Da una parte c’è la complessità di una piramide della popolazione che vede inesorabilmente crescere la quota degli anziani, a scapito dei giovani e dei bimbi. Dall’altra ci sono le patologie croniche che colpiscono un’ampia fascia della popolazione.
Guardiamo i numeri: quasi una persona su quattro ha più di 65 anni. E in questa fascia d’età almeno la metà delle persone presenta (almeno) due diverse cronicità. In una situazione di questo tipo, puntare sulla prevenzione appare fondamentale. Ma su questo fronte non siamo messi bene, stando a quanto lanciato in un incontro organizzato da FOCE (Federazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi). Lo dicono le cifre: l’Italia ha dedicato solo il 4,8% nel 2022 e il 4,5% nel 2023 della propria spesa sanitaria totale per la prevenzione.
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Perché c’è bisogno di prevenzione
I numeri dicono che l’Italia può e deve migliorare. La quota dedicata alla prevenzione ci colloca dietro a quasi tutti i Paesi dell’Europa Occidentale, abbondantemente sotto la media dell’OCSE ed ultimo tra i Paesi del G7. Spendiamo solo 193,26 euro per abitante rispetto alla media europea che è di 213,18 euro (decimo posto nella graduatoria dei Paesi europei). La spesa sanitaria pubblica per la prevenzione inoltre è calata del 18,6% tra il 2022 e il 2023 da 10 miliardi a 8 miliardi e 453 milioni. Secondo gli esperti, questa situazione può avere conseguenze molto negative in un Paese sempre più anziano come l’Italia. Infatti, oltre il 24% della popolazione ha più di 65 anni e di questi la metà ha almeno due malattie croniche. Prioritario è quindi investire sulla prevenzione in particolare potenziando le vaccinazioni, per i cittadini d’ogni fascia d’età, e gli screening del cancro. I tassi di adesione ai programmi di prevenzione secondaria dei tumori sono ancora insufficienti e molto lontani dagli obiettivi richiesti dalle Istituzioni internazionali. Lo stesso vale per le immunizzazioni verso gravi patologie che possono colpire soprattutto i bambini e gli anziani.
Più screening per la diagnosi precoce
Nel 2023 l’adesione ai programmi organizzati di screening oncologici è stata irregolare a livello territoriale con valori bassissimi nel Lazio e nelle Regioni del Sud.
Segnala Francesco Cognetti, Presidente di FOCE:
“Nel 2023 solo un over 50 su tre ha svolto la ricerca del sangue occulto delle feci. Il 53% e il 46% delle donne hanno fatto invece rispettivamente la mammografia e l’HPV o Pap test, nello stesso anno. L’Europa aveva chiesto, nel suo Beating Cancer Plan, a tutti i Paesi membri di arrivare al 90% di adesione entro il 2025, questo è un risultato per noi assolutamente irraggiungibile. Ricordiamo che sono esami completamente gratuiti per le rispettive popolazioni target e che favoriscono la diagnosi precoce dei carcinomi del colon-retto, della cervice uterina e del seno. Sono tre tumori molto diffusi e che solo lo scorso anno hanno colpito più di 104 mila uomini e donne residenti nel nostro Paese. Test come la mammografia, se eseguiti regolarmente, possono ridurre effettivamente la mortalità per il cancro del seno. È evidente che deve essere incentivata e anche estesa offrendola gratuitamente alle donne tra i 45-50 anni e a quelle tra i 70-74. Del tutto recentemente è stato addirittura bocciato in Parlamento un emendamento che stanziava una somma anche insufficiente di 6 milioni in 3 anni per l’estensione dello screening mammografico a queste fasce d’età. Servono quindi maggiori risorse economiche per garantire a tutte le cittadine questo diritto. Non sono poi ancora stati introdotti altri importanti nuovi screening quali, per esempio, la TAC spirale per la diagnosi precoce del tumore del polmone nei forti fumatori e la gastroscopia per i tumori dello stomaco”.
Prevenzione in bambini e adulti
La prevenzione del cancro deve iniziare da giovanissimi con la vaccinazione contro il Papilloma Virus o HPV. Cognetti ribadisce che c’è spazio di miglioramento. Grazie alla vaccinazione si può puntare ad eradicare totalmente di oltre 7.500 casi di tumore l’anno in Italia. Le immunizzazioni sono anche in questo caso gratuite per tutti gli adolescenti. Gli ultimi dati nazionali femminili indicano per la coorte del 2011 una copertura al 45% mentre è del 60% per la coorte del 2010.
“Siamo quindi molto lontani dalla soglia del 95% suggerita dall’OMS per sconfiggere definitivamente in Italia tutti i tumori HPV correlati, ivi inclusi i carcinomi del collo dell’utero. Tra gli altri vaccini dell’età pediatrica quello esavalente protegge i bambini da difterite, tetano, pertosse, polio, epatite B e le infezioni da Haemophilus influenzae tipo b – prosegue Alberto Villani, Direttore della Pediatria dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. La copertura raccomandata è del 95% mentre nel 2022 siamo arrivati ad una copertura di solo il 91%. Registriamo, infatti, incrementi preoccupanti di malattie come il morbillo la quale può causare effetti collaterali molto gravi a individui d’ogni età. Vaccinare i bambini è imprescindibile anche per proteggere gli adulti”
commenta Cognetti”.
La strada da fare
Come sottolinea Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della SIMIT- Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali:
“Anche sul fronte delle vaccinazioni degli adulti i dati non sono molto incoraggianti. Contro l’influenza stagionale siamo poco sopra il 50% mentre contro il pneumococco non arriviamo al 30% degli adulti immunizzati. La quota scende addirittura al 5% per l’Herpes Zoster, un virus che provoca una dolorosa eruzione cutanea e che può anche avere gravi conseguenze per persone fragili. È stato calcolato che solo grazie a questi tre vaccini si potrebbero evitare costi fino a 10 miliardi di euro. Bisognerebbe però raggiungere per gli over 65 e i pazienti oncologici gli obiettivi di copertura del 75% per influenza e pneumococco e del 50% per Herpes Zoster”.
Aggiunge Giovanni Rezza, Professore Straordinario di Igiene presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano:
“Da non sottovalutare è ancora il Covid-19 Per la stagione 2023-24 solo il 16% degli over 80 (16° posto tra tutti i Paesi Europei) si è vaccinato mentre in altri Paesi europei la media è tra il 60 e il 90%. A cinque anni dall’inizio della pandemia in molti hanno abbassato la guardia nei confronti di un virus che si considera ormai sconfitto definitivamente. Il periodo più difficile è ormai passato però il Covid può ancora rappresentare un problema per milioni di persone. Infatti, nel nostro Paese alcune migliaia di cittadini sono ancora deceduti per Covid nel corso degli ultimi anni. Nei fragili e nei grandi anziani il vaccino è tuttora utile per ridurre il rischio di forme gravi di Covid”.