Disturbi alimentari, il Governo taglia i fondi: a rischio 22mila pazienti

La mancata proroga nel 2024 delle risorse stanziate per la prima volta dalla Manovra 2022 fa scattare l'allarme di associazioni e operatori sanitari. In Italia i disturbi alimentari sono la prima causa di morte tra gli adolescenti

Foto di Maurizio Perriello

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Nella Legge di Bilancio 2024 non è stata prevista una norma che prorogasse il Fondo per il contrasto dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione da 25 milioni di euro, scaduto il 31 ottobre 2023.

La decisione del Governo Meloni potrebbe così portare alla “chiusura” di molti servizi sanitari per la cura dei disturbi alimentari, mettendo a rischio la condizione di oltre 22mila pazienti. La stragrande maggioranza di questi ultimi sono adolescenti o in età evolutiva e il 60% è concentrato nel Sud Italia e nelle Isole.

Il fondo da 25 milioni di euro non prorogato dal Governo

Il Fondo per i disturbi alimentari era stato introdotto dal Governo Draghi con la Manovra 2022, con lo stanziamento di 25 milioni di euro regolarmente ripartiti tra le Regioni, in base alla popolazione tra 10 e 45 anni d’età. Era stato erogato per il biennio 2023-2024, con scadenza al 31 ottobre, con lo scopo principale di rinforzare la rete degli ambulatori multidisciplinari dedicati al trattamento dei disturbi, assenti in molte Regioni. Se l’Esecutivo non interverrà con un provvedimento ad hoc, la mancata proroga delle risorse sancita dall’ultima Manovra bloccherà l’attività degli operatori sanitari assunti a tempo determinato per supportare le cure sul territorio, in particolare nelle aree meno coperte del Paese.

Già prima del taglio dei fondi, inoltre, sussistevano profonde differenze regionali nella distribuzione delle risorse. La chiusura dei rubinetti governativi rischia dunque di acuire tali differenze, mettendo nei guai pazienti e famiglie oltre agli operatori personali impiegati nell’ultimo biennio.

L’allarme di 40 associazioni di familiari di pazienti con disturbi alimentari

L’allarme sul taglio dei fondi è stato lanciato da 40 associazioni di familiari dei pazienti, che hanno scritto una lettera indirizzata al ministro della Salute Orazio Schillaci e alla premier Giorgia Meloni in cui chiedono l’estensione degli stanziamenti. “Se non si troverà una soluzione, molti servizi dovranno chiudere e in tanti si troveranno senza assistenza“, ha sottolineato Laura Dalla Ragione, grande esperta dei disturbi dell’alimentazione, referente per l’Umbria della rete che si occupa della loro cura e consulente del ministero.

“Nessuno si aspettava che il fondo non venisse prorogato, è stata una sorpresa per tutti. Compreso lo stesso ministero della Salute che si è già attivato. Speriamo che la decisione legata alla mancata proroga venga rivista in Parlamento”, ha aggiunto.

I disturbi alimentari in Italia: colpite almeno 3,2 milioni di persone

Dai dati emerge che la diffusione dei disturbi dell’alimentazione in Italia è in costante crescita. Si stima che in Italia ne siano affette 3 milioni e 200mila persone. “Una vera e propria epidemia che dopo il Covid (a proposito, ecco i sintomi della nuova variante) sta coinvolgendo fasce d’età sempre più basse, anche tra 8 e 12 anni che rappresentano il 30% dei soggetti colpiti”, ha evidenziato Dalla Ragione. Anoressia, bulimia e gli altri disturbi alimentari sono la prima causa di morte tra gli adolescenti, secondi solo agli incidenti stradali, con un bilancio terribile relativo al 2023: 3.780 decessi.

La piattaforma online dei centri dedicati alla cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione riporta che, al 2023, si contano 126 strutture sparse su tutto il territorio nazionale, di cui 112 appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale e le restanti 14 afferenti al settore del privato accreditato. Il maggior numero dei centri (63) si trova nelle Regioni settentrionali, 23 sono situate nel Centro Italia e appena 40 sono distribuite nell’intero Mezzogiorno e in Sardegna e Sicilia.