Tassi, Powell ammette: “Se necessario interverremo ancora”. E Wall Street va giù

L'ultimo discorso del Presidente della Fed ha rimesso in discussione le aspettative di un lungo periodo di tassi di interesse stabili agli attuali livelli, aprendo alla possibilità di nuovi ritocchi all'insù

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Redazione

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La Fed è decisa a portare avanti una politica restrittiva ed è pronta a tutto pur di riportare l’inflazione in linea con il target del 2%. Lo ha ribadito ieri il Presidente Jerome Powell, facendo intendere che potrebbe esserci ancora qualche rialzo dei tassi d’interesse. Affermazioni che hanno fatto scivolare la borsa americana, che si aspettava dichiarazioni più prudenti da parte del numero uno della banca centrale USA.

Decisi a inasprire ancora la politica, se necessario

“L’inflazione negli Stati Uniti è scesa nel corso dell’ultimo anno, ma rimane ben al di sopra del nostro obiettivo del 2%”, ha detto  Powell, aggiungendo che c’è “ancora una lunga strada da percorrere” e che “il FOMC è impegnato a raggiungere una posizione di politica monetaria sufficientemente restrittiva da ridurre l’inflazione al 2% nel tempo”.

“Sappiamo che i progressi verso il nostro obiettivo del 2% non sono garantiti”, ha ammesso il Presidente, assicurando “se dovesse rivelarsi opportuno inasprire ulteriormente la politica, non esiteremo a farlo”.

La reazione di Wall Street

La prospettiva di ulteriori rialzo dei tassi, in realtà, non era più incorporata nelle aspettative del mercato, che puntavano su uno scenario caratterizzato da tassi alti più a lungo e non su una nuova stretta monetaria

Wall Street quindi ha reagito con malumore a queste dichiarazioni, con il Dow Jones che ha ceduto lo 0,65%, l’S&P-500 ha perso lo 0,81%, terminando la seduta a 4.347 punti. , ed il Nasdaq 100 in retromarcia dello 0,82%.

Focus resta sui dati macro in uscita

“Stiamo prendendo decisioni riunione dopo riunione sulla base dei dati in arrivo e delle loro implicazioni per le prospettive dell’attività economica e dell’inflazione”, ha ricordato Powell, dopo aver spiegato che è necessario trovare un equilibrio fra il fare poco, sulla base dei dati in arrivo, ed il fare troppo, con un inasprimento eccessivo della politica monetaria.

Più in generale Powell ha notato che “può essere difficile distinguere in tempo reale gli shock dell’offerta da quelli della domanda, e anche determinare per quanto tempo persisteranno entrambi”, ma ha sottolineato che “gli shock dell’offerta che spingono l’inflazione a un livello sufficientemente elevato per un periodo sufficientemente lungo, possono influenzare le aspettative di inflazione a lungo termine di famiglie e imprese” e quindi “la politica monetaria deve affrontare apertamente eventuali rischi di un potenziale disancoraggio delle aspettative di inflazione, poiché aspettative ben ancorate contribuiscono a facilitare il ritorno dell’inflazione al nostro obiettivo”.

Le cause dell’impennata dell’inflazione

Parlando della dinamica dell’inflazione, il numero uno della banca centrale statunitense ha ricordato che, dopo essere scesa al di sotto dell’obiettivo del 2% nel primo anno della pandemia, l’inflazione PCE core è aumentata notevolmente nel marzo 2021. Una impennata che allora si era rivelata inattesa e non era stata prevista dalla Survey of Professional Forecaster del 2021.

Quanto alle cause, Powell ha spiegato che in molti hanno attribuito l’impennata dei prezzi agli effetti prolungati della pandemia ed ai colli di bottiglia delle catene di approvvigionamento globali, ma in seguito la situazione è stata aggravata dallo shock energetico prodotto dalla guerra fra Russia ed Ucraina.