Il pensiero economico di Antonio Genovesi

La visione economica di Antonio Genovesi era ben ancorata al mondo reale e ai cittadini qualunque, spesso ignorati

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato nel 1713 e deceduto nel 1769, Antonio Genovesi è stato un celebre scrittore, economista e filosofo. Una vita colma di eventi, che lo portò anche a divenire sacerdote dopo gli studi di filosofia e teologia. Un fine pensatore, nei cui testi operò un compromesso tra idealismo ed empirismo, andando a evidenziare i valori religiosi cardine della filosofia cristiana.

L’ingresso nel mondo dell’economia

Per quanto possa sembrare inconciliabile, data la sua spiritualità, la figura di Antonio Genovesi ha saputo imporsi anche nel mondo dell’economia. Proviamo però a capire come questo sia avvenuto. Si tratta infatti della naturale conclusione di un processo culturale.

Trasportato dall’influenza del panorama intellettuale italiano del tempo, si impegnò nel tentativo di sintetizzare il concetto della pubblica felicità. Ciò vuol dire garantire all’uomo una via di fuga dal suo stato di oscurità, in piena connessione con l’Illuminismo francese, al tempo già in atto.

Tale vortice nero che attanagliava l’uomo, però, era ormai dominante. Constatata la decadenza culturale, quindi, così come quella materiale e spirituale, Genovesi decise di fare un passo indietro, abbandonando di fatto etica e filosofia, dedicandosi all’economia. Ciò perché vedeva in essa lo strumento dei governi per alimentare la ricchezza e la potenza delle nazioni.

Il pensiero economico

Come detto, il punto di svolta della vita e della carriera di Antonio Genovesi è rappresentato dal suo dedicarsi all’economia. Un cambiamento radicale, che lo spinse verso la cattedra di economia politica. Era il 1754 e questa venne istituita appositamente per lui presso l’ateneo di Napoli Bartolomeo Intieri. Certo del fatto che la promozione della cultura e della civiltà fosse l’unico modo per favorire realmente il benessere sociale, pose da parte il latino. Fu il primo cattedratico a offrire lezioni in italiano.

Il tipo di economia cui ha prestato attenzione è legata al basso, ai cittadini comuni. Ciò gli ha garantito una visione per il tempo rivoluzionaria. Ha guardato, ad esempio, alla realizzazione dell’ordine e dell’economia delle famiglie, strettamente connessa a quella della società intera. Per tutelare questo sistema, anche donne e contadini dovevano avere accesso alla cultura. Fare di ciò uno strumento cardine della società era l’unico modo per poter realmente progredire.

In questo la distanza con l’Illuminismo, che con Rousseau descriveva il progresso la fonte di tutti i mali. Genovesi invece lo agognava, certo del fatto che si potesse raggiungere anche grazie all’educazione degli uomini, con sviluppo nelle arti e nelle scienze.

Nei suoi scritti non resta ancorato a tematiche aleatorie. È un pensatore particolarmente concreto e vicino alle questioni reali della società. Evidenzia dunque il problema dei tanti cittadini che vivono di rendita. Ciò lo porta a discutere di problemi come il debito pubblico, la circolazione monetaria e l’inflazione.

Ha affidato un ampio sunto del suo pensiero economico nel testo Lezioni di commercio o sia di economia civile. Edito nel 1765, è considerato uno dei primi volumi scientifici in materia economica. Con questo manuale, in pratica, provò a indicare la giusta via da seguire per delle riforme fondamentali. Dall’istruzione all’agricoltura, dalla proprietà fondiaria fino al protezionismo da parte del governo in merito a industrie e commerci.