Chiuso il caso del cosiddetto “testamento colombiano di Berlusconi”. L’imprenditore Marco Di Nunzio è stato arrestato a Cartagena per aver depositato un falso testamento del defunto leader di Forza Italia, con il quale aveva minacciato i figli del defunto ex premier per cercare di ottenere una parte dell’eredità. Mentre il 56enne torinese finiva in manette in Colombia, la procura di Milano notificava attraverso l’ambasciata italiana nel Paese sudamericano l’avviso di conclusione delle indagini per falso in testamento e tentata estorsione, reati per i quali potrebbe finire a processo.
L’arresto di Di Nunzio
È stato grazie alla collaborazione e allo scambio di informazioni con gli inquirenti italiani che Di Nunzio è stato raggiunto dalla misura cautelare dell’autorità giudiziaria colombiana per presunti falsi oltreoceano, tra cui proprio quello sul fantomatico testamento, denunciato anche da una notaia di Cartagena.
Come emerso nell’indagine milanese, coordinata dal procuratore Marcello Viola e dalla pm Roberta Amadeo, l’imprenditore avrebbe formato tre diversi falsi testamenti olografi, sottoscritti il 21 settembre 2021 nell’ufficio della “Notaria Primera di Cartagena – Bolivar”, con cui sosteneva che il Cavaliere aveva disposto in suo favore il lascito di “liquidità, quote societarie, imbarcazioni ed immobili”.
Nel documento, che sosteneva fosse stato redatto davanti a un notaio di Cartagena, Di Nunzio rivendicava 26 milioni di euro, uno yacht, le ville ad Antigua e il 2% di Fininvest, che Silvio Berlusconi gli avrebbe dovuto lasciare alla sua morte.
Nello specifico, si legge dalle carte riportate da Ansa, “venti milioni di euro con l’onere di innalzare la struttura politica Forza Italia e i club Forza Silvio in Colombia”, 6 milioni come “regalie” da “depositarsi su un conto corrente a Miami”, la “nave Principessa Vai Via” e tutti gli altri yacht, il 100% delle azioni delle società proprietarie “delle ville ad Antigua” e il 2% della “holding Fininvest Finanziaria“.
La vicenda
Secondo quanto ricostruito nell’inchiesta, Di Nunzio avrebbe tentato di depositare i primi due testamenti all’Archivio notarile di Milano e successivamente avrebbe realizzato un terzo testamento in cui venivano rimosse la sua firma e la dicitura “erede universale”, così da depositarlo presso un notaio di Napoli nell’estate del 2023.
L’imprenditore, scrivono i pm, avrebbe agito “minacciando gli eredi legittimi” di Silvio Berlusconi, ossia i cinque figli, “nell’intento di insinuarsi nell’asse ereditario e farsi corrispondere le somme e i beni indicati” o una “eventuale minor somma” per “tacitare le sue pretese”.
La vicenda era esplosa dopo un servizio di Report sul presunto testamento colombiano di Berlusconi, dell’ottobre del 2023, dalle cui dichiarazioni i magistrati hanno ipotizzato il reato di tentata estorsione.
“Vediamo di arrivare a un accordo direttamente con la famiglia Berlusconi – aveva dichiarato Di Nunzio – sennò facciamo direttamente causa (…) andiamo a fare una transazione a saldo e stralcio con la famiglia Berlusconi, se no arriviamo ad un accordo”.
Durante il servizio andato in onda in Tv, il 56enne aveva pure detto che era pronto a diffondere dei documenti e tra giugno e novembre 2023, ha inviato “plurime diffide testamentarie” allo studio del notaio Arrigo Roveda, che ha gestito la fase dell’eredità del Cavaliere, ma anche a Fininvest.
Nelle indagini sono stati ascoltati diversi testimoni, tra cui Marta Fascina, per ricostruire dove si trovasse Berlusconi nel giorno della firma del testamento “colombiano”: in quell’occasione, la deputata ed ex compagna del Cavaliere aveva documentato con le copie di un’agenda gli impegni del leader di Forza Italia che l’ex premier si trovasse in quella data ad Arcore.