Approvato il premierato: come cambiano le elezioni

Il "premierato all'italiana" proposto da Giorgia Meloni ed Elisabetta Casellati è stato approvato dal Consiglio dei Ministri: ecco cosa cambia per gli elettori

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

È stato per anni un cavallo di battaglia dei partiti di centrodestra, e ora il premierato potrebbe diventare realtà dopo l’approvazione della misura in Consiglio dei Ministri. Il 3 novembre 2023 potrebbe essere ricordato come un momento chiave nella storia repubblicana del nostro Paese proprio per via della decisione presa a Palazzo Chigi dai componenti del governo Meloni, che ha dato il via libera all’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Il disegno di legge costituzionale dovrà passare i test alle Camere, dove troverà un’agguerrita opposizione, ma se dovesse passare, anche con importanti revisioni, traccerebbe una linea di separazione con il passato, proiettando l’Italia in un territorio inesplorato e non previsto dai padri costituenti. Ma cos’è il premierato? E cosa significherebbe per noi cittadini e il nostro diritto di voto?

Perché Giorgia Meloni ha proposto il premierato

Annunciato in pompa magna come un provvedimento che darà maggiore peso alle preferenze degli italiani alle urne, il disegno di legge costituzionale prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio e la razionalizzazione del rapporto di fiducia con il Parlamento.

La misura proposta da Giorgia Meloni e da Maria Elisabetta Alberti Casellati, ministra per le Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa, si pone come obiettivo quello di rafforzare la stabilità dei governi. Consentirebbe, nelle intenzioni dell’inquilina di Palazzo Chigi, di attuare indirizzi politici sul lungo periodo, consolidando il principio democratico e valorizzando il ruolo del corpo elettorale.

Avrebbe come effetto anche una maggiore coesione tra i partiti che si presenteranno alle elezioni, evitando fenomeni come il transfughismo e il trasformismo parlamentare all’indomani del voto o della caduta del governo per saltare sul carro del vincitore.

Cosa prevede il premierato all’italiana: le misure

Il disegno di legge sul premierato prevede cinque misure.

  1. L’introduzione del meccanismo di voto diretto per il presidente del Consiglio contestualmente alle elezioni per il rinnovo delle Camere.
  2. L’introduzione di una durata del mandato del presidente del Consiglio, fissata a cinque anni.
  3. La possibilità che il presidente del Consiglio venga sostituito da un parlamentare della maggioranza solo al fine di attuare il medesimo programma di governo, con lo scioglimento delle Camere in caso di cessazione del mandato del sostituto.
  4. Una nuova legge elettorale con premio assegnato su base nazionale che assicuri al partito o alla coalizione di partiti del presidente del Consiglio il 55% dei seggi parlamentari.
  5. L’abolizione della figura dei senatori a vita nominati.

Il ruolo del presidente del Consiglio, viene specificato nel primo punto, spetterà a uno dei parlamentari eletti alle urne, anche se non è chiaro se ci sarà una dicitura apposita sulla scheda elettorale o se semplicemente il deputato o il senatore con più voti saranno automaticamente nominati dal presidente della Repubblica.

Come cambia il ruolo del presidente della Repubblica

A subire più cambiamenti, con la realizzazione di questo scenario, sarà proprio il capo di Stato. Questa figura, che nel nostro ordinamento ha una funzione di indirizzo particolarmente importante per la formazione del Governo e vigila sulla Costituzione, verrebbe ridimensionata in maniera importante.

L’articolo 92 della Carta dice proprio che il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri. Il Quirinale ha dunque un grande potere decisionale. Per prassi le forze politiche salgono al Colle per le consultazioni, presentando le proprie idee sui nomi al capo di Stato. La decisione però avviene in totale autonomia.

Oggi il presidente del Consiglio può essere anche scelto al di fuori del campo parlamentare. Non è un caso che nella Storia repubblicana ci siano stati anche governi del presidente, governi tecnici come quello di Mario Draghi, governi di scopo guidati da indipendenti o membri della società civile.

Con la riforma della Costituzione e delle prassi di nomina del presidente del Consiglio, il premier potrà essere individuato solo all’interno delle forze di maggioranza parlamentare. Dovrebbe comunque ricevere l’incarico dal presidente della Repubblica, che però non avrà molto spazio di manovra: dovrà basarsi sul volere popolare emerso dalle consultazioni elettorali.

Il disegno di legge, per come è concepito oggi, rischia uno sbilanciamento di potere che potrebbe condurre a una crisi permanente tra il Quirinale e Palazzo Chigi, con un presidente della Repubblica ridimensionato e delegittimato nel suo ruolo e un capo del Governo comunque con poteri ridotti – la nomina dei ministri continuerebbe a spettare al Colle, così come lo scioglimento delle Camere.

Perché la riforma costituzionale rischia di non passare

Il primo scoglio per la riforma costituzionale del premierato sarà il suo doppio passaggio in Parlamento. Le modifiche alla Costituzione prevedono una doppia lettura sia alla Camera che al Senato. Il processo potrebbe richiedere anche un anno e mezzo.

La legge sarebbe approvata automaticamente solo con il parere positivo dei due terzi dei rappresentanti del popolo. Al contrario potrebbe essere indetto un referendum costituzionale, che passerà la palla ai cittadini. La Storia recente ha mostrato particolare rigidità nei confronti delle modifiche alla Carta da parte degli italiani, come nel caso del referendum di Matteo Renzi, ed è possibile che una consultazione di questo tipo sia ancora destinata a fallire.

Quella che è stata annunciato come la “madre delle riforme” che darà vita alla vera Terza Repubblica, secondo quanto dichiarato dalla stessa Giorgia Meloni in conferenza stampa, potrebbe dunque essere solo un fuoco di paglia destinato al fallimento – o una furba strategia politica in vista delle prossime elezioni europee e regionali.

La critica al premierato: troppi scontri nella maggioranza

Tra i critici della riforma costituzionale per il premierato c’è chi sottolinea come il vicepremier – o comunque il secondo arrivato alle elezioni – sarebbe troppo avvantaggiato rispetto al presidente del Consiglio. Alla caduta del primo, infatti, salirebbe al potere un altro membro della maggioranza incaricato di portare a termine il programma di governo.

Qualora anche il sostituto dovesse dimettersi o non ottenere la fiducia del Parlamento, scatterebbero lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate. Possibilità che in genere vengono evitate, per senso di responsabilità, tanto dal Colle quanto da deputati e senatori. In pratica il secondo arrivato avrebbe molte più possibilità di ottenere il sostegno del Parlamento rispetto al premier eletto, senza neanche avere la stessa legittimazione popolare.

Il rischio è che all’interno della maggioranza possano nascere fratture per disarcionare il presidente del Consiglio, con i leader dei partiti stampella pronti a puntare al secondo posto, più stabile e sicuro. Con il 55% dei seggi – anche se una nuova legge elettorale con un premio così importante difficilmente potrebbe essere approvato dalla Corte Costituzionale – verrebbe dunque garantita la governabilità ma al costo di avere giochi di potere proprio tra chi dovrebbe puntare alla stabilità dell’Esecutivo.