La Food and Drug Administration statunitense ha rigettato la richiesta di autorizzazione per l’uso di un farmaco generico con proprietà antinfiammatorie (economico e ampiamente disponibile sul mercato), che fino ad ora è stato indicato come possibile trattamento anti Covid. Si tratta, nello specifico, di fluvoxamina maleato, un antidepressivo che appartiene a una classe di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI).
Trattandosi di un prodotto facilmente reperibile, di fatto il suo utilizzo avrebbe potuto rappresentare una svolta per i malati e la loro diagnosi, ma le autorità hanno deciso di bloccarlo.
Bloccato il ricorso all’antidepressivo per curare il Covid
La FDA americana ha bloccato lunedì 16 maggio 2022 l’autorizzazione all’uso di emergenza della fluvoxamina maleato come trattamento anti Covid.
La domanda per riconoscere formalmente e ufficialmente l’antidepressivo come cura efficace contro il Coronavirus era stata presentata a dicembre 2021 dal professor David R Boulware dell’Università del Minnesota, dopo diversi studi sul trattamento utilizzato per prevenire la progressione della malattia negli adulti di età pari o superiore a 24 anni affetti, positivi al Covid-19, in ambito ambulatoriale.
Secondo i risultati ottenuti dai ricercatori, l’utilizzo della fluvoxamina avrebbe fatto calare di quasi il 30% i ricoveri, riducendo anche i casi di progressione del virus che hanno fatto diminuire il numero di visite in pronto soccorso (e di ore di attesa) di oltre sei ore.
Tuttavia, dopo aver analizzato i dati forniti, l’agenzia di regolamentazione americana ha notato che ci sono state delle incertezze sull’analisi. Da qui, il rifiuto di autorizzare la fluvoxamina come trattamento di emergenza per la cura del Covid. Nello specifico, la FDA ha dichiarato che i dati sono inadeguati per concludere che il farmaco fosse efficace nel prevenire la progressione verso una malattia grave e/o il ricovero ospedaliero nei pazienti non ospedalizzati.
Quali sono i farmaci utilizzati per curare il Covid, oggi
Dovendo fare i conti con un virus mai “incontrato prima”, a una cura per il trattamento del Covid si è arrivati col tempo, anche se studi e analisi degli scienziati non si sono mai fermati, e continuano ancora ora.
A oggi, la principale arma di difesa contro questa malattia rimane il vaccino. La vaccinazione, infatti, attiva anche le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni a SARS-CoV-2 (qui lo studio sui soggetti che hanno maggiori probabilità di contrarre il Covid più volte).
Il vaccino, quindi, non introduce nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina Spike. Se, in un momento successivo, la persona vaccinata entra nuovamente in contatto con il virus, il suo sistema immunitario riconoscerà il virus e sarà pronto a combatterlo.
Per quanto riguarda invece i farmaci utilizzabili per il trattamento della malattia (e per impedire che questa degeneri), l’AIFA – Agenzia italiana del farmaco – ha predisposto delle schede (consultabili qui) che rendono espliciti gli indirizzi terapeutici entro cui è possibile prevedere un uso controllato e sicuro dei farmaci utilizzati nell’ambito di questa emergenza. Le schede riportano in modo chiaro le prove di efficacia e sicurezza oggi disponibili, nonché le interazioni e le modalità d’uso raccomandabili nei pazienti Covid.
I trattamenti si rivolgono ai pazienti sintomatici, e distinguono le cure a casa da quelle ospedaliere. Per quanto riguarda la gestione domiciliare, Paracetamolo o FANS possono essere utilizzati in caso di febbre o dolori articolari o muscolari (a meno che non esista chiara controindicazione all’uso), mentre altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico.
Recentemente sono stati resi disponibili inoltre tre antivirali (remdesivir, nirmatrelvir/ritonavir e molnupiravir) per il trattamento di soggetti adulti positivi al Covid, che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso forme severe del virus. Per poterli utilizzare, precisa la circolare AIFA, il paziente deve presentare una forma di grado lieve-moderato e almeno uno dei fattori di rischio associati all’evoluzione in malattia severa.
Attualmente, quindi, le terapie, sia con anticorpi monoclonali che con antivirali, sono indicate per soggetti con:
- Covid-19 lieve-moderato di recente insorgenza;
- non ospedalizzati e non in ossigenoterapia;
- fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia.
La Commissione europea, su parere dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ha autorizzato i seguenti medicinali contenenti anticorpi monoclonali, da soli o in associazione, contro la proteina spike del virus SARS-CoV-2:
- associazione casirivimab-imdevimab denominata Ronapreve (dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche) per il trattamento e la prevenzione di COVID-19;
- regdanvimab denominato Regkirona (dell’azienda farmaceutica Celltrion Healthcare Hungary Kft) per il trattamento di COVID-19;
- sotrovimab denominato Xevudy (dell’azienda GSK) per il trattamento di COVID-19.
Discorso diverso, invece, per i ricoverati in ospedale e positivi al Covid. Sulla base delle numerose evidenze scientifiche, spiega infatti l’Agenzia, negli ultimi mesi di pandemia per il trattamento dei soggetti ospedalizzati con Covid l’attuale standard di cura è rappresentato dall’utilizzo di corticosteroidi ed eparina.
Cure anti Covid e fake news: come riconoscerle
Con il proliferare – specie sui social – di informazioni false e teorie del complotto sostenute dai cospirazionisti, durante la pandemia (anche quando è stato approvato il vaccino) sono sempre di più aumentate, in maniera preoccupante, anche le fake news relative a trattamenti per la cura del Covid fai da te, naturali e senza alcun fondamento scientifico.
Prima di tutto, bisogna specificare che no: i farmaci antivirali non prevengono l’infezione da nuovo Coronavirus. Non ci sono evidenze su una loro azione preventiva. Alcuni specifici antivirali sono utili in fase di post esposizione e di trattamento per evitare la progressione della malattia nei soggetti a maggior rischio.
Alcuni farmaci commercializzati per altre indicazioni, vengono talvolta utilizzati negli studi scientifici, pur in assenza di indicazione terapeutica specifica per il Covid, sulla base di evidenze da confutare. Proprio per questo motivo le autorità sanitarie raccomandano di evitare l’uso empirico di antibiotici senza consultare prima il medico, e al di fuori dei casi in cui l’infezione batterica sia stata dimostrata da un esame microbiologico. Gli antibiotici, pertanto, non devono essere usati per la prevenzione o il trattamento del Coronavirus senza alcuna logica o senza essere seguiti da un professionista. Nel dubbio, meglio non fare da soliti ad affidarsi al “sentito dire”, soprattutto quando si tratta di salute.