L’industria vitivinicola italiana si trova a un bivio cruciale. L’Italia, alla vigilia della seconda riunione del gruppo vitivinicolo di alto livello in Europa, dovrà prendere una posizione decisiva sul futuro della viticoltura. Tra le questioni più controverse, quella degli estirpi: una pratica che comporta la rimozione dei vigneti per riequilibrare l’offerta sul mercato in un periodo di difficoltà economiche e di consumo.
Per questo motivo l’8 ottobre il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf), sotto la guida del ministro Francesco Lollobrigida, ha convocato le principali associazioni del settore – tra cui Unione Italiana Vini (Uiv), Federvini, Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Fivi – per discutere il 14 ottobre l’argomento e chiedere se sia il caso di adottare gli estirpi come misura di contenimento della crisi. La domanda è semplice: estirpi sì o no? E, nel caso, a quali condizioni.
Intanto, si fanno strada proposte e soluzioni alternative, come quella di continuare a produrre ma con meno alcol.
L’Unione Italiana Vini: “No agli estirpi, sì a soluzioni alternative”
L’Unione Italiana Vini (Uiv), una delle poche associazioni ad aver assunto una posizione chiara nel confronto con il ministero, ha risposto prontamente con un deciso “no” agli estirpi incondizionati. Durante il Consiglio Nazionale, infatti, Uiv ha coinvolto oltre 800 associati per elaborare una posizione comune: “Privarsi di un asset come la vigna – fondamentale non solo per le imprese ma anche per intere comunità rurali – sarebbe una scelta miope, troppo condizionata dalla situazione attuale”, ha dichiarato il presidente Lamberto Frescobaldi.
A tal proposito, sono state proposte invece una serie di soluzioni alternative, tra cui il contenimento delle rese, ovvero ridurre la quantità di uva prodotta per ettaro. Questa misura potrebbe aiutare a riequilibrare il mercato, adattando l’offerta alla domanda senza dover estirpare interi vigneti e preservando così il patrimonio agricolo e la capacità produttiva del settore.
Un’altra proposta riguarda l’allargamento della misura Ocm Promozione, strumento già in uso nell’Unione Europea che permette di finanziare campagne di promozione del vino nei mercati internazionali, per stimolare il consumo di vino europeo, sostenere i produttori e favorire la competitività del settore sui mercati esteri.
Infine, Uiv si è opposta all’estensione del periodo di reimpianto da 3 a 8 anni. Attualmente, i viticoltori hanno la possibilità di estirpare e reimpiantare i vigneti entro un periodo di tre anni, per mantenere attivo il proprio potenziale produttivo. Prolungare questo termine a otto anni, secondo l’associazione, renderebbe più difficile la gestione e il rinnovo delle vigne, rischiando di compromettere la capacità produttiva complessiva del settore viticolo italiano.
La questione della gradazione alcolica: perché produrre vino con meno alcol?
Oltre al tema degli estirpi, Uiv ha proposto un’altra soluzione per affrontare la crisi del settore: l’abbassamento della gradazione alcolica dei vini. Attualmente, la soglia minima è fissata a 8,5 gradi, ma una revisione delle regole enologiche permetterebbe la produzione di vini con una gradazione inferiore, in linea con le nuove tendenze di consumo che favoriscono prodotti meno alcolici.
Questa proposta include anche l’avanzamento del dibattito sui vini dealcolati e parzialmente dealcolati, che ancora aspettano una modifica del Testo Unico del Vino per essere pienamente regolamentati in Italia. L’idea è quella di ampliare l’offerta e rispondere a un mercato in evoluzione, senza compromettere la qualità e l’immagine del vino italiano.
Offrire una gamma di vini a bassa gradazione alcolica potrebbe attrarre nuovi segmenti di mercato, inclusi consumatori più giovani e quelli attenti alla salute. Questa diversificazione potrebbe aumentare le vendite e la redditività delle aziende vinicole, rendendo meno necessario l’estirpamento dei vigneti in difficoltà.
I prossimi passi
Entro il 14 ottobre, l’Italia dovrà presentare la sua posizione ufficiale in Europa sugli estirpi. In particolare, le associazioni del settore, con Masaf al timone, sono chiamate a discutere una soluzione equilibrata che possa rispondere alle sfide del momento senza sacrificare il futuro della viticoltura nazionale. A questo punto, la Commissione Europea e il gruppo vitivinicolo di alto livello saranno chiamati a prendere in considerazione le proposte italiane, con l’obiettivo di trovare un punto di incontro tra la necessità di sostenere il settore e la salvaguardia di un patrimonio agricolo e culturale.
In un momento di transizione per il mercato globale del vino, le decisioni prese nelle prossime settimane avranno un impatto significativo non solo sul breve periodo, ma anche sulla capacità dell’Italia di mantenere la sua posizione di leader nella produzione e nell’export vinicolo, un settore fondamentale per l’economica del nostro Paese.