Banche, emorragia di posti di lavoro: circa 60mila a casa

Secondo una indagine del Financial Times circa metà dei tagli è stata annunciata in USA ma anche l'Europa non è al riparo dalla piaga dei licenziamenti

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Redazione

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Il 2023 verrà ricordato come un anno molto negativo dai bancari, colpiti da licenziamenti in massa, a dispetto degli ampi profitti realizzati dalle banche. Ma c’è da fare un distinguo: l’anno è stato molto positivo per le banche commerciali, avvantaggiate dal progressivo  aumento dei tassi, mentre è risultato fortemente negativo per le banche d’investimento, che hanno visto crollare le commissioni. E’ quanto emerge da una indagine condotta dal Financial Times, secondo cu sono rimasti a spasso circa 60mila dipendenti.

Numeri da capogiro

Secondo i calcoli del Financial Times, una ventina di grandi banche d’investimento hanno tagliato 61.905 posti di lavoro nel 2023, una cifra che va a confrontarsi con i 140 mila ridotti durante la crisi finanziaria globale del 2007-2008.

Circa la metà dei tagli è arrivata dalle grandi banche d’affari di Wall Street, alle prese con un crollo delle commissioni e con il tentativo di mantenere inalterati i margini di profitto, mentre in anni precedenti (ad esempio nel 2015 e 2019) i tagli erano perlopiù di banche europee, colpite dagli effetti della politica dei tassi zero delle banche centrali.

Le grandi banche d’affari quotate a Wall Street taglieranno circa 30mila dipendenti nel 2023. Oltre ai licenziamenti c’è stato anche un taglio delle assunzioni, programmate all’indomani della pandemia.

L’effetto tassi

Come detto, la gran parte dei licenziamenti arriva dagli USA ed in particolare dalle difficoltà delle attività di investment banking, che hanno dovuto fronteggiare un crollo delle commissioni e la concorrenza dei titoli titoli pubblici. Un effetto della politica dei tassi crescenti praticata dalla Federal Reserve, che ha avvantaggiato il margine di interesse e depresso le commissioni, per effetto delle minori transazioni e delle quotazioni di titoli pubblici. Per far fronte a questo calo e per mantenere i margini di profitto, le banche d’investimento hanno dovuto agire sul fronte dei costi e quindi sulla riduzione del personale.

I tagli più consistenti sono stati annunciati da Wells Fargo, che questo mese ha annunciato il taglio di ben 12.000 posti di lavoro, portandolo a 230mila, con 7mila tagli già realizzati nel terzo trimestre per un costo di 186 milioni. La banca ha accantonato fino a 1 miliardo di dollari per ulteriori costi di licenziamento, suggerendo che vi sono ancora migliaia di posti da eliminare.

Seguono Citigroup, che ha tagliato 5.000 posti di lavoro, Morgan Stanley con 4.800, Bank of America con 4.000, Goldman Sachs con 3.200 e JP Morgan Chase con 1.000 posti eliminati.

Le crisi bancarie

I licenziamenti non sono però solo un caso americano, anche in Europa vi sono stati licenziamenti in massa, a causa delle crisi bancarie. E’ i caso ad esempi della crisi di Credit Suisse, che è stata salvata e rilevata dalla concorrente UBS. Una transazione che ha protetto il settore bancario, a spese del personale: si contano 13mila  posti di lavoro in meno nel 2023 e si prevedono altre grandi ondate di licenziamenti per l’anno prossimo.

Il numero uno di UBS, Sergio Ermotti, ha affermato che il 2024 sarà “l’anno cruciale” per l’acquisizione di Credit Suisse, alimentando l’attesa di nuove riduzioni di personale soppressi nei prossimi mesi.

Previsti altri tagli nei prossimi mesi

Gli esperti non nutrono grande ottimismo per il futuro e ritengono che, finché non ci sarà una ripresa dell’attività di investment banking, i tagli di personale, più o meno accentuati, saranno all’ordine del giorno.

Se la britannica Metro Bank ha annunciato l’intenzione di tagliare un quinto della sua forza lavoro, altre banche europee come HSBC e Commerzbank si sono astenute, dopo aver annunciato enormi riduzioni di personale negli ultimi anni.