Una Manovra a quattro mani fra vecchio e nuovo esecutivo: Meloni chiama Draghi per il primo vero grande impegno di questa nuova legislatura, che vede il centrodestra godere di un’ampia maggioranza, di fronte ad una congiuntura in rapido deterioramento. Lo strada è stretta e tortuosa e la soluzione una sola, proprio come il cubo di Rubik.
Bruxelles attende paziente
Il primo impegno al vaglio del Consiglio dei Ministri del governo Draghi giovedì sarà la Nadef, che dovrà tener conto di previsioni più cupe per l’economia italiana e mondiale.
Poi sarà la volta della manovra che, come da calendario, dovrebbe essere presentata entro il 15 ottobre. Ma i Commissari europei, pur di avere una finanziaria “fresca” redatta dal nuovo esecutivo, sarebbero disposti ad aspettare qualcosina in più ed andare ai tempi supplementari sino al 30 novembre.
Nadef: pronta una netta sforbiciata al PIL
Si parte questa settimana con la Nadef, cioè la cornice economica entro la quale verranno messe a punto le politiche economiche e fiscali del nuovo esecutivo, che rappresenta anche l’ultimo impegno del Governo uscente. Un quadro che dovrà tingersi di scuro, incorporando le previsioni più fosche per il 2023, in linea con la congiuntura mondiale.
Ci si attende che il governo operi un drastico taglio della crescita del PIL di un punto e mezzo a +0,7/0,8%, ben al di sotto delle previsioni del DEF di aprile scorso. Nonostante questo, le previsioni di Palazzo Chigi sarebbero superiori alle stime più pessimistiche degli analisti, con S&P che ha tagliato la sua previsione a -0,1% da +2,1% e Fitch che ha formulato addirittura una previsione più pessimistica e recessiva al -0,7%. Più fiducioso l’OCSE che ha segnalato un PIL a +0,4% dal +1,2% di giugno.
Con una riduzione del PIL di tale misura, il deficit dovrebbe quindi salire sopra il 5% rispetto al 3,9% previsto dal DEF d aprile. L’inflazione, pur attesa in rallentamento al 4,5%, sarà più alta nei primi mesi del 2023, mettendo alla prova l’esecutivo nel tentativo di sostenere potere d’acquisto e rivalutazione delle pensioni.
Manovra da 40 miliardi senza effetto “Wow”
Il vero test per il governo di centro-destra, anche per saggiarne la coesione, sarà la Manovra economica, che purtroppo potrà contare su risorse piuttosto scarse e non permetterà alla coalizione di maggioranza di mantenere tutte le promesse fatte in campagna elettorale (non subito almeno).
Guardando ai principali capitoli di spesa, solo per rifinanziare misure in essere si contano già 40 miliardi. Circa 20 miliardi serviranno per finanziare le misure approntate dal governo Draghi per contrastare il caro energia e caro bollette: 14 miliardi dovrebbero essere assorbiti dalla spesa per sostenere le imprese alle prese con il caro energia: circa 3 miliardi serviranno per coprirel’azzeramento degli oneri di sistema in bolletta ed il taglio dell’IVA al 5% sul gas; altri 3 miliardi saranno necessari per prorogare il taglio delle accise sulla benzina di 30,5 centesimi.
L’aumento dell’inflazione ha creato poi altre grane. L’indicizzazione dell’assegno pensionistico al costo della vita dovrebbe costare circa 8-10 miliardi in più rispetto al previsto. La proroga del taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti assorbirà 3,5 miliardi, mentre il rinnovo contrattuale anche parziale del pubblico impiego potrebbe costare inizialmente 5 miliardi (16 miliardi per estenderlo a tutta la PA).
A questa cifra che supera già i 35 miliardi, si aggiungono altre voci di spesa “dovute”, come quelle per il sostegno all’Ucraina e le missioni internazionali, con le quali si arriverebbe a circa 40 miliardi.
Cosa ne sarà delle promesse elettorali come la riforma pensionistica e la flat tax? Per ora sembrano destinate a restare promesse o avranno una portata minore, ad esempio con una tassa piatta al 20% fra 65mila e 100mila euro si spenderebbero 1,1 miliardi. E di finanziare le nuove spese in deficit, al momento, non è proprio aria.
BCE avverte: politiche non siano troppo generose
Dalla BCE è arrivato anche un chiaro monito ai governi a non approntare politiche troppo espansive, perché come ribadito ieri dal capo economista dell’Istituto d Francoforte, Philip Lane, occorre che la politica monetaria e fiscale vadano nella stessa direzione ed i governi limitino gli alti deficit per non far esplodere l’inflazione.
Piuttosto, Lane ha avanzato la proposta di una politica altamente redistributiva che punta ad imporre tasse più elevate sui redditi più alti o sulle imprese altamente redditizie, per sostenere i redditi e i consumi delle famiglie e delle imprese che soffrono di più.