L’Istat comunica la frenata dell’inflazione a dicembre, ma nel 2023 i prezzi sono aumentati

Inflazione in frenata, ma prezzi dei beni ancora in aumento: ecco i dati Istat sul 2023, con la panoramica sull'anno concluso e l'ultimo mese positivo

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

L’inflazione sembra essere in frenata in Italia, ma i dati Istat sui prezzi del 2023 non sorridono di certo agli italiani. L’ultimo rapporto del 2023, infatti, fa emergere un quadro in cui sembra esserci stata una decelerazione rispetto al 2022, ma non nei prezzi su base mensile e annua. E a far i conti con gli aumenti sono gli italiani, che mai come nel 2023 hanno dovuto stringere i denti per arrivare a fine mese.

L’inflazione frena a dicembre, i prezzi no

Secondo quanto riferito dall’Istat, infatti, nel mese di dicembre si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, sia aumentato dello 0,2% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,7% del mese precedente), confermando la stima preliminare e rilevando la frenata.

Il rallentamento, su base tendenziale, è dovuto per lo più ai prezzi dei beni energetici regolamentati, con una flessione da -34,9% a -41,6%, dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6% a +3,6%) e degli Alimentari lavorati (da +5,8% a +4,9%). Nell’ultimo mese dell’anno l'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, è calata da +3,6% a +3,1% e quella al netto dei soli beni energetici da +3,6% a +3,4%.

Sull’intero anno la crescita dell’inflazione è del 5,7%, in netta frenata rispetto all’8,1% registrato nel 2022.

I dubbi sulla frenata dell’inflazione

Ma quella registrata a dicembre 2023 sarebbe sì una frenata, ma “non omogenea”. Alessandro Lunetti, responsabile del servizio Istat che cura i prezzi al consumo, ha infatti specificato che l’inflazione è sì rallentata per effetto dei prezzi dei beni energetici, ma “per il futuro bisognerà vedere”.

I punti interrogativi su ciò che accadrà nei prossimi mesi, e come si tradurrà nelle tasche degli italiani, sono tanti, perché vi sarebbero “elementi di incertezza che non lasciano prevedere se poi alla fine un ciclo si sia effettivamente chiuso”.

Milano regina dei rincari

L’Unione Nazionale Consumatori ha quindi analizzato i dati al livello delle città, stilando una classifica di quelle che sono i territori che hanno registrato maggiori rincari nell’anno appena concluso.

In testa a questa graduatoria speciale, neanche a dirlo, c’è Milano dove l’inflazione media pari a +6,1% si traduce nella maggior spesa aggiuntiva annua, pari, per una famiglia media, a 1.656 euro in più rispetto al 2022.

A conquistare la medaglia d’argento, sempre in Lombardia, è Varese, con un +6%, di spesa sul 2022 pari a 1.582 euro a famiglia. Sul gradino più basso del podio Bolzano, con +5,8% e dove una famiglia tipo ha avuto nel 2023 una spesa supplementare pari a 1.541 euro annui.

Ma se c’è chi paga di più, c’è anche chi può sorridere occupando le ultime posizioni della graduatoria redatta dall’Unione Nazionale Consumatori. Sull’altro fronte della classifica, infatti, la città più virtuosa è Potenza, con l’inflazione più bassa d’Italia (+3,7%) e dove in media si sono spesi “solo” 731 euro in più nel corso del 2023. Poi Catanzaro con Reggio Emilia e Reggio Calabria.

Numeri, quelli del 2023, che sottolineano ancora una volta il fallimento del “carrello tricolore” come affermato da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “Il Carrello Tricolore è andato fuori pista, ottenendo un risultato contrario a quello voluto. Insomma, un fiasco colossale e imbarazzante!”.