Affitti più cari in Italia, si spende fino a metà stipendio: dove costano di più

Il caro affitti affossa gli stipendi: a Firenze il costo di un contratto di locazione erode il 46% dello stipendio di un impiegato. A Milano il peso è del 37,4%

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Non si ferma la corsa del caro affitti: in alcuni grandi capoluoghi il costo di un appartamento in locazione con canone libero può arrivare a coincidere con quasi la metà dello stipendio di un impiegato. Tra il 2018 e il 2023 il peso medio del canone sui redditi da lavoro dipendente nei capoluoghi di provincia è passato dal 31,6% al 35,2%, segnando una media del +3,6%. In alcune città si arriva al 40% con picchi fino al 46%.

Nota metodologica

Il dato deriva da un’indagine del Sole 24 Ore, che ha incrociato i dati dell’Omi (Osservatorio del mercato immobiliare) con le statistiche fiscali delle Finanze. L’andamento dell’inflazione è poi stato rapportato ai redditi da lavoro dipendente dichiarati nel 2023 (relativamente all’anno d’imposta 2022) che sono aumentati del +6,5% in valore nominale rispetto al 2018.

Le città più care

A Milano il caro affitti pesa per il 37,4% sullo stipendio medio di un impiegato: per un nuovo contratto un inquilino deve pagare una media di 1.122 euro al mese, 267 in più rispetto al 2018. A Firenze 967 euro (46%). A Bologna l’incidenza è del 40,2%.

In generale, la mensilità media dei capoluoghi italiani era di 615 euro nel 2018. Il dato nel 2023 è salito a 731 euro. I picchi all’insù si sono registrati a Vicenza (+8,5%) e a Bologna e Milano (entrambe al +6,3%).

L’incremento degli affitti, rileva il quotidiano, ha superato anche l’andamento dell’inflazione: se affitti e costo del denaro fossero andati di pari passi, la media dei canoni nei capoluoghi italiani si sarebbe fermata a quota 715 euro, invece di salire a 731 euro. Gli affitti, dunque, hanno superato l’inflazione di un +2,24%.

Un aiuto dalla cedolare secca

La cedolare secca esclude per i padroni di casa la possibilità di aggiornare automaticamente il canone d’affitto all’andamento dell’inflazione. Dunque gli inquilini che hanno sottoscritto questa forma di contratto di locazione hanno risentito meno dell’andamento dei prezzi. Sono 2,79 milioni gli affitti con cedolare secca in Italia, a fronte di 3,65 milioni di case locate da persone fisiche. Un’altra arma in mano ai locatari è la possibilità di orientarsi su affitti con canone concordato nei quali il padrone di casa accetta di incassare meno, applicando importi massimi prefissati, ma ritrovandosi a pagare meno tasse (il 10% a fronte del 21% applicato in regime di cedolare secca).

I bonus affitti

In questo stato di cose i bonus affitti per gli inquilini a basso reddito incidono poco: il beneficio medio si aggira attorno ai 171 euro. Nelle ultime dichiarazioni dei redditi sono stati usati da oltre 1,2 milioni di lavoratori dipendenti, con un reddito fino a 31.000 euro. Il caro affitti non pesa solo sulle famiglie a basso reddito che vivono nelle zone più periferiche, ma anche su quel ceto medio che negli ultimi anni ha visto assottigliarsi le proprie possibilità.

Salvi 13 comuni

Dalla corsa all’insù degli affitti si sono salvati 13 capoluoghi di provincia. Il record lo segna Pescara con un’incidenza media sugli stipendi degli impiegati di -126 euro al mese. Segue Venezia con -72 euro. Ma attenzione: tale parametro risente sia dell’andamento degli affitti che dell’andamento delle buste paga.