Premierato, c’è l’accordo: cos’è il “secondo premier” e cosa cambia

Pronto l'accordo sul premierato forte: si riducono i casi in cui la mancata fiducia può far cadere il governo. Il premier potrà essere cacciato solo in caso di frattura insanabile con la sua maggioranza

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Dopo una serie di bracci di ferro, ecco gli emendamenti della maggioranza al testo di riforma costituzionale sul premierato. Le nuove disposizioni, una volta entrate in vigore, permetteranno l’elezione diretta del premier.

Premierato, come funziona l’istituto del secondo premier

All’incontro che ha portato al parto della bozza di accordo c’erano i ministri Casellati (Riforme) e Ciriani (Rapporti con il Parlamento), insieme a tutti i capigruppo del centrodestra del Senato. Ora il testo verrà supervisionato e approvato dai tre leader della coalizione (Meloni, Salvini e Tajani).

Al premier eletto dai cittadini potrà succedere un altro presidente del Consiglio scelto dal Capo dello Stato. L’eventualità è legata a circostanze eccezionali: dimissioni, impossibilità di proseguire a governare, impedimenti gravi e morte. Fratelli d’Italia avrebbe voluto lo stralcio di questa opzione per riportare alle urne i cittadini. La Lega invece ha spinto perché l’opzione venisse inserita nella bozza.

Nel nuovo testo verrà meno la possibilità che un voto negativo su un provvedimento sul quale è stata posta la fiducia possa portare alle dimissioni del presidente del Consiglio. Resta la possibilità che il premier possa venire sfiduciato dalla sua maggioranza, ma solo con una mozione motivata ed esplicita. Dopo tale mozione di sfiducia, il premier avrà la facoltà di prendersi una settimana di riflessione per poi chiedere al Capo dello Stato lo scioglimento delle Camere. Oppure potrebbe dimettersi, passando la palla nelle mani del Capo dello Stato che avrebbe facoltà di nominare un secondo premier indicato dalla maggioranza. Tirando le somme, perché un premier venga sfiduciato si renderà necessaria una frattura insanabile nella maggioranza di governo.

Non “basta che venga bocciata una legge per sfiduciare il premier, serve una scelta della maggioranza”, sintetizza il ministro Calderoli (Affari regionali). Ma non è tutto: il secondo premier sarebbe privo del potere di scioglimento.

Premierato, cosa prevede

Le altre novità previste dalla riforma del premierato: il premier potrà proporre al presidente della Repubblica la nomina e la revoca dei ministri.

Inserito il limite dei due mandati, che però sale a tre in caso la somma del precedente periodo di governo sia inferiore a 7 anni e 6 mesi.

Sparisce la norma sul semestre bianco del Capo dello Stato sancita dall’articolo 88 della Costituzione, secondo il quale “Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”. In caso di mozione di sfiducia al premier, il presidente della Repubblica è obbligato a sciogliere le camere fino alla fine del suo settennato.

Previsto anche un premio di maggioranza, sul quale si dovranno ancora discutere percentuali e dettagli.

Opposizione sul piede di guerra

L’opposizione ha già annunciato battaglia a questa riforma fortemente voluta da Giorgia Meloni: “Possono cambiare quello che ritengono per i loro scambi interni, ma se rimane l’elezione diretta del premier avranno dal Pd l’opposizione più ferma e dura che possiamo mettere in campo”, ha dichiarato Elly Schlein.