Carne coltivata nei supermercati: prima richiesta di autorizzazione in Ue per il foie gras

In Ue la prima richiesta di autorizzazione di un prodotto di carne coltivata: il foie gras. L'Italia è già ostile

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 26 Luglio 2024 17:42

La start-up francese Gourmey ha ufficialmente presentato la prima richiesta di autorizzazione per un prodotto di carne coltivata. Si tratta del foie gras coltivato e la richiesta è arrivata alle autorità dell’Unione Europea. Il processo di autorizzazione è piuttosto lungo e tiene in conto non soltanto la qualità del prodotto, ma anche la sostenibilità con le imprese presenti nell’Ue. La domanda dell’azienda è stata presentata anche in altri mercati globali, come Singapore, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera.

Verso l’autorizzazione Ue: Gourmey è la prima azienda a fare richiesta

Gourmey prova a entrare nel mercato europeo con un prodotto che elimina la sofferenza animale, ovvero il foie gras coltivato (di cui la produzione è vietata in diversi Paesi, proprio per il trattamento degli animali costretti a mangiare, tra cui l’Italia).

Il percorso verso l’autorizzazione europea per il foie gras coltivato è complesso e lungo. Ogni prodotto alimentare innovativo deve ottenere l’approvazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), secondo il “Regolamento sui nuovi prodotti alimentari”. Si tratta di una delle normative più severe al mondo e assicura che ogni nuovo prodotto venga sottoposto a un’attenta valutazione della sicurezza e del valore nutrizionale.

Il processo di autorizzazione per il foie gras coltivato di Gourmey, infatti, durerà almeno 18 mesi, periodo durante il quale il prodotto sarà analizzato in dettaglio per garantire che rispetti tutti gli standard richiesti. La valutazione non si limita solo agli aspetti tecnici, ma include anche un esame degli impatti sociali ed economici. Per arrivare a una conclusione, saranno coinvolti i rappresentanti degli Stati membri. Viene da domandarsi se l’Italia, che in passato ha vietato la produzione di foie gras, ma non la sua importazione, resterà coerente o proseguirà la battaglia contro la carne coltivata che ha portato all’approvazione di una legge che la vieta (una norma difficile da applicare e in contrasto con il libero mercato Ue, tanto da essere bloccata).

In ogni caso, solo dopo questa rigorosa fase di valutazione, il prodotto potrà essere commercializzato nel mercato europeo.

La richiesta di Gourmey arriva in un momento di intenso dibattito politico e sociale sul tema della carne coltivata, ma soprattutto dell’impatto ambientale dell’allevamento di animali per la produzione di carne. In Europa, il vicepresidente del Senato italiano, Gian Marco Centinaio, ha già criticato l’iniziativa, sostenendo che Bruxelles dovrà scegliere tra la “qualità garantita dai prodotti tradizionali e i cibi realizzati in laboratorio”, definiti come “paccottiglie insapori”.

Nonostante le resistenze politiche, Bruxelles ha recentemente registrato l’iniziativa dei cittadini europei “Stop Cruelty Stop Slaughter”, che chiede alla Commissione europea di incentivare la produzione di proteine vegetali e carne coltivata. Una richiesta legittima, soprattutto perché la risposta della Commissione Ue non elimina la produzione e la commercializzazione della carne animale, alla quale sarebbe solo affiancata come alternativa.

I problemi del foie gras: ecco perché in Italia è vietata la produzione (ma non il consumo)

Il foie gras convenzionale è da tempo al centro di un acceso dibattito in Europa. Paesi come Italia, Polonia, Danimarca e Germania hanno vietato la produzione di foie gras per proteggere il benessere animale. In realtà, grazie ai principi del mercato unico europeo, il foie gras importato rimane disponibile, acquistabile e consumabile anche in Italia.

L’introduzione del foie gras coltivato potrebbe quindi rappresentare un compromesso significativo, permettendo sì di salvaguardare gli animali, ma senza rinunciare al prodotto tipico. Francesca Gallelli, consulente per gli affari pubblici del Good Food Institute Europe, ha commentato la richiesta di Gourmey definendola una “svolta significativa”. Ha voluto sottolineare come l’innovazione possa andare di pari passo con la tradizione culinaria, rispondendo alle esigenze dei consumatori moderni e promuovendo il benessere animale.

Gallelli ha inoltre aggiunto l’importanza di riconsiderare la legge italiana per permettere una regolamentazione basata su evidenze scientifiche e non ideologiche e garantendo così un mercato equo e aperto per tutti i cittadini europei.