Il settore dell’olio d’oliva italiano, un simbolo della tradizione e della cultura gastronomica del nostro Paese, si trova ad affrontare sfide significative. Con 619.000 aziende olivicole e 4.327 frantoi attivi, l’Italia nel 2023 ha una produzione che nella scorsa campagna ha registrato un aumento del 36% rispetto alla raccolta scarsa del 2022. Tuttavia, nonostante questo incremento, il quadro generale è tutt’altro che roseo.
Negli ultimi anni, la produzione nazionale di olio d’oliva ha mostrato un trend tendenzialmente in calo, influenzato da un’eccessiva variabilità che va oltre la normale alternanza produttiva. Questo fenomeno è stato amplificato dall’impatto dei cambiamenti climatici, che hanno comportato diverse avversità durante l’anno.
Il quadro sul settore dell’olio e sulla campagna olivicola è stato presentato recentemente a Roma, durante un evento organizzato da Confagricoltura e Costa d’Oro, in cui è stato presentato il Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile.
Andamento e produzione di olio di oliva in Italia: la situazione oggi
L’andamento e la produzione dell’olio di oliva in Italia presentano una situazione complessa, caratterizzata da variabili climatiche, economiche e di mercato che influenzano la qualità e la quantità della produzione.
Da quello che emerge da un’analisi dei dati più recenti, nella scorsa campagna olivicola, l’Italia ha prodotto circa 328.000 tonnellate di olio d’oliva, registrando un incremento del 36% rispetto all’anno precedente, che aveva visto una raccolta molto scarsa. Questo aumento è stato in parte dovuto a un ciclo di produzione favorevole, ma non si deve dimenticare che la tendenza generale degli ultimi anni ha mostrato una variazione in calo, dovuta a fattori esterni.
La produzione di olio d’oliva è infatti estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Eventi climatici estremi, come gelate tardive, siccità e piogge eccessive, possono danneggiare i raccolti e influenzare negativamente la qualità delle olive. Inoltre, la continua alternanza produttiva è diventata più pronunciata negli ultimi anni, complicando ulteriormente la pianificazione delle vendite e dei prezzi, che hanno visto un aumento significativo, superando i 9 euro al chilo in molte occasioni.
Questo aumento dei prezzi è attribuibile a una combinazione di fattori, tra cui la diminuzione della produzione globale, la crescente domanda e le tensioni nei mercati internazionali, con un incremento dei prezzi anche per gli oli provenienti da paesi concorrenti come Spagna, Grecia e Tunisia.
Quanto vale il mercato dell’olio in Italia?
Il mercato dell’olio d’oliva in Italia è di notevole importanza, cui valore è pari a circa 3 miliardi di euro.
L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio d’oliva e uno dei principali esportatori. Le esportazioni di olio d’oliva italiano contribuiscono in modo significativo al valore complessivo del mercato. Basti pensare che, nel 2023, si stima che solo le esportazioni abbiano raggiunto un valore di oltre 1 miliardo di euro, con una forte richiesta proveniente da paesi come gli Stati Uniti, il Giappone e diversi paesi dell’Unione Europea. L’Italia è riconosciuta a livello mondiale per la qualità dei suoi oli extravergine di oliva, molti dei quali sono certificati come DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta). Con oltre 500 varietà di olive, il Paese vanta una varietà e una ricchezza che non ha eguali nel panorama mondiale. Insomma, i marchi di olio italiano sono sinonimo di eccellenza e prestigio nei mercati globali. L’olio d’oliva italiano è utilizzato in ristoranti di alta fascia e viene esportato in numerosi Paesi; questo rende il settore una colonna portante dell’economia agricola italiana e contribuisce notevolmente al commercio internazionale del Paese, sostenendo migliaia di imprese agricole e frantoi.
L’olivicoltura è una parte fondamentale del paesaggio italiano, in particolare nelle regioni del Sud come la Puglia, la Calabria e la Sicilia ed è una fonte di reddito cruciale per molte comunità rurali, sostenendo il lavoro di oltre 600.000 aziende agricole in tutto il Paese e preservando la vitalità delle zone rurali.
Inoltre, l’olio d’oliva è uno degli ingredienti chiave della dieta mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. E questo legame con la salute e lo stile di vita equilibrato rafforza l’importanza dell’olio d’oliva nella cultura alimentare italiana.
Non a caso, con un consumo pro capite di circa 8,2 litri all’anno, l’Italia rappresenta il mercato interno più significativo per l’olio d’oliva. La domanda di olio di alta qualità, in particolare l’extravergine, è in crescita, sostenuta da una maggiore consapevolezza dei benefici per la salute e dall’interesse per la cucina mediterranea.
Perché l’olio extravergine è aumentato di prezzo?
Negli ultimi anni, i prezzi dell’olio d’oliva italiano hanno registrato un incremento significativo, superando frequentemente la soglia dei 9 euro al chilo. Questo è stato influenzato da una diminuzione della produzione, condizioni climatiche sfavorevoli e una maggiore domanda sia sul mercato interno che internazionale.
È vero che il mercato dell’olio d’oliva in Italia è destinato a evolversi, con opportunità di crescita grazie all’aumento della domanda di prodotti di alta qualità e sostenibili. Tuttavia, le sfide legate ai cambiamenti climatici e alla concorrenza internazionale continueranno a influenzare il settore. Pertanto, le aziende che adotteranno pratiche innovative e sostenibili saranno in una posizione migliore per prosperare nel futuro del mercato olivicolo. Questo anche alla luce del fatto che c’è un crescente interesse verso l’olio d’oliva prodotto in modo sostenibile, con un aumento delle certificazioni biologiche e DOP, che sta contribuendo a valorizzare ulteriormente i prodotti di alta qualità e a differenziarli sul mercato.
La buona notizia è che, in questo senso, il nostro Paese detiene il primato mondiale per varietà, con oltre 500 genotipi di olive da olio, dai quali proviene il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (42 Dop e 8 Igp). La cattiva è che, nonostante l’elevato numero di denominazioni di origine protetta e indicazioni geografiche, la produzione certificata rappresenta una porzione molto limitata, coprendo solo tra il 2% e il 4% della produzione nazionale complessiva.
Alla luce di quanto emerso, dunque, per garantire la sostenibilità del settore olivicolo italiano, è fondamentale adottare strategie che affrontino le sfide climatiche e promuovano pratiche agricole più resilienti. Solo così si potrà sperare di mantenere la qualità e la tradizione dell’olio italiano, nonostante le pressioni economiche e ambientali in atto. La strada da percorrere è lunga, ma il futuro dipende dalla capacità di affrontare queste sfide con determinazione e innovazione.