono ancora più critiche rispetto al resto del Sud.
Indice
Rischio di povertà, Italia divisa in tre
Il rischio di povertà ed emarginazione sociale è una metrica che calcola quanto una famiglia sia in pericolo di essere esclusa dalla società a causa della mancanza di mezzi economici. Unisce tre dati:
- il rischio di povertà, dato principalmente dal reddito;
- le gravi deprivazioni materiali, date dal non potersi permettere spese non essenziali ma che garantiscono una vita dignitosa;
- la bassa intensità lavorativa, data dal numero di membri di una famiglia che lavorano e dalla natura del loro impiego.
I dati Istat evidenziano che il nostro Paese, per questa metrica, è grossomodo diviso in tre aree geografiche:
- 11 regioni, tra il Nord e il Centro, sono a basso rischio, con un tasso inferiore alla media nazionale del 23,1%;
- 5 regioni, collocate tra il Centro e il Sud, superano di poco la media nazionale ma rimangono sotto il 30%;
- 4 regioni presentano criticità molto elevate, con tassi vicini o molto superiori al 40%.
La classifica delle regioni più a rischio
Le 4 regioni con il maggiore rischio di povertà ed emarginazione sociale, in base ai dati raccolti nel 2024, sono:
- Calabria, dove è a rischio il 48,8% delle famiglie;
- Campania, dove è a rischio il 43,5% delle famiglie;
- Sicilia, dove è a rischio il 40,9% delle famiglie;
- Puglia, dove è a rischio il 37,5% delle famiglie.
Ogni regione presenta una particolarità. La Calabria ha quasi un quarto della sua popolazione (24,9%) in gravi condizioni di deprivazione materiale e sociale, più del doppio rispetto a qualsiasi altra regione italiana, che si aggiunge al più alto rischio di povertà in Italia. La Campania detiene invece il record per nuclei a bassa intensità lavorativa, il 24,4%.
L’unica altra regione di questo gruppo in grado di avvicinarsi al dato campano sul lavoro è la Sicilia, con il 17,3%. La Puglia invece si distingue per un aumento improvviso del rischio di povertà, passato in un anno dal 24,5% al 30,9%. Un peggioramento che le ha fatto abbandonare il gruppo delle regioni a medio rischio.
Riguardo alle zone che gravitano attorno alla media nazionale, si tratta di regioni del Centro e del Sud che non arrivano al 30% di famiglie a rischio. Si tratta di:
- Sardegna, 29,6%;
- Molise, 27,5%;
- Lazio, 25,8%;
- Basilicata, 25,4%;
- Abruzzo, 25,1%.
Tra queste, la Sardegna si distingue per una percentuale molto alta di famiglie a bassa intensità di lavoro, il 19,5% contro una media nazionale del 9,2%. L’Abruzzo invece è quella con più famiglie in gravi condizioni di deprivazione del gruppo, il 9,1%.
Le regioni con meno famiglie povere
Le restanti 11 regioni sono molto distanti, per dati, dagli altri gruppi. Non solo hanno una percentuale di famiglie a rischio inferiore alla media nazionale, ma quasi nessuna di loro raggiunge il 15%, con l’eccezione della Toscana, che supera questo dato di soli 0,2 punti percentuali.
La classifica delle regioni con meno famiglie povere recita:
- Trentino-Alto Adige, 8,8%;
- Emilia-Romagna, 10,1%;
- Valle d’Aosta, 10,7%;
- Marche, 11,8%;
- Friuli-Venezia Giulia, 12,4%;
- Veneto, 12,4%;
- Piemonte, 13,5%;
- Liguria, 13,8%;
- Umbria, 14%;
- Lombardia, 14,1%;
- Toscana, 15,2%.
La regione con il più alto rischio di povertà in questo gruppo è la Toscana, al 12,8%, quella con più famiglie in stato di grave deprivazione è il Piemonte al 2,8% e quella con più famiglie a bassa intensità lavorativa è l’Umbria, al 5,1%.