Perché i pub inglesi rischiano di scomparire

L'inflazione, il cambio di abitudini dei consumatori e le bollette record colpiscono uno dei fondamenti della vita sociale britannica. I pub sono spacciati o si possono salvare?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’andamento dell’inflazione ha già complicato in lungo e in largo la vita quotidiana dei contribuenti, non solo italiani. La congiuntura economica sfavorevole sta per mietere una vittima illustre in terra inglese, un fondamento stesso della società britannica.

Parliamo del pub, vittima sacrificale di una crisi di lungo corso innescata con la Brexit. A certificare l’ecatombe dei luoghi di ritrovo per eccellenza dei sudditi di Sua Maestà sono i dati pubblicati dall’Ufficio nazionale di statistica.

Perché in Gran Bretagna chiudono i pub

Nella prima metà del 2023 in Inghilterra e Galles hanno chiusi i battenti 383 pub, al ritmo di più di due al giorno. Un numero praticamente identico a quello registrato nei primi sei mesi del 2022 (386), a testimonianza di una tendenza negativa che non si arresta e che ha subìto un ulteriore duro colpo dalle chiusure imposte durante l’emergenza Covid. Attualmente restano aperti e attivi quasi 40mila pub (39.404), contro gli oltre 55mila di dieci anni fa.

La crisi dei pub dipende anche dal cambiamento delle abitudini dei clienti, che dopo la pandemia hanno continuato a passare più tempo in casa. Il cambiamento ha coinvolto anche i gusti, con sempre più inglesi che preferiscono i wine bar, scegliendo un bicchiere di vino al posto di un boccale o una pinta di birra. A tutto questo aggiungiamo gli effetti dell’inflazione, con aumenti record dei costi di energia e materie prime e la grande carenza di personale registrata dai settori della ristorazione in tutta Europa.

Qui trovate la classifica delle città italiane più care.

Cosa ne sarà dei pub: le previsioni

Solo tra aprile e giugno di quest’anno hanno cessato l’attività ben 230 pub, contro i 153 chiusi nel trimestre precedente (tra gennaio e marzo). Alcuni sono stati addirittura demoliti, mentre altri sono diventati abitazioni, la maggior parte è in attesa di riqualificazione. L’inverno 2024 si prospetta critico come quello precedente, con tre quarti dei locali ancora attivi che avevano scelto di ridurre gli orari di apertura per contenere il costo delle bollette di luce e gas (ecco l’autunno da incubo che ci aspetta).

Le previsioni degli esperti sono tutt’altro che ottimiste: se si mantiene il trend attuale, tra 25 anni i pub inglesi spariranno del tutto. Ma ci sono associazioni che si oppongono a uno scenario del genere e propongono una ricetta per evitare la catastrofe.

Le proposte per salvare i pub

In Inghilterra sono scese in campo realtà come “Campaign for Pubs”, un’associazione di cittadini che propone nuove regole per vietare la demolizione di un pub chiuso senza un permesso speciale rilasciato dalle autorità. Lo scopo finale è quello di disincentivare il cambio di destinazione d’uso, scoraggiando la sempre più consueta trasformazione del locale in casa privata. Un costume, questo, inaugurato dalle imprese immobiliari per rimediare alla cronica penuria di abitazioni e di terreni edificabili in terra britannica. La stragrande maggioranza dei proprietari di pub chiusi hanno deciso di incassare subito le somme offerte per la compravendita dei locali.

Sono inoltre sempre più numerose le richieste delle associazioni di categoria al governo britannico per inserire nella Manovra finanziaria di novembre una norma per la riduzione delle tasse. Attualmente è ancora in vigore, fino ad aprile 2024, uno sconto sulle imposte approvato dalla cancelleria statale, che taglia del 75% le “business rate” (le tariffe aziendali in Inghilterra, o tariffe non nazionali, ossia le tasse sull’occupazione di proprietà non domestiche) per l’anno fiscale in corso. Si chiede di rinnovare l’iniziativa, visto che l’inflazione causerà un aumento delle imposte calcolato intorno al +6%.