Mps, il Mef vende un altro 12,5% e incassa 650 milioni di euro

Una vendita lampo per il Governo, con la quota pubblica che scende al 26,73%. Altre cessioni in arrivo

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 27 Marzo 2024 09:50

Il Ministero dell’Economia ha deciso di procedere con una vendita rapida di un’altra parte delle azioni di Montepaschi, sfruttando il momento favorevole sul mercato azionario per contribuire con ulteriori 650 milioni al vasto piano di privatizzazioni del governo. Questa mossa mira a portare la banca senese sempre più vicina alla completa uscita dal salvataggio e dalla nazionalizzazione avvenuti quasi dieci anni fa.

Nel pomeriggio, il Mef ha autorizzato le banche d’affari a iniziare una “procedura accelerata di raccolta ordini” per un blocco di azioni Mps, precisamente 157.461.214 titoli, pari a circa il 12,5% del capitale sociale.

I dettagli dell’operazione

L’operazione, conclusa in poche ore, ha ridotto la quota del Ministero dell’Economia nel capitale di Mps dal 39,23% (raggiunto a novembre dal 64,23%) al 26,73%, a un prezzo di 4,15 euro per azione, con uno sconto del 2,49% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni, generando un ricavo di 650 milioni di euro. Questo sconto è inferiore rispetto a quello del quasi 5% dell’operazione di novembre, grazie a una domanda che ha superato di oltre tre volte l’offerta.

Questa mossa riaccende l’interesse verso il settore bancario dopo mesi di speculazioni riguardanti possibili fusioni con Unipol, Bpm o Unicredit. I proventi di questa vendita si aggiungono ai circa 920 milioni ottenuti dal collocamento di novembre, portando il totale a circa 1,6 miliardi di euro, una somma significativa che rappresenta circa l’8% dell’ambizioso piano di privatizzazioni del governo Meloni, volto a ridurre il debito pubblico di 20 miliardi entro il 2026.

Ci sono voci che suggeriscono ulteriori cessioni dopo questa tranche di Mps, insieme a un nuovo collocamento di Poste Italiane in più fasi, comprese le Offerte Pubbliche di Vendita (Opv), con incentivi per risparmiatori e dipendenti.

Le altre cessioni in arrivo

La principale candidata per una nuova cessione è una quota di Eni, mentre si sta discutendo la possibilità di cedere Enav, la società del Controllo del Traffico Aereo, insieme ad altri servizi essenziali di navigazione, e il 49% delle Ferrovie, che non è quotato in borsa. L’incremento dell’incasso oggi, che si avvicina a quello ottenuto a novembre nonostante la vendita della metà delle azioni cedute tre mesi fa, è attribuibile alla crescita del valore delle azioni Mps: se a novembre esse si scambiavano a poco meno di tre euro, ora superano i 4,25 euro, con un aumento del 40% dall’inizio dell’anno.

Questa ascesa è stata favorita dal ritorno all’utile della banca, dalle voci riguardanti un futuro dividendo, dalla risoluzione graduale delle controversie legali (come l’assoluzione di Viola e Profumo) e dalle condizioni di mercato favorevoli che hanno portato le borse di New York, Parigi e Francoforte ai massimi storici, con Milano in forte crescita.

Il Ministero dell’Economia ha colto questa opportunità muovendo rapidamente con la vendita, affidando l’operazione di “accelerated book building” ai Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners BofA Securities, Citigroup, Jeffries e Mediobanca, poco dopo la scadenza del periodo di “lock up” che impediva ulteriori cessioni nei tre mesi successivi al precedente collocamento dello scorso 20 novembre. Questo è stato fatto per sfruttare una finestra di opportunità che potrebbe chiudersi a causa dei rischi geopolitici e della possibilità di un taglio dei tassi da parte della BCE a giugno, che potrebbe ridurre i ricchi margini d’interesse sui quali si basano i bilanci delle banche.

Questa mossa del ministro Giancarlo Giorgetti ha inevitabilmente implicazioni politiche. Rimettendo sul mercato la banca di Rocca Salimbeni, che era al centro della rete di potere nella roccaforte dei Democratici di Siena prima del suo collasso, sarà certamente impossibile recuperare le somme perse con i salvataggi che si sono resi necessari nel corso degli anni, che ammontavano a 5,4 miliardi di euro solo nel 2017. Tuttavia, resistere alle pressioni di Bruxelles e aspettare tempi migliori in borsa ha avuto un ritorno positivo, considerando le condizioni onerose che avevano portato al naufragio dell’acquisizione da parte dell’Unicredit di Andrea Orcel nel 2021, quando Giorgetti era ministro dello Sviluppo Economico nel governo Draghi.