Decreto Crescita, le big di serie A a rischio: cosa cambia

Cosa comporta il taglio dei bonus fiscali del decreto Crescita per le squadre di serie A? Ecco la situazione delle big e le ultime notizie

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Il governo è intenzionato a operare una stretta molto netta sugli sconti fiscali per i lavoratori che provengono dall’estero. Lo rende chiaro il disegno di legge di Bilancio 2024. Si fa riferimento al decreto Crescita, che per il prossimo anno resterà in vigore, ma non per tutti.

Il testo della manovra, non ancora definitivo, evidenzia come il regime agevolato sia rivolto ai “lavoratori dipendenti o autonomi che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, per un massimo di cinque anni”. Nello specifico si parla di una notevole riduzione della tassazione, pari al 50%, per i redditi fino a 600mila euro. Due i requisiti: elevata qualificazione o specializzazione e nessuna residenza in Italia nei tre anni precedenti.

Questa agevolazione ha cambiato nettamente le strategie dei club di serie A, soprattutto delle big. Fare un passo indietro vorrebbe dire modificare radicalmente le strategie dell’immediato futuro. Non mancano le polemiche, ovviamente, ma vediamo nel dettaglio cosa potrebbe accadere.

Big di serie A: bilanci pesanti

Il calcio in Italia è in una fase di stravolgimento. Ci si ritrova infatti a fare i conti con lo scandalo scommesse, poco dopo l’addio di Roberto Mancini alla Nazionale, con l’Italia di Spalletti a rischio qualificazione agli Europei.

A ciò occorre aggiungere, poi, la questione diritti TV, contesa inizialmente da numerosi broadcaster, come ad esempio Amazon, che ha però scelto di fare un passo indietro, limitandosi alla Champions League su Prime Video.

Si discute attivamente dell’ipotesi di un canale di Lega, mentre i club non sono concorsi sulle offerte delle aziende rimaste in corsa, come Sky, che offre 3 gare settimanali di serie A e tutte le Coppe europee su NOW e via decoder.

In questo calderone colmo di notizie e incertezze, ecco spuntare l’affare decreto Crescita. Il problema di fondo? La mancata convenienza nell’investire su calciatori stranieri, dal momento che il beneficio decade una volta ottenuto uno stipendio superiore a quota 600mila euro. Una problematica che riguarda anche tutti i calciatori che hanno firmato un contratto entro l’1 luglio 2023.

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Guardiamo nel dettaglio alla situazione delle big italiane:

  • Milan: è la più penalizzata tra le grandi di serie A, senza dubbio. Nel suo caso, infatti, sarebbero sei i calciatori coinvolti, che graverebbero di colpo maggiormente sui bilanci. Giunto a giugno Loftus-Cheek (4 milioni), avrebbe garantito fin da subito una riduzione fiscale. Dal prossimo anno, invece, sarebbe scattato anche per Reijnders (1.7 milioni), Pulisic (4 milioni), Okafor (2 milioni), Musah (2 milioni) e Chukwueze (4 milioni). Fiscalmente parlando, una perdita di quattro milioni per il 2023 e ben nove milioni per il 2024;
  • Inter: i cugini nerazzurri se la passano meglio, ma non ridono di certo. Perdita complessiva da 7 milioni di euro, tenendo conto degli arrivi di Thuram (6 milioni), Pavard (5 milioni), Sommer (2.5 milioni) e Bisseck (800mila);
  • Juventus: il bilancio dei bianconeri si affaticherà di un milione, invece, avendo acquistato in estate Weah (2 milioni);
  • Napoli: i campioni d’Italia in carica, invece, pagheranno una cifra salata, circa 2.3 milioni di euro per Natan (1.1 milioni), Cajuste (1.2 milioni) e Lindstrom (2.3 milioni). Un duro colpo, considerando la politica di De Laurentiis volta a rimettere in riga il proprio bilancio societario;
  • Roma: aria pesante in casa giallorossa, con Ndicka (4 milioni) e Aouar (3 milioni) che pesano per un totale di 3.5 milioni circa sul bilancio;
  • Lazio: alla corte di Maurizio Sarri sono giunti Guendouzi (2.5 milioni), Kamada (3 milioni), Castellanos (1.8 milioni e Isaksen (1.3 milioni), per un peso complessivo, sulle tasche di Lotito, di 2.1 milioni di euro circa.

Rischio scongiurato

Come detto, non sono mancate le polemiche, con il deputato del Pd Mauro Berruto che si è scagliato contro il governo di Giorgia Meloni: “In questo mondo al contrario, il governo vuole tagliare i bonus fiscali per i ricercatori e le ricercatrici italiani che hanno deciso di tornare in Italia. Vuole però lasciarli alle società di calcio, che ne hanno fatto un uso improprio e distorsivo, azzerando i vivai e i settori giovanili di ragazzi italiani, acquistando giovani calciatori stranieri per un vantaggio fiscale”.

Considerando il grande clamore, non si è fatta attendere molto la risposta dell’esecutivo che, due giorni dopo il lancio della notizia, ha rassicurato entrambi gli ambiti. La comunicazione ufficiale evidenzia come “restano invariate le disposizioni per i ricercatori, professori universitari e lavoratori dello sport”.

Quanto previsto, non verrà mutato, dunque. Ciò però al calcio non sembra bastare. Considerando il rischio corso, si va a caccia di garanzie ufficiali. Nei prossimi mesi le cose potrebbero infatti cambiare, così come nei prossimi anni. È tempo di ridiscutere il tutto, con i vertici sportivi e politici a confronto. Coinvolti in particolare il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il viceministro Maurizio Leo. Si è mossa anche la Lega di Serie A, che mira a garantire la necessaria competitività dei club, a fronte di una tassazione meno elevata delle squadre estere.

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