I finanzieri del comando provinciale di Taranto hanno eseguito durante la mattinata del 3 luglio, perquisizioni contro 10 tra amministratori, dipendenti, collaboratori e procuratori di Acciaierie d’Italia, l’azienda che ha in gestione l’impianto della città pugliese conosciuto comunemente con il nome della prima società che lo amministrò: l’Ilva.
Le perquisizioni sono state eseguite non soltanto a Taranto ma in tutta Italia, da Bari alla Brianza, e riguarderebbero la documentazione delle emissioni di CO2 proprio dell’impianto pugliese. L’ex Ilva ha una lunga storia di problemi ambientali e inquinamento, ma anche una situazione economica molto complessa: è infatti in amministrazione straordinaria.
Le perquisizioni sulle emissioni dell’Ilva
La guardia di finanza ha perquisito una decina di dipendenti e dirigenti di Acciaierie d’Italia (AdI), l’azienda che gestisce l’ex Ilva di Taranto e altri impianti per la produzione di acciaio nel nostro Paese. L’accusa della procura di Taranto, che sta portando avanti l’indagine, ad AdI è quella di aver falsificato alcuni dati per l’ottenimento delle quote europee per le emissioni di CO2.
Le perquisizioni non riguardano soltanto Taranto, ma sono state eseguite anche a Milano, Bari, Monza e Modena. La procura ritiene che l’azienda abbia manipolato il mercato delle quote per le emissioni di gas serra ottenendo un guadagno illecito e, al contempo, alterando il mercato primario delle aste pubbliche dello Stato su cui si basa la loro vendita.
Le perquisizioni avevano lo scopo di trovare documentazione contabile per ricostruire con quali procedure siano stati portati a termine questi illeciti, oltre che a quantificare il danno economico a carico del sistema europeo di scambio delle quote e dello Stato stesso.
Come funzionano le quote europee per le emissioni di CO2
Il Sistema europeo di scambio delle quote di emissione esiste dal 2003 ed è stato uno dei primi passi avanti fatti dall’Unione europea nell’ambito della riduzione dell’inquinamento da gas serra. Ogni anno, a ciascuna azienda, vengono assegnate alcune quote gratuite in funzione di alcuni parametri. Queste rappresentano le emissioni che l’Ue si aspetta che la società crei durante l’anno.
Se l’azienda è in grado di crearne di meno, può vendere le proprie quote tramite il sistema di scambio ad altre aziende che invece hanno inquinato più del dovuto. In questo modo emettere gas serra ha un costo e le società sono incentivate a ridurre le emissioni dal possibile guadagno. Secondo gli investigatori, Acciaierie d’Italia avrebbe manipolato i dati che generano i parametri con cui vengono assegnate le quote gratuite nel 2023.
Inoltre AdI avrebbe dichiarato di aver emesso meno quote di quelle effettivamente emesse nel 2022, trovandosi così un eccesso significativo di quote assegnatele l’anno successivo. In questo modo avrebbe potuto risparmiare denaro potendo inquinare più di quanto avrebbe dovuto oppure avendo l’opportunità di vendere le quote stesse.
Nel 2023 i prezzi delle quote di emissione erano molto cresciuti a causa dell’aumento del prezzo dell’energia e della necessità delle aziende energetiche di utilizzare combustibili molto inquinanti per sostituire il gas. Per questa ragione avere quote da vendere sarebbe stato particolarmente conveniente, specialmente per un’azienda come AdI, in difficoltà economiche e in amministrazione straordinaria.