Liste d’attesa nella Sanità raddoppiate con le nuove tariffe, l’allarme di Aris

Le previsioni per il Sistema sanitario nazionale non sono rosee: tariffe riviste al ribasso e strutture sempre più in perdita

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Si torna a parlare di sanità italiana e lo si fa con toni tutt’altro che rassicuranti. L’Associazione Aris ha infatti pubblicato un dossier allarmante. È stato del tutto bocciato il nuovo tariffario. La sua entrata in vigore è ormai imminente, dal momento che avrà il via il prossimo aprile 2024. Quanto riconosciuto alle strutture è giudicato del tutto inadeguato. Facile prevedere l’emergere di profonde problematiche nel sistema.

Nuove tariffe, è polemica

L’equilibrio della sanità italiana è già estremamente fragile. Ai tanti gravosi pesi, però, sta per aggiungersene uno che rischia di far crollare il castello di carte. Si parla dell’entrata in vigore del nuovo Nomenclatore tariffario, attivo in relazione alle prestazioni ambulatoriali specialistiche e protesiche: “Sarà un disastro per i pazienti. Le liste d’attesa raddoppieranno”.

Questo il commento di Padre Virginio Bebber, Presidente delle strutture gestite da enti ecclesiastici riunite nell’Aris. Una prospettiva totalmente negativa, che rischia di aggravare la condizione di chi più ha bisogno di assistenza sanitaria in tempi rapidi.

Bebber si è espresso in rappresentanza di tutti quegli istituti socio-sanitari non a scopo di lucro, che rientrano nell’area cattolica e sono ufficialmente riconosciuti come parte integrante del sistema sanitario nazionale. Di fatto operano al fianco del servizio pubblico, in convenzione con le Regioni. Le condizioni sono le stesse del SSN, con tariffe stabilite.

Occorre però scendere nel dettaglio e chiarire cosa comporterà il nuovo Nomenclatore tariffario. Bebber protesta contro le quote riconosciute alle strutture che erogano esami. Si tratterebbe di cifre inadeguate e irrealistiche. Si preannunciano, dunque, enormi problemi nel prossimo futuro.

Tariffe troppo basse

Il costo della vita è aumentato e numerosi servizi oggi richiedono un esborso ben maggiore rispetto a quanto avveniva 20 anni fa. Le tariffe del SSN sono però di fatto bloccate. Ciò anche a fronte di un generale blocco degli stipendi, che in alcuni settori in Italia è addirittura regredito.

Aris evidenzia la problematica con degli esempi concreti. Si pagano 22 euro per delle visite specialistiche, come quelle in ambito cardiologico, neurologico e non solo.

La somma in sé non è bastevole a coprire i costi del medico specialista, cos come del personale infermieristico, delle utenze, delle pulizie e del servizio di prenotazione. Ciò si traduce in un’immediata perdita, che di per sé supera la somma versata dal cittadino: almeno -25 euro per visita.

Si denuncia come molte delle prestazioni offerte non abbiano tariffazioni in grado di coprire anche soltanto i costi diretti di produzione. Come se non bastasse, in alcuni casi si è registrato anche un abbassamento delle quote. Di fatto il governo di Giorgia Meloni ha optato per un taglio dei rimborsi complessivo del 30%, tenendo conto di tutte le prestazioni.

Un esempio proposto è quello della colonscopia, per comprendere nel dettaglio qual è la condizione del sistema sanitario italiano. La nuova tariffa è di 95,90 euro per tale prestazione, che richiede un lasso di tempo di 30 minuti, circa.

I costi di fatto prevedono 39 euro per il medico e 35 euro per due infermieri. Occorrono 20 euro per il ricondizionamento dell’apparecchiatura dopo l’erogazione, così come 4 euro per la gestione della certificazione e 2 euro per il risveglio. Un totale di 125 euro, che non rappresenta neanche la cifra finale. Occorre infatti aggiungere 18 euro per la manutenzione della strumentazione, 17 euro per i costi amministrativi e 21 euro per l’ammortamento. Ogni singola prestazione specialistica di questo genere, dunque, prevede una perdita di 85 euro.