Compensi dopo chiusura della partita IVA: come vanno dichiarati

Come devono essere gestiti i compensi incassati dopo la chiusura della partita Iva? Ecco come fare.

Foto di Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Cosa succede se un professionista chiude la partita Iva prima che tutte le sue attività siano cessate? Deve presentare una dichiarazione di riattivazione della sua posizione fiscale e, nel momento in cui incassa i singoli crediti, dovrà provvedere a rendicontarli tramite l’emissione di una nuova fattura. Questi importi, successivamente, dovranno essere dichiarati come reddito professionale, utilizzato il Modello Reddito Persone Fisiche dell’anno di competenza.

Questa particolare presa di posizione arriva direttamente dall’Agenzia delle Entrate, che ha risposto in questo modo all’interpello n. 218/E del 26 aprile 2022.

Chiusura della partita IVA

Nel caso in cui un libero professionista od un lavoratore autonomo percepiscano dei compensi dopo aver chiuso la partita Iva, per un periodo d’imposta nel quale non risultino più essere fiscalmente residente in Italia, devono dichiarare i suddetti redditi in Italia.

A questa conclusione è arrivata l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 218/E/2022, riferendosi direttamente alla normativa su questo argomento attualmente in vigore.

Entrando un po’ più nello specifico, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che una qualsiasi attività di lavoro autonomo a carattere professionale si debba considerare cessata solo e soltanto nel momento in cui si chiudono i rapporti professionali. Questo significa che l’attività risulta essere chiusa nel momento in cui sono fatturate tutte le prestazioni svolte e sono dismessi i beni strumentali.

Nel caso in cui la cessazione dell’attività avvenga in un momento precedente, comporta la necessità di riaprire la propria posizione fiscale in Italia per fatturare le prestazioni ancora in essere e presentare la relativa dichiarazione dei redditi.

Quando l’attività professionale cessa definitivamente

Nel caso preso in esame, l’avvocato si è trasferito all’estero e ha provveduto a chiudere la partita Iva. Questa operazione è stata effettuata prima che si fossero concluse tutte le operazioni ad essa connesse. Il contribuente, per poter regolarizzare la situazione che si è venuta a creare, dovrà procedere con una richiesta di riattivazione della propria posizione fiscale. Nel momento in cui incasserà i relativi crediti dovrà rendicontarli attraverso l’emissione di una fattura per prestazione di lavoro autonomo e dichiararli come reddito professionale. Per fare questo dovrà utilizzare il modello dichiarativo relativo all’anno di competenza.

In linea generale, la cessazione dell’attività professionale con la conseguente chiusura della partita IVA, non può prescindere in nessun modo dalla conclusione degli adempimenti che derivano direttamente dalle operazioni attive e da quelle passive effettuate. Questo significa che, il professionista deve essere necessariamente dotato di una partita Iva in modo da garantire la definizione dei rapporti ancora pendenti, anche quando questi avvengono dopo la cessazione dell’attività.

È bene ricordare, infatti, che l’articolo 35, ai commi 3 e 4, del DPR n. 633/72 prevede che il contribuente deve presentare una dichiarazione ai competenti uffici entro trenta giorni dalla chiusura dell’attività. Questo termine decorre dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione, fermo restando le disposizioni che sono strettamente connesse con il versamento dell’imposta, alla fatturazione e alla dichiarazione.

Divieto di chiusura della partita Iva

Nel caso in cui il professionista non dovesse più svolgere l’attività professionale, non può chiudere la partita Iva nel caso in cui ci siano delle prestazioni rese ancora da fatturare ai propri clienti. L’Agenzia delle Entrate, in questo, senso è stata particolarmente chiara con la circolare n. 11/E/2017, secondo la quale:

l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale.

Operazioni non ancora incassate

Di particolare rilevanza, in questo senso, è la risoluzione n. 232/E/2009, la quale prevede che il professionista, fino a quando non va ad anticipare la fatturazione rispetto al momento dell’incasso, non è possibile ritenere cessata l’attività professionale. Il professionista, se non anticipa la fatturazione, deve essere dotato di partita Iva per poter garantire la definizione dei rapporti ancora pendenti dopo la chiusura dell’attività.

Nel caso preso in esame, per i crediti maturati nelle annualità nelle quali il professionista era ancora residente fiscalmente in Italia, ma incassati dopo il suo espatrio e la chiusura della partita Iva, il contribuente dovrà a sua scelta:

  • imputare i compensi che non abbiano ancora avuto manifestazione finanziaria al momento della chiusura della posizione IVA ai redditi relativi all’ultimo anno di attività professionale;
  • mantenere la posizione IVA individuale fino all’ultimazione di tutte le operazioni fiscalmente rilevanti, permettendo così l’emissione della fattura e la dichiarazione dei redditi nell’anno di imposta in cui si realizza l’incasso del credito.

Redditi percepiti dopo la chiusura della Partita IVA

Con l’interpello n. 299 del 2 settembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti relativi ad alcuni compensi percepiti dai professionisti una volta chiusa la partita Iva.

Ma andiamo a vedere anche questo caso. Un contribuente, avvocato in regime dei minimi con partita IVA chiusa a fine 2017, aveva ricevuto dei compensi nel 2019 per fatture elettroniche emesse prima della chiusura della partita Iva, in relazione ad un patrocinio esercitato a spese dello Stato. Queste somme, regolarmente certificate da CU 2020 (anno 2019) come redditi di lavoro autonomo, risultano non dichiarabili nel quadro LM del modello redditi persone fisiche 2020, in quanto il soggetto non è più titolare di partita IVA. Il contribuente, quindi, chiedeva di sapere come indicare tali compensi, ritenendo di poterli imputare nel quadro dei redditi diversi.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 299 del 2 settembre 2020, risponde che era possibile farlo. La circolare n. 17/E del 30 maggio 2012 e la circolare n. 10/E del 4 aprile 2016 hanno trattato il tema della dichiarazione dei compensi ricevuti in un periodo successivo alla cessazione dell’attività. La circolare n. 17/E del 30 maggio 2012 ha indicato chiaramente che “in un’ottica di semplificazione che tiene conto delle dimensioni dell’impresa e, in particolare, dall’esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l’attività, si ritiene che è rimessa alla scelta del contribuente la possibilità di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria”. La circolare n. 10/E del 4 aprile 2016, ha esteso tale concetto anche al contribuente in regime forfetario. Pertanto i contribuenti in regime fiscale agevolato possono far concorrere alla determinazione del reddito anche ricavi ancora da incassare al momento della chiusura della partita IVA, imputando all’ultimo anno di attività anche le operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria.

Il contribuente istante, pur avendo fatturato i compensi prima della chiusura della partita IVA, non si è avvalso di tale facoltà. Inoltre, al momento dell’incasso, non svolgeva con abitualità, stabilità e prevalenza una attività professionale. Per tale motivo, i redditi percepiti nel 2019 devono essere dichiarati come “redditi diversi” nel quadro RL, rigo RL 15, del modello Redditi Persone Fisiche 2020.