1 italiano su 10 rinuncia a curarsi, crisi nera per la sanità

L'Istat certifica il peggioramento della sanità italiana: quasi un residente su 10 rinuncia a curarsi. Le donne fra chi soffre di più la situazione. Aumenta il ricorso ai privati

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 22 Maggio 2025 13:55

Nel Paese caratterizzato dalla “migliore sanità al mondo”, come si sente spesso ripetere ai politici in tv, accade che quasi un italiano su dieci (9,9%) rinunci a visite o esami specialistici.

Il dato emerge dal Rapporto annuale Istat 2025, che segnala un progressivo peggioramento dell’accesso ai servizi sanitari rispetto agli anni precedenti.

Aumentano le prestazioni private

Le motivazioni principali della rinuncia sono due: le lunghe liste d’attesa (6,8% della popolazione) e le difficoltà economiche (5,3%). Entrambi i valori sono in crescita rispetto al 2023, quando si attestavano rispettivamente al 4,5% e al 4,2%.

In parallelo, cresce il ricorso dei cittadini alla sanità privata: il 23,9% degli italiani ha sostenuto l’intero costo dell’ultima prestazione specialistica, senza rimborsi da parte di assicurazioni. Nel 2023 era il 19,9%. Un incremento che conferma il rafforzamento di una sanità “a doppia velocità”, dove chi può permetterselo cerca scorciatoie nel settore privato, mentre chi non può rinuncia.

Donne più penalizzate

La rinuncia alle cure colpisce in modo disuguale:

  • le donne sono le più colpite (11,4% contro 8,3% degli uomini);
  • il divario di genere è massimo nella fascia 25-34 anni (12,5% contro 7,1%);
  • la classe di età più penalizzata è quella tra i 45 e i 54 anni, dove la rinuncia tocca il 13,4%, salendo al 15,6% tra le donne.

Con l’aumentare dell’età, le liste d’attesa diventano la causa principale, mentre nelle fasce adulte pesa di più la combinazione tra costi e tempi d’attesa.

Nord peggiora, Sud stabile

Nel 2024 il fenomeno ha colpito:

  • il 9,2% dei residenti nel Nord;
  • il 10,7% al Centro;
  • il 10,3% nel Mezzogiorno;

Il divario territoriale si è ridotto rispetto al 2019, fatto che potrebbe sembrare positivo. In realtà la convergenza è dovuta a un peggioramento nel Nord, dove la quota di rinunce è quasi doppia rispetto al 2019 (era al 5,1%).

Le motivazioni cambiano da zona a zona: al Centro-Nord prevalgono le liste d’attesa, mentre nel Mezzogiorno incidono in egual misura liste d’attesa e difficoltà economiche.

Più istruzione, meno rinunce

Il livello di istruzione è un altro fattore discriminante dal momento che le persone con titolo di studio basso rinunciano di più alle cure. Il fenomeno è più evidente tra gli over 65: il 5,2% delle persone meno istruite ha rinunciato per motivi economici, contro solo il 2% dei più istruiti. Quando la rinuncia è causata dalle liste d’attesa, il divario riguarda in particolare gli anziani.

Lo stato della sanità in Italia

Il rapporto Istat sottolinea come il fenomeno della rinuncia sia aumentato in modo costante dopo la pandemia da Covid-19, coinvolgendo fasce di popolazione tradizionalmente meno esposte, come i residenti del Nord e le persone con un livello di istruzione elevato.

Per completare il quadro ricordiamo come sia noto da anni il fenomeno della mobilità sanitaria, che costringe circa 670.000 pazienti a spostarsi da una regione all’altra (tradizionalmente dal Sud verso il Nord o l’estero) per accedere alle cure del caso. Il costo per il Servizio Sanitario Nazionale è di quasi 3 miliardi di euro.

Aggiungiamo un ulteriore tassello: l’ultimo Rapporto Gimbe ha evidenziato come nel 2023 la spesa per la prevenzione sia calata del -18% (si parla di 1.933 milioni in meno).

Ai pazienti italiani resta un’unica consolazione, per quanto magra: lo scorso agosto, l’ultimo Bloomberg’s Global Health Index ha consegnato all’Italia la medaglia d’argento, dopo la Spagna, nella classifica dei Paesi più sani al mondo. A contribuire al benessere nazionale è quella dieta mediterranea mai abbastanza osannata: la dieta italiana – viene scritto – “pone l’accento sugli ingredienti freschi locali, il che contribuisce alla salute della popolazione”.