La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, durante l’ultima seduta plenaria a Strasburgo del 28 febbraio, ha esortato i 27 Stati membri dell’Unione ad aumentare, nei prossimi cinque anni, gli investimenti in armi, “dando priorità agli appalti congiunti”, proprio come avvenuto durante la pandemia Covid per l’emergenza vaccini o per il gas naturale. Von der Leyen ha chiarito che una guerra nel cuore dell’Europa “non è imminente”, ma non è neppure “impossibile”.
Dobbiamo quindi prepararci alla guerra nel Vecchio Continente? Prima di porci questa domanda, è utile sapere quante armi forgia oggi l’Europa, e quali sono i Paesi che ne producono di più.
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Von der Leyen chiede ai Paesi europei più investimenti in armi
L’Unione europea ha invocato una nuova strategia per l’industria della difesa per rispondere alle sfide alla sicurezza poste dalla guerra della Russia di Vladimir Putin all’Ucraina, con al centro l’acquisto di armi e munizioni prodotte in Europa. La Presidente della Commissione europea von der Leyen ha chiesto esplicitamente che i 27 investano di più in armi nei prossimi cinque anni.
“La sovranità europea significa assumerci la responsabilità di ciò che è vitale, e persino esistenziale, per noi”, ha affermato Ursula von der Leyen. “Riguarda la nostra capacità ma anche la nostra volontà di difendere noi stessi i nostri interessi e i nostri valori. Al centro di tutto ciò deve esserci un principio semplice: l’Europa deve spendere di più, spendere meglio, spendere in modo europeo”. Anche Francia e Germania hanno avvertito che il blocco dei 27 deve fare di più per proteggersi. Tradotto, servono più armi in terra Europa.
L’invasione russa ha messo in luce evidenti debolezze nelle capacità di produzione di armi dell’Unione europea. L’industria della difesa comunitaria si è mostrata pallida nell’investire su personale e attrezzature, ed è stata lenta nell’aumentare la produzione, in particolare dei proiettili di artiglieria, di cui l’Ucraina ha molto bisogno.
In questo scenario, la Germania, ad esempio, ha annunciato un potenziamento da 100 miliardi di euro delle sue forze armate, con una parte cospicua destinata agli aerei da combattimento F-35 e agli elicotteri da trasporto statunitensi. Ma non basta, secondo Bruxelles.
I trasferimenti in armi aumentano solo in Europa
Proprio ora che il Financial Times ha pubblicato 29 documenti russi, risalenti a 10 anni fa, ottenuti dall’intelligence, che rivelano come la dottrina atomica di Mosca sia stata aggiornata e rivista “al ribasso”, con una soglia decisamente più bassa per lanciare un attacco nucleare di risposta, per capire la direzione verso cui stiamo andando è utile conoscere quante armi ci sono in circolazione, quanto si spende in armi nel mondo, e in Europa, e quanto e chi fanno guadagnare?
Secondo il “Sipri Trends in international arms transfers 2022” (il Sipri è il prestigioso Stockholm International Peace Research Institute che si occupa di studi sulla guerra), anche se i trasferimenti di armi sono diminuiti a livello globale, quelli verso l’Europa sono aumentati notevolmente a causa delle tensioni tra la Russia e la maggior parte degli altri Stati europei.
Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, i Paesi europei vogliono importare più armi, più velocemente. Le importazioni di armi verso l’Asia orientale sono aumentate, mentre quelle verso il Medio Oriente sono rimaste sostanzialmente stabili, a un livello elevato.
Chi sono i maggiori Paesi esportatori di armi nel mondo
E nel 2023? Secondo le stime anticipate dal direttore del Sipri Dan Smith, la spesa militare mondiale nel 2023 è aumentata per il nono anno consecutivo in termini reali, sfiorando la cifra di 2.500 miliardi di dollari, e “aumenterà anche quest’anno e per i prossimi anni, ma non per sempre”.
Le esportazioni globali di armi sono state a lungo dominate da Stati Uniti e Russia, per 30 anni il primo e il secondo esportatore di armi. Tuttavia, il divario tra i due Paesi si è ampliato in modo significativo, mentre quello tra la Russia e il terzo maggiore fornitore, la Francia, si è ridotto.
Le esportazioni di armi statunitensi sono aumentate del 14% tra il 2013-2017 e il 2018-22, e gli Stati Uniti hanno rappresentato il 40% delle esportazioni globali di armi nel 2018-22. Le esportazioni di armi della Russia sono invece parallelamente diminuite del 31% tra il 2013-2017 e il 2018-2022, e la sua quota sulle esportazioni globali di armi è scesa dal 22% al 16%.
Le esportazioni di armi russe sono scese a 8 dei 10 maggiori destinatari tra il 2013-2017 e il 2018-22. Le esportazioni verso l’India, il maggiore destinatario di armi russe, sono diminuite del 37%, mentre le esportazioni verso gli altri 7 Paesi sono diminuite in media del 59%. Tuttavia, le esportazioni di armi russe sono aumentate verso la Cina (+39%) e l’Egitto (+44%), diventando il secondo e il terzo maggiore destinatario di Mosca.
A beneficiare di questo “gap” la Francia di Emmanuel Macron, la cui quota di esportazioni in armi a livello mondiale è aumentata dal 7,1% all’11%. Come ha spiegato Pieter D. Wezeman, ricercatore senior del programma Sipri Arms Transfers, “la Francia sta guadagnando una quota maggiore del mercato globale delle armi mentre le esportazioni di armi russe diminuiscono, come si è visto in India, ad esempio. Sembra che questo continui, poiché alla fine del 2022 la Francia aveva molti più ordini in sospeso per le esportazioni di armi rispetto alla Russia”.
Quante armi producono i Paesi europei
Restringendo il campo all’Europa, i 27 stanno producendo solo la metà del milione di proiettili di artiglieria l’anno promessi. I funzionari ora affermano che la produzione potrebbe raggiungere 1,4 milioni entro la fine di dicembre 2024. Ma per farlo serve un’accelerata potente. Von der Leyen ha anticipato che la Commissione presenterà proposte per la nuova strategia per l’industria della difesa nelle prossime settimane.
L’obiettivo è arrivare a fare in modo che i Paesi acquistino di più e in modo più efficace insieme, proprio come hanno fatto le 27 nazioni dell’Ue per i vaccini durante la pandemia. Per incoraggiare l’industria ad assumersi maggiori rischi, von der Leyen ha proposto che l’Ue fornisca garanzie per gli ordini anticipati di armi. Ha detto anche che “è tempo di avviare un dialogo sull’utilizzo dei profitti inattesi dei beni russi congelati per acquistare congiuntamente attrezzature militari per l’Ucraina”. In Europa sono detenuti infatti diversi miliardi di euro di asset russi: il Belgio stima ad esempio circa 180 miliardi di euro.
Ma la domanda, a questo punto, è anche: quante armi vengono prodotte oggi in Europa e quali Paesi europei ne producono di più? Come chiarisce l’italiano Iari-Istituto Analisi Relazioni Internazionali, nella maggior parte delle classifiche sulla produzione e sulle esportazioni di armi e materiale bellico, i più grandi Paesi europei figurano sempre tra i primi dieci.
I dati mostrano – senza grandi sorprese a dire il vero – che il 78,2% della produzione mondiale di armi e sistemi militari è in mano ai Paesi membri della Nato. Il primato mondiale nel settore spetta agli Stati Uniti.
Italia, Francia e Germania compaiono dopo gli Stati Uniti e la Russia nella maggior parte dei ranking internazionali. Tra i maggiori produttori ed esportatori di armi e materiale bellico troviamo anche Spagna, Svezia e Polonia, quest’ultima da subito in prima linea nell’assistenza militare, e non solo, a Kiev.
Quali sono i Paesi e le società che producono più armi
Secondo il “Sipri-Top 100 Arms-producing and Military Services Companies 2022“, i ricavi derivanti dalla vendita di armi e servizi militari da parte delle 100 maggiori aziende del settore hanno totalizzato 597 miliardi di dollari nel 2022, il 3,5% in meno rispetto al 2021 in termini reali, anche se la domanda è aumentata notevolmente.
Tra i primi sette esportatori di armi dopo Stati Uniti, Russia e Francia, cinque paesi hanno registrato un calo delle esportazioni di armi: Cina (-23%), Germania (-35%), Regno Unito (-35%), Spagna (- 4,4%) e Israele (–15%), mentre due Paesi hanno registrato forti aumenti: Italia (+45%) e Corea del Sud (+74%).
Queste le 10 società che hanno guadagnato di più dalla vendita di armi nel 2022:
- Lockheed Martin Corp. – Usa: 65,9 miliardi di dollari (90% delle entrate totali)
- Raytheon Technologiese – Usa: 67 miliardi di dollari (59%)
- Northrop Grumman Corp. – Usa: 36, 6 miliardi di dollari (88%)
- Boeing – Usa: 66,6 miliardi di dollari (44%)
- General Dynamics Corp. – Usa: 39,4 miliardi di dollari (72%)
- BAE Systems – Usa: 27,7 miliardi di dollari (97%)
- NORINCO – Cina: 82,5 miliardi di dollari (27%)
- AVIC – Cina: 82,4 miliardi di dollari (25%)
- CASC – Cina: 44,4 miliardi di dollari (44%)
- Rostec – Russia: 30,2 miliardi di dollari (55%).
I Paesi europei che producono più armi
La prima società europea che compare nella classifica dei Paesi che producono più armi, al numero 13, è l’italiana Leonardo, che nel 2022 ha incassato 15miliardi di dollari, circa l’83% delle entrate totali. L’Italia è, dunque, il maggior produttore di armi in Europa. L’altra grande azienda produttrice di armi in Italia, Fincantieri, è “solo” al numero 46 di questa classifica.
Guardando alle altre europee, in posizione numero 14 troviamo poi la transeuropea Airbus, con 61,8 miliardi (20%), alla 17 c’è la francese Thales, con 18,5 miliardi (51%), e un’altra francese compare anche al numero 23: si tratta della compagnia Dassault Aviation Group, che incassa dalla vendita di armi 72,9 miliardi (70%). L’inglese Rolls Royce è al 25° posto, con profitti pari a 15,6 miliardi (32%), mentre la tedesca Rheinmetall al 28° con una cifra pari a 6,7 miliardi (67%).
Italia primo Paese produttore di armi in Europa
Il nostro Paese è uno dei principali produttori di armi con fucili mitragliatori, fucili classici, pistole da difesa personale. Ma secondo i dati elaborati da Truenumbers, è l’elicottero la tipologia di arma da guerra più venduta, seguito dalla categoria “bombe, siluri, razzi, missili italiani ed accessori”.
Per quanto riguarda le esportazioni di armi, nel periodo 2018-22, l’Italia ha rappresentato il 3,8% delle esportazioni di armi a livello mondiale. Il 67% dell’export è destinato al Medio Oriente.
Leonardo cresce, in controtendenza
L’azienda che in Europa più armi da guerra, come detto, è Leonardo, peraltro molto legata al ministro della Difesa nell’attuale governo Meloni, Guido Crosetto, che avrebbe percepito 1,8 milioni di euro dalla società nel periodo 2018-21, motivo per cui è stato anche accusato di conflitto di interessi.
Secondo Fondazione Finanza etica, realtà filantropica di Banca Etica ed Etica Sgr, che ha il supporto di Rete Italiana pace e disarmo, l’ex-Finmeccanica ha incrementato le attività del settore difesa a discapito di quello civile, in cui eccelleva. Gli armamenti sono passati infatti dal 60% all’80% della attività del gruppo.
Ma ci sarebbe di più. Sulla testa dei vertici di Leonardo peserebbe un’accusa pesantissima: il “sospetto della produzione di componenti per armamenti nucleari“. Questo, ha spiegato la presidente di Fondazione Finanza etica Masciopinto, “ha già allontanato investitori istituzionali, con rischi finanziari, oltre che di evidenti rischi umanitari e reputazionali”.
Nonostante è una crescita positiva, quella di Leonardo, in controtendenza rispetto alla maggioranza delle aziende della difesa occidentali. “Nonostante abbiano ricevuto nuovi ordini in seguito alla guerra in Ucraina, molte aziende produttrici di armi statunitensi ed europee non sono riuscite ad aumentare in modo significativo la capacità produttiva a causa della carenza di manodopera, dell’aumento dei costi e delle interruzioni della catena di approvvigionamento”, spiega ancora il Sipri.
“Molte aziende produttrici di armi hanno incontrato ostacoli nell’adattarsi alla produzione per la guerra ad alta intensità”, ha affermato la direttrice del programma su spesa militare e produzione di armi del Sipri Lucie Béraud- Sudreau. “Tuttavia, sono stati firmati nuovi contratti, in particolare per le munizioni, che potrebbero tradursi in maggiori entrate nel 2023 e oltre”. Già oggi, alcune industrie europee, in particolare in Germania, Norvegia e Polonia, hanno visto aumentare i loro incassi grazie all’invio di munizioni e veicoli blindati in Ucraina.