E-fuel, stangata in arrivo? Ecco quanto costa un pieno

Non sono pochi i dubbi e i problemi legati agli e-fuel, sui quali punta l'Ue per il futuro dei motori a combustione interna. Quanto ci costeranno? Più o meno dei "bistrattati" biocarburanti?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La decisione dell’Ue di legare il futuro dei motori a doppio filo ai cosiddetti e-fuel (qui abbiamo spiegato cosa sono e cosa cambia con l’accordo tra Bruxelles e Berlino) rientra nel quadro della strategia green per tagliare le emissioni relative ai trasporti. Un po’ meno in quello di contrastare il caro carburanti e venire incontro alle difficoltà economiche dei cittadini (qui trovate tutte le novità connesse al Dl Carburanti).

L’ipotetico avvento dei carburanti sintetici come fonte principale di approvvigionamento per i veicoli non comporterà alcun risparmio. Anzi, potrebbe portare a un’autentica stangata sui prezzi al distributore.

Quanto costa un pieno di e-fuel e perché

Il piano comunitario approvato dalla Commissione europea porterà nel 2035 al via alla produzione industriale di carburanti sintetici, dicendo addio a benzina e diesel. Emissioni zero, ma anche prezzo record. A quel punto, un pieno di e-fuel (circa 70 litri) potrebbe arrivare a costare anche 200 euro, oltre 2,80 euro al litro. Roba che porterebbe al paradosso di dover rimpiangere l’epoca dei due euro al litro per la benzina. Si tratta del 50% in più rispetto alle tariffe applicate attualmente ai carburanti tradizionali, che in un anno potrebbe pesare fino a 2.300 euro in più sulle tasche di chi guida.

Lo scenario non appare per niente roseo anche considerando il fatto che i biocarburanti, sui quali punta molo l’Italia (qui abbiamo spiegato la differenza con gli electric fuel), risultano al momento esclusi dall’intesa sui motori endotermici. I costi elevati dei carburanti sintetici sono dovuti all’enorme quantità di energia richiestai per produrli: un processo che parte da fonti rinnovabili e si dipana attraverso l’elettrolisi, per ottenere idrogeno da miscelare all’anidride carbonica. Come se non bastasse, risulterebbero insostenibili anche i costi idrici: in un periodo storico in cui la siccità rappresenta un problema primario per Italia ed Europa, appare assurdo dover utilizzare due litri d’acqua per produrre un litro di e-fuel.

Il ricorso agli e-fuel presenta anche un altro ostacolo non da poco: i processi industriali sono ancora in fase pilota e le infrastrutture per la produzione devono essere in larghissima parte ancora realizzate. Con un utilizzo massiccio di risorse e inquinamento.

I problemi legati ai carburanti sintetici

Secondo l’associazione Transport & Environment, gli e-fuel “non saranno altro che una soluzione di nicchia per chi guida una Porsche“. Per utilizzare i carburanti sintetici c’è comunque bisogno di motori a scoppio, che il consumatore potrebbe decidere di continuare ad alimentare ancora con carburanti tradizionali.

Al di là delle intenzioni dell’Unione europea, consentire la produzione di motori a combustione interna dopo il 2035 “potrebbe privare degli e-fuel chi ne ha bisogno”. Non solo: si dovranno anche fare i conti con l’emissione di polveri sottili, cancerogene e dannose per la salute.

Quanto costano invece i biocarburanti

Il ricorso ai biocarburanti avrebbe costi senza dubbio più contenuti per i consumatori. Eni ha già lanciato sul mercato un olio vegetale idrotrattato (HVO) denominato HVOlution, un biodiesel che contiene il 100% di componente rinnovabile. Il prezzo medio si aggira sugli 1,910 euro al litro. Ma c’è sempre un “ma”: il suo impiego non ridurrebbe del tutto le emissioni di CO2, al netto di costi di produzioni comunque importanti.

C’è però da dire che i biocarburanti si fondano sulla compensazione della CO2 esattamente come gli e-fuel. Entrambi sono tecnicamente considerati “neutri” in tema di emissioni. Come risultato del riciclo di scarti agricoli, oli esausti e altri rifiuti, che altrimenti andrebbero smaltiti in altro modo, i biocarburanti abbatterebbero la CO2 fino al 100%. L’Italia è già all’avanguardia e pronta per una produzione di tutto rispetto grazie a cinque impianti già operativi e in grado di partire anche da soia, girasole, colza e mais oltre agli scarti derivati dal legno e ai concimi animali. L’Ue, al momento, non sembra però interessata a percorrere questa strada.