La Fed non taglia i tassi d’interesse: ancora poco rassicuranti i dati sull’inflazione

Ancora un rinvio sul taglio dei tassi d'interesse in quanto la Fed attende dati più incoraggianti sul calo dell'inflazione: cosa succede adesso in Europa.

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

La Fed, Banca centrale degli Stati Uniti d’America, farà slittare il tanto atteso taglio dei tassi d’interesse a causa del calo più lento del previsto dell’inflazione. I verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve indicano, più nel dettaglio, che la Banca centrale “è orientata a tassi alti, per un periodo più lungo del previsto”. Il taglio è dunque rimandato, con lo scenario che secondo i vertici europei non dovrebbe influenzare il mercato del Vecchio continente.

La Fed non tagli i tassi d’interesse

A spingere la Fed verso un rinvio dei tassi d’interesse è il calo più lento del previsto dell’inflazione, con l’obiettivo del 2 per cento che sembra al momento ancora essere lontano. Vari componenti della Banca centrale americana, inoltre, sarebbero disposti ad alzare i tassi, in quanto molto incerti su quanto la politica monetaria adottata sia realmente restrittiva.
Nei verbali della riunione di politica monetaria della Federal Reserve del 30 aprile e 1 maggio scorsi, si sottolineava che l’inflazione negli Stati Uniti “non abbia accresciuto la fiducia nei progressi verso il 2 per cento” e, di conseguenza, “il processo di disinflazione probabilmente richiederà più tempo di quanto si pensasse in precedenza”. Il risultato era stato la conferma dei tassi di riferimento della forchetta tra 5,25 e 5,5 per cento.

Inflazione ancora troppo alta negli USA

Il mancato taglio dei tassi d’interesse da parte della Fed era stato già in parte annunciato da vari esponenti del suo organigramma. Il vicepresidente Philip Jefferson la scorsa settimana aveva affermato che, malgrado gli “incoraggianti” dati sul raffreddamento dell’inflazione negli Stati Uniti, fosse “ancora troppo presto per affermare che il processo disinflazionistico sia duraturo”. Per Jefferson il taglio dei tassi potrebbe verificarsi a settembre, ma solo se nei prossimi mesi emergano dati che confermino un quadro deflazionistico consistente. Andranno dunque valutati i rischi, con gli annunci che ormai sembrano essere sempre meno credibili, soprattutto considerando tutte le volte che sono stati disattesi.

Sulla stessa linea anche i commenti del capo della Fed di Cleveland Loretta Mester, secondo la quale prima di tagliare i tassi servono “alcuni mesi in più di dati che indichino un’inflazione in discesa”, e della Presidente della Fed di Boston Susan Collins che ha detto: “Penso che questo sia un un periodo in cui la pazienza è davvero importante. Penso che i dati siano stati molto misti. Ci vorrà più tempo di quanto avevo precedentemente pensato”.

Il taglio dei tassi d’interesse in Europa

Se negli Stati Uniti d’America la Fed mostra cautela e rinvia il taglio dei tassi d’interesse, in Europa la situazione sembra essere diversa. Secondo il Commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni “le attese del mercato sono che la Bce inizierà a giugno a tagliare i tassi e poi ci sono attese miste sul mercato su cosa accadrà nel secondo semestre. Penso che il percorso dell’inflazione sia piuttosto rassicurante”. E poi sul confronto con gli Stati Uniti: “Non credo che il trend dei tassi nell’Ue e negli USA dovrebbe essere identico. È difficile avere trend completamente diversi a lungo ma c’è un caso in Ue per alleggerire le politiche monetarie indipendentemente dalle decisioni della Fed”.