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Prostituzione minorile, nuova piaga sociale: la risposta del diritto penale

L'avvocato Stefano Grolla affronta il problema della prostituzione minorile: un tema attuale nonché sempre più discusso non solo dalla stampa, ma anche nelle aule di giustizia

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Redazione

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Pubblicato: 13 Ottobre 2025 08:28

Sebbene nel nostro ordinamento giuridico il fatto di “vendere” il proprio corpo – per quanto rappresenti una mercificazione discutibile della persona – non è di per sé condotta avente una rilevanza penale (la prostituzione “pura e semplice” non rientra, infatti, nelle ipotesi di reato contemplate nel codice penale a differenza dello sfruttamento/favoreggiamento ecc. della stessa), un discorso diametralmente opposto concerne le ipotesi in cui ad essere oggetto del piacere è un soggetto minore.

Difatti, è in quest’ultimo caso che si parlerà di prostituzione minorile ex art. 600 bis c.p. Il nostro codice penale punisce sia il reclutamento, l’induzione, lo sfruttamento nonché il favoreggiamento della prostituzione di un minore di anni 18, sia gli atti sessuali compiuti con un minore (di età compresa tra i 14 e i 18 anni) in cambio di un corrispettivo.

Il plus che il Legislatore ha inserito nell’articolo 600 bis c.p. è il comma secondo, che tutela il minore in senso ampio. Infatti, il maggiore di età commette reato nel momento in cui ha rapporti sessuali con un minore in cambio di denaro.

Tale scelta del Legislatore ha una duplice funzione:

  • da un lato, una funzione – quella prevalente – garantista, ove il bene giuridico dell’integrità fisica, psichica e di sviluppo del minore assurge da interesse primariamente tutelato;
  • dall’altro lato, una funzione preventiva nonché deterrente, volta a scongiurare il verificarsi di qualsivoglia attentato allo sviluppo fisico, psichico e soprattutto sessuale del minore.

La ratio di tale scelta è pacificamente comprensibile nonché condivisibile: si tratta di soggetti fragili, non pienamente “formati” e, quindi, incapaci di provvedere autonomamente alla propria tutela, di talché il subentro a tal fine da parte dell’ordinamento giuridico.

Chiaramente, la nostra società consumistica porta sempre di più i giovani a desiderare di avere accessori costosi – quali tablet, cellulari, brand ecc. – anche in situazioni e contesti familiari precari, incapaci di potersi permettere il tenore di vita richiesto dal minore.

Per questo motivo il fenomeno delle baby squillo in Italia si è amplificato: il guadagno facile mercificando il proprio corpo consente di permettersi tale tenore di vita. Pertanto, la tutela posta dal nostro codice penale non riguarda tanto l’incapacità del minore di autodeterminarsi e, soprattutto, autolimitarsi nel mercificare il proprio corpo, ma, piuttosto, punta a colpire il soggetto agente maggiorenne, il quale approfitta delle fragilità del minore per soddisfare i propri impulsi sessuali.

Infatti, la pena edittale è fino a 12 anni di reclusione per il comma 1 e 6 anni di reclusione per il comma 2 dell’art. 600 bis c.p.

Si auspica, pertanto, una maggior educazione civica nelle scuole al fine di rendere edotti i giovani dei rischi a cui si sottopongono nel tenere atteggiamenti di mercificazione del proprio corpo dietro corrispettivo di denaro.

La norma penale sulla prostituzione minorile dovrà comunque essere un deterrente nei confronti dei maggiorenni, i quali dovrebbero tutelare il minore deviato non aderendo alle proposte sessuali così frequenti nella nostra società, pena una condanna elevata.

In collaborazione con Studio Legale Grolla