Dal governo nuovo sconto per i balneari: tagliato del 4,5% il canone minimo

Il canone minimo sarà di 3.225,5 euro annui. Nel 2023 ogni stabilimento ha guadagnato in media 260mila euro

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Gli attuali gestori delle spiagge demaniali godranno di un’estensione delle concessioni balneari per l’intero anno 2024, una decisione adottata da numerosi comuni. Tuttavia, questa proroga è oggetto di controversie e si prevede un’ondata di ricorsi da parte di coloro che desiderano entrare nel settore. Nel corso del 2024, le imprese potranno beneficiare anche di una riduzione del 4,5% dei canoni annuali pagati allo Stato, il quale detiene la proprietà delle spiagge. Questa disposizione è stabilita nel consueto decreto del Ministero delle Infrastrutture, il quale aggiorna ogni anno gli importi dei canoni.

La nota del ministero

Come indicato nella circolare del Ministero, presieduto da Matteo Salvini della Lega, un importante sostenitore della categoria balneare, il decreto numero 389 del 18 dicembre ha fissato a -4,5% l’adeguamento delle misure unitarie dei canoni per l’anno 2024. Di conseguenza, la misura minima del canone per quest’anno è ridotta a 3.225,50 euro per l’intero 2024, rispetto ai 3.377,50 euro dovuti nel 2023. Ciò comporta un risparmio di 152 euro, nonostante l’osservato aumento significativo dei prezzi di ombrelloni e lettini nell’estate precedente.

Questo fenomeno si verifica poiché il meccanismo di adeguamento dei canoni, previsto dalla legge, non tiene conto della redditività degli stabilimenti balneari. Invece, si basa su un sistema che risale agli anni Novanta e si fonda su diversi indici Istat di inflazione, sia al dettaglio che all’ingrosso (quest’ultimo non calcolato dal 1998 e sostituito dai governi con indici come quello dei prezzi alla produzione industriale, che nel 2023 ha registrato una significativa diminuzione), nonché indici al dettaglio. Come risultato di questo meccanismo, i canoni, sia quelli calcolati al metro quadro che il canone minimo, subiscono una riduzione del 4,5%.

Secondo l’ultimo rapporto della Corte dei conti, nel 2020 lo Stato ha incassato solamente 92,5 milioni di euro da 12.166 concessioni, con una media di 7.603 euro a canone. Questo è in netto contrasto con il fatturato medio stimato per ogni stabilimento, che si attesta intorno a 260.000 euro secondo le stime di Nomisma. I canoni risultano essere irrisori oggi, e ancor di più in passato. Fino al 2020, il canone minimo era di soli 362 euro l’anno, salendo a 2.500 euro nel 2021 grazie a un decreto del governo Conte 2. In una dichiarazione di marzo, Flavio Briatore, proprietario del Twiga di Forte dei Marmi, ha ammesso: “Al demanio abbiamo sempre pagato poco o niente”.

L’ennesima procedura d’infrazione dell’Italia

L’Italia è attualmente coinvolta in una seconda procedura di infrazione europea sulla mancata messa a gara delle concessioni balneari, la prima avvenuta nel 2016. Bruxelles, il 16 novembre, ha concesso al governo due mesi per conformarsi alla direttiva Bolkestein del 2006, minacciando il deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea in caso di mancato adeguamento. L’esecutivo ha un periodo di 10 giorni per evitare il confronto, ma prima è necessario trovare un accordo interno.

L’opposizione riguarda la scelta tra coloro, come Salvini, che desiderano estendere le attuali concessioni (tentato attraverso una norma nel consiglio dei ministri del 2023, ma bloccato dal ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto), e la parte più moderata della coalizione che cerca un accordo con Bruxelles. Un possibile accordo, che sembra essere la strategia di Palazzo Chigi, implicherebbe che il governo, tramite un provvedimento di legge, metta finalmente a gara le concessioni, riconoscendo gli investimenti realizzati dagli attuali concessionari. In caso di perdita della gara, questi avrebbero diritto a congrui indennizzi.

Per raggiungere un’intesa, è previsto un vertice tra la maggioranza e il governo ai massimi livelli nei prossimi giorni. Nel frattempo, la questione potrebbe finire in tribunale, poiché diverse sentenze dei Tar hanno già annullato le proroghe delle concessioni decise nel 2023 dai comuni, giudicate in contrasto con le norme dell’Unione europea. Altre sentenze simili potrebbero intervenire nel corso del 2024.