Sta facendo discutere in queste ore la frase pronunciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in merito al Superbonus, la tanto incredibile quanto “scellerata” – parole sue – misura adottata dall’ex governo Conte, sbandierata dai 5 Stelle come una straordinaria conquista a favore dei cittadini. Peccato che, conti alla mano, la realtà sia decisamente diversa. Tanto che la premier Meloni in più occasioni ha parlato di “truffa allo Stato”.
“Pensate al Superbonus e capirete perché ogni giorno a pensarci mi viene mal di pancia, non solo per gli effetti negativi sui conti pubblici, ma perché ingessa la politica economica, lasciando margini esigui ad altri interventi”. Queste le parole scagliate da Giorgetti davanti all’attentissima platea di imprenditori e top manager riuniti a Cernobbio per l’annuale Forum Ambrosetti.
“Il Superbonus è costato a ogni singolo italiano circa 2mila euro, anche a un neonato o a chi una casa non ce l’ha. Non era gratuito, il debitore è il contribuente italiano”, aveva tuonato Meloni presentando il decreto che ha bloccato la misura dei grillini (ricordiamo che esistono al momento delle deroghe ed è ancora possibile per alcuni ottenere il Superbonus fino a fine 2023).
Il punto è proprio che, come ha sottolineato Giorgetti, non è solo una questione di costi diretti per le finanze pubbliche, e quindi, in soldoni, di stangata sulle nostre tasche. “C’è l’effetto pernicioso, distorsivo, il cosiddetto spiazzamento, che ha sulla realizzazione degli interventi previsti dal PNRR, ovvero sul rafforzamento strutturale della capacità produttiva”. E questo rappresenta una vera minaccia alla tenuta del nostro bilancio.
“L’Italia – continua il ministro parlando del Patto di stabilità – condivide una politica di riduzione del debito pubblico. Quello che dicono gli amici tedeschi io lo condivido, però non posso ignorare che la stessa Commissione europea ci chiede una politica di un certo tipo sulla transizione energetica e quindi riteniamo ragionevole chiedere che vengano considerate in modo diverso le spese per stipendi pubblici e pensioni rispetto a spese di questo tipo”.
Quindi ok la transizione energetica, improrogabile, necessaria, doverosa anche sul piano etico oltre che materiale, ma serve mettere ordine. Proviamo a dare qualche numero, giusto per capire di cosa parliamo quando pronunciamo la fatidica parola “Superbonus”, che, è doveroso rimarcarlo, ha mandato in rovina migliaia di imprese edili, piccole e grandi, da Nord a Sud.
Quali benefici dal Superbonus
Facciamo un passo indietro. Con il Superbonus 110% e il regalino dello sconto in fattura subito o della cessione del credito, come alternative alla detrazione in 10 anni nella Dichiarazione dei redditi, i bonus edilizi – scrive la Fondazione Nazionale dei Commercialisti in un report pubblicato a fine dicembre 2022 – hanno compiuto un vero e proprio “salto di qualità”, passando da strumento di politica fiscale per l’emersione del sommerso e per l’incentivazione di specifici interventi a veri e propri strumenti per il sostegno del comparto dell’edilizia e, così facendo, del sistema economico dell’intero Paese.
Lo studio si sofferma sull’analisi del costo dei bonus casa per lo Stato e sull’impatto economico, assai rilevante, che il Superbonus 110% è stato in grado di generare nel sistema Paese, soprattutto in termini di spinta agli investimenti, all’occupazione e alla creazione di valore aggiunto.
Va detto anche che – ça va sans dire – che il settore Costruzioni mostra una performance che i commercialisti definiscono “eccezionale”, dopo un lungo periodo di crisi. Per intenderci, tra il 2019 e il 2021 il valore aggiunto del settore Costruzioni è aumentato del +14,7%, contro un calo del valore aggiunto per l’intera economia del 2,3%.
Nel documento viene presentato anche un modello di stima degli effetti positivi indotti dai bonus casa, da cui risulta chiaro che la relazione tecnica che ha accompagnato il Decreto Rilancio del 2020 – governo Conte, piena pandemia – abbia in realtà sottostimato le maggiori entrate che sarebbero derivate dal Superbonus.
Gli errori delle relazioni tecniche
Tuttavia – e qui arrivano le note dolentissime – attraverso un’analisi dettagliata delle relazioni tecniche dei bonus, dei dati Enea e dell’Agenzia delle Entrate sulle prime cessioni dei crediti, è palese come il Superbonus abbia innescato un effetto “iperespansivo”, con una conseguente lievitazione del costo lordo per lo Stato.
I bonus casa comportano un costo per lo Stato rappresentato dalle minori entrate correlate alle detrazioni fiscali a fronte del quale, però, è possibile calcolare un beneficio per le finanze pubbliche rappresentato dalle maggiori entrate conseguenti alla spesa indotta dai bonus e che si traduce in maggiori imponibili Iva e imposte dirette.
Il report dei commercialisti italiani, analizzando i dati relativi ai bonus edilizi e al Superbonus 110%, ricostruisce la metodologia applicata dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) nelle stime degli effetti di finanza pubblica dei bonus edilizi e presenta una stima alternativa del costo lordo per lo Stato e dell’effetto fiscale indotto dal Superbonus 110% che tiene conto dell’impatto che questo esercita sul settore edile e sull’economia in generale.
La metodologia RGS è caratterizzata, infatti – si legge nel report – da stime “eccessivamente prudenziali” dell’effetto fiscale indotto, del costo lordo per lo Stato, dovuta essenzialmente alla sottostima degli investimenti generati dal Superbonus e, soprattutto, dagli effetti indotti dal Decreto Rilancio, che, “introducendo le opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura per tutti i bonus edilizi, ha rappresentato un vero e proprio boost per gli investimenti nel settore“.
Quanto è costato davvero il Superbonus allo Stato
Nell’analisi della Fondazione Nazionale dei Commercialisti, invece, la stima di spesa aggiuntiva attribuibile al Superbonus è molto più elevata di quella stimata dalla RGS: si parla di 28 miliardi di euro.
A fronte di una spesa indotta nel 2021 dal Superbonus pari a 28.280 milioni di euro, il costo lordo per lo Stato è stato pari a 28.126 milioni di euro, mentre l’effetto fiscale indotto si traduce in maggiori entrate fiscali pari a 12.174 milioni di euro. Il costo netto per lo Stato del Superbonus 110%, relativamente all’anno 2021, sarebbe pari dunque a 15.952 milioni di euro.
L’effetto fiscale indotto dagli investimenti correlati al Superbonus è pari al 43,3% del costo lordo per lo Stato. In pratica, per ogni euro speso dallo Stato in bonus edilizi, ne ritornano sotto forma di maggiori imposte 43,3 centesimi, così che il costo netto per lo Stato è pari a 56,7 centesimi. Nelle relazioni tecniche ai diversi provvedimenti di legge, invece, secondo il modello RGS, il ritorno stimato è pari a non più di 5 centesimi e il costo netto diventa di circa 95 centesimi.
Volendo sintetizzare, il costo lordo per lo Stato della spesa indotta dal Superbonus nel 2021 sarebbe molto più ampio di quanto previsto e cioè, come visto, 28.126 milioni di euro al posto di 6.788, quindi circa 21,4 miliardi in più. Il costo netto sarebbe più alto di 9,5 miliardi di euro, e cioè 16 miliardi di euro contro 6,5.
Considerando il Superbonus fino ad oggi, cioè andando oltre il solo 2021, la misura è stata un vero salasso per le finanze pubbliche. Inizialmente prevista in 35 miliardi di euro, la spesa per lo Stato collegata al Superbonus è passata a ben 67,12 miliardi. Anche il Bonus facciate, inizialmente previsto con un costo di 5,9 miliardi, ha avuto una spesa effettiva di 19 miliardi. Il gap complessivo tra le stime iniziali e le spese aggiornate per il periodo 2020-2035 è di 45,2 miliardi di euro, di cui 32 miliardi attribuibili al solo 110%.
Chi ha beneficiato davvero del Superbonus
In Italia sono presenti quasi 12,2 milioni di edifici residenziali. Guardando anche i dati della Cgia di Mestre di inizio 2023, i risultati sono simili. La misura ha interessato fino a quella data solo il 3,1% del totale degli immobili ad uso abitativo. A fronte di 372.303 asseverazioni depositate entro il 31 gennaio 2022, lo Stato si deve fare carico di una spesa di 71,7 miliardi di euro.
“In altre parole, avendo dato la possibilità ai proprietari di riqualificare queste unità abitative con la detrazione fiscale del 110%, lo Stato si è addossato un costo pari a 72,7 miliardi di euro per migliorare l’efficienza energetica di una quota ridottissima di edifici presenti nel Paese” scrive la Cgia.
A beneficiarne sono state senz’altro le banche, grazie alla cessione del credito. Ma anche il settore dei materiali, che hanno registrato un’impennata dei prezzi. Ormai è indubbio che il Superbonus ha generato delle distorsioni, mandando i prezzi dei materiali alle stelle.
“La convinzione di aver speso troppo e di aver drogato anche il mercato edilizio è comunque molto elevata. Ricordiamo – evidenzia ancora la Cgia – che questo meccanismo, che consentiva di detrarre fiscalmente molto più di quanto un proprietario era chiamato a spendere per ristrutturare un edificio, ha innescato una bolla inflattiva preoccupante, alimentata anche dal forte aumento dei prezzi registrato nel 2022 da tutte le materie prime”.
A fronte di un boom della domanda che, tra l’altro, per legge doveva essere soddisfatta entro un determinato periodo di tempo, il Superbonus ha contribuito a far schizzare all’insù i prezzi di moltissimi materiali – ferro, acciaio, legno, sabbia, laterizi, bitume, cemento, etc. – e altri per molto tempo sono praticamente scomparsi dal mercato, come lana di roccia, polistirene, ponteggi, etc.
Ne escono invece piegate le imprese, che sì hanno mediamente alzato i prezzi, ma ci hanno rimesso complessivamente milioni di euro, finendo per restare appesi a crediti incagliati, che chissà quando rivedranno.