21 giugno, come ogni anno si celebra la Giornata Nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma, organizzata da AIL. L’associazione, attiva da 55 anni, ha oggi 83 sezioni in tutta Italia, con 17mila volontari e 146 progetti di ricerca scientifica.
In Italia, quasi mezzo milione di persone convive con un tumore del sangue. E ogni anno decine di migliaia di persone scoprono di avere una di queste patologie. Per fortuna la ricerca sta facendo passi avanti importanti, grazie ai trapianti di midollo, alle terapie farmacologiche sempre più specifiche e mirate al singolo paziente, all’utilizzo delle Car-T. Grazie ai progressi della scienza oggi i pazienti hanno maggiori probabilità di guarire o di convivere per anni con la malattia mantenendo una buona qualità di vita. Ma quali sono questi sviluppi? E quali risultati offrono?
Indice
Gli anticorpi bispecifici
Gli anticorpi bispecifici sono il frutto di una tecnologia nata circa dieci anni fa chiamata “BITE”. Per la prima volta fu prodotto un anticorpo bispecifico in laboratorio legando una proteina sulla cellula leucemica, in quel caso leucemia linfoblastica acuta, e una proteina su una cellula di linfocita T. Il linfocita veniva messo in stretto contatto con la cellula tumorale e il linfocita T del paziente riceveva un segnale di attivazione per la distruzione delle cellule leucemiche.
“Il primo anticorpo è tuttora in uso (blinatumumab) ed è stato il capostipite di una nuova logica: usare il sistema immunitario di un individuo malato che non riesce più a combattere il tumore da solo, aiutandolo con gli anticorpi bispecifici a riconoscerlo e rendendo le cellule molto più potenti – spiega spiega Paolo Corradini, Presidente SIE, Direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano. Questo principio è proseguito e ora ne sono disponibili due indicati per i linfomi a cellule B, e due che arriveranno a breve per il mieloma”.
Insomma: il panorama delle terapie si è arricchito dalla leucemia linfatica acuta, ai linfomi che rappresentano il sesto o settimo tumore più frequente nel mondo occidentale, al mieloma, altro tumore ad alta incidenza.
“Due patologie che rappresentano un grande numero di pazienti ematologici che possono essere trattati efficacemente con gli anticorpi bispecifici quando tutte le altre terapie sono fallite – segnala l’esperto. Per il primo di questi, glofitamab, indicato per il linfoma a grandi cellule, abbiamo un follow-up piuttosto lungo: un buon numero di pazienti risponde bene e non ha ricadute. Ci sono delle tossicità da gestire, ma che possono essere controllate favorendo una buona qualità di vita. In queste persone si è avuta una remissione di malattia che non si era mai raggiunta in precedenza.Gli anticorpi bispecifici rappresentano una seconda rivoluzione dopo le CAR–T. Queste due categorie di farmaci rientrano nella categoria TCell Redirecting Treatments, cioè cellule che reindirizzano i linfociti dove hanno fallito tutte le altre terapie e interviene dunque il sistema immunitario del paziente”.
Il valore del trapianto
Esistono sostanzialmente due tipi di trapianto. Uno è l’allogenico, con le cellule che provengono da un donatore familiare o da un registro, l’altro è il cosiddetto autologo, che prevede l’impiego di cellule del paziente stesso.
Nel 2023 in Italia sono stati effettuati circa 2.000 trapianti allogenici e nel 50% dei casi è stato necessario utilizzare un donatore da registro. La patologia maggiormente trattata è stata la leucemia acuta mieloide (40%) seguita dalla leucemia linfoblastica (18%).
Per quanto riguarda il trapianto autologo ne sono stati effettuati circa 3.600 e il mieloma multiplo è la patologia dove trova la maggiore applicazione, il 50% delle procedure, seguito dai linfomi non-Hodgkin e Hodgkin e dalle leucemie.
Inoltre, il dato importante è che, per la prima volta, sono stati effettuati in numero maggiore trapianti autologhi in persone con più di 60 anni rispetto ai soggetti under 60, e sono aumentati anche quelli allogenici.
“Questo grazie al miglioramento delle tecniche trapiantologiche che si sono evolute, alla disponibilità di terapie utilizzate all’esordio della malattia che causano meno tossicità d’organo, e grazie alle terapie di supporto, alla prevenzione delle infezioni che consentono alle persone più avanti con l’età di arrivare più “fit”, vale a dire in condizioni migliori – fa sapere Massimo Martino, Presidente GITMO, Direttore UOC Centro Trapianti Midollo Osseo e Direttore ad interim UOC Ematologia, Dipartimento Oncoematologico e Radioterapico, Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria. Le maggiori novità sono dovute al fatto che oggi, grazie alle nuove tecniche trapiantologiche e alle terapie, è possibile effettuare il trapianto in sempre maggior misura nelle persone non più giovani, over 60 e oltre. La più grande innovazione degli ultimi anni riguarda le terapie cellulari, le Car-T, soprattutto nei linfomi non Hodgkin, in particolare nelle forme più aggressive, quali il tipo a grandi cellule, il mantellare e in alcune forme di leucemia linfoblastica acuta nel bambino e nel giovane adulto, e a brevissimo sarà possibile utilizzarle anche in Italia nel mieloma multiplo”.
Sia chiaro. Ci sono ancora criticità da superare in termini di personale. Oltre alla nota carenza di personale sanitario, si parla di data manager, esperti di qualità e psicologi che possano seguire il paziente lungo il suo percorso. Il problema è che tutte queste figure non sono previste negli organigrammi ospedalieri e dunque non sono neanche oggetto di concorsi.
“Per sopperire a queste mancanze dobbiamo ricorrere a borse di studio, e in questo AIL è di grande aiuto con fondi specifici, ad esempio per gli psicologi – riprende Martino. Inoltre, in un programma trapianti sono fondamentali i biologi e i tecnici di laboratorio che necessitano di grande esperienza e preparazione in quanto lavorano con le cellule staminali, le manipolano e le congelano; ma anche queste figure, che hanno una grande expertise indispensabile per la realizzazione di un programma trapiantologico, sono sempre di meno”.
Presente e futuro di farmaci e CAR-T
Nell’ultimo anno sono state approvate le CAR-T per diverse patologie ematologiche: due nel linfoma follicolare, il secondo tipo di linfoma per frequenza; una per il linfoma diffuso a grandi cellule B, il primo per incidenza. Di grande importanza è che oggi tutti i pazienti con linfoma a grandi cellule refrattari o ricaduti entro un anno, possono ricevere questa terapia subito dopo il fallimento della terapia di prima linea. Questo consente di anticiparne l’uso, guarire un maggior numero di persone, di risparmiare trattamenti successivi ai pazienti e anche costi, ma soprattutto una migliore qualità di vita per i pazienti e le loro famiglie.
Per la leucemia linfoblastica acuta, da dicembre scorso, viene rimborsata una nuova CAR-T, per le persone con più di 26 anni. anche per il mieloma multiplo, infine, è disponibile in Italia da fine maggio di quest’anno una CAR-T e un’altra è approvata, ma non ancora rimborsata da AIFA.
“In futuro per il trattamento dei linfomi sarà sempre meno utilizzata la immuno-chemioterapia e aumenteranno sempre di più le terapie biologiche, cioè farmaci non chemioterapici mirati e strettamente indicati per particolari mutazioni dei vari tipi di linfoma – ricorda Maurizio Martelli, Professore di Ematologia, Sapienza di Roma, Direttore UOC Ematologia Azienda Ospedaliero- Universitaria Policlinico Umberto I di Roma. Con questi farmaci sono state ottenute risposte complete in pazienti che avevano presentato una malattia refrattaria/recidivata dopo un trattamento standard chemio-immunoterapico. Oggi, abbiamo risultati importanti grazie anche grazie alla sola immunoterapia. In particolare, anticorpi monoclonali bispecifici che riconoscono un determinato antigene cellulare e attivano i linfociti T del paziente stesso. La terapia cellulare Car-T, in cui gli stessi linfociti T del paziente vengono prelevati, ingegnerizzati e poi reinfusi nel paziente per aggredire la malattia”.
Ma non basta. “La terapia con le CAR-T ha dato veramente una nuova possibilità ai pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin, in particolare nei casi di linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) che rappresenta anche la prima indicazione ad aver ottenuto autorizzazione – segnala Martelli. I pazienti con DLBCL con malattia refrattaria/recidivata dopo il trattamento standard avevano una possibilità di ottenere una nuova remissione in non più del 10% dei casi. L’impiego delle CAR–T rappresenta un cambio di passo, in particolare nei pazienti con malattia refrattaria/recidivante si è ottenuta una risposta completa e duratura nel tempo nel 30-35% dei casi a un follow-up di 4-5 anni. Una vera e propria rivoluzione per il trattamento dei linfomi non-Hodgkin. Le CAR–T sono attualmente indicate, oltre che per i DLBCL, anche per il linfoma mantellare, il linfoma follicolare e il linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B”.
Come si affrontano i tumori nei bambini
I tumori ematologici infantili più frequenti sono le leucemie acute, linfoidi e mieloide, i linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin. In Italia i bambini a cui viene diagnosticato un tumore nella fascia 0-14 anni sono circa 1400-1500 all’anno e 800-900 nella fascia 15-18 anni.
“La biologia molecolare individua le alterazioni molecolari che definiscono la patologia in maniera specifica e radicale. Questo fa sì che si intensifichino i protocolli a più alto rischio di recidiva e si riduca l’intensità e l’aggressività delle terapie per quelle patologie che hanno un’evoluzione migliore. – spiega Arcangelo Prete, Presidente AIEOP Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica, Direttore SSD Oncoematologia Pediatrica Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi. Questo produce un minor numero di effetti collaterali e maggiori risultati in termini di guarigione e sopravvivenza. I migliori risultati si ottengono nelle leucemie e nei linfomi. In particolare, per le leucemie l’immunoterapia liquida con blinatumomab si è dimostrata talmente efficace che in via sperimentale viene utilizzata anche in prima linea. Le CAR–T, sono un trattamento estremamente mirato e specifico nei confronti della cellula neoplastica e sono una terapia personalizzata che produce meno effetti collaterali a medio e lungo termine. Questo è fondamentale quando si tratta di bambini che una volta guariti hanno una aspettativa di vita pari a quella dei loro coetanei”.
L’impegno di AIL
Come ricorda William Arcese, Presidente Comitato Scientifico AIL, Professore di Ematologia, Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, “il sostegno di AIL per la ricerca clinica e biologica è un’attività che è sempre andata in parallelo con quella dell’assistenza ai pazienti e ai familiari, e un principio di base da tenere sempre presente è che “non vi è una buona Ricerca se non c’è buona Assistenza”.
Fare assistenza significa pertanto fare anche ricerca. Solo nel 2023 AIL nazionale e le sezioni provinciali hanno sostenuto 146 progetti di ricerca: 45 riguardano le leucemie; 19 i linfomi, 13 il mieloma multiplo e altri la qualità di vita e la sfera psico-oncologica. Sono sempre studi innovativi finalizzati alla conoscenza dei tumori del sangue e alla diagnosi precoce. Sul piano del supporto alla Ricerca, vengono inoltre erogati borse di studio e assegni di ricerca per i ricercatori e per la ricerca di base dei laboratori, in particolare voglio citare LabNet, la rete di laboratori che centralizzano sia la diagnosi sia il monitoraggio dei pazienti con metodiche standardizzate e accreditate. LabNet è una delle realtà più innovative, anche a livello internazionale, che AIL sostiene economicamente in maniera consistente.
Altri due aspetti fondamentali sono i costi del personale e in particolare il lavoro dei data manager per la costituzione dei grandi Registri, e la conduzione degli stessi studi secondo le indispensabili e più attuali regole amministrative, legali, gestionali e di rispetto della privacy. Si richiede, in tal senso, un investimento di attenzione e lavoro di statistici, data manager ed esperti legali specifici per la raccolta dei dati e loro trasmissione in termini di affidabilità dei dati stessi. Inoltre, AIL supporta il GIMEMA, Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto, che è trasversale alle diverse società scientifiche, assegnando il 10% del 5×1000 raccolto ogni anno, di cui oltre il 50% è destinato alla Ricerca scientifica”.