Come tristemente previsto (ne avevamo parlato anche qui), il fronte della guerra tra Israele e Hamas si sta allargando. Mentre nel mondo si segnalano sempre più episodi e atti di antisemitismo, in Medio Oriente la causa palestinese viene utilizzata dalle frange fondamentaliste islamiche come opportunità per colpire lo Stato ebraico, da quasi un secolo scomodissimo avamposto occidentale nella regione.
Oltre a Hamas e a Hezbollah, che col suo leader Hassan Nasrallah si è detta pronta al “sacrificio” e a entrare in conflitto su larga scala con Israele, hanno preso parte attiva nel conflitto anche altri estremisti islamici, che dal più lontano Yemen hanno lanciato droni e missili balistici contro obiettivi israeliani. Si tratta degli Houthi, ribelli sciiti legati all’Iran che controllano gran parte dello Yemen. Ecco perché e come sono entrati attivamente “nell’Asse della Resistenza” contro Israele.
Yemen, i ribelli Houthi attaccano Israele
Il fronte musulmano sciita è sempre più compattamente avverso a Israele. Dopo giorni di sospetti che ci fossero proprio loro dietro il lancio di droni e missili “dalla regione del Mar Rosso” verso lo Stato ebraico, la conferma è giunta accompagnata da una pioggia di razzi e dalle dichiarazioni ufficiali del primo ministro del governo Houthi, Abdelaziz bin Habtour: “Questi droni appartengono allo Stato dello Yemen”.
I ribelli yemeniti hanno dispiegato anche una grande quantità di aerei armati, nella terza operazione di questo tipo dal maxi attacco del 7 ottobre. I droni hanno fatto scattare l’allarme a Eilat: Israele ha poi fatto sapere di averli intercettati e neutralizzati con il sistema Arrow. Ma la sfida è stata lanciata ufficialmente. La propaganda Houthi passa tutta attraverso l’emittente televisiva Al-Masirah. “Le forze armate yemenite continueranno a effettuare attacchi qualitativi con missili e droni fino a quando l’aggressione israeliana non finirà”.
Già il 27 ottobre l’esercito israeliano aveva reso noto di aver intercettato “un velivolo ostile” che poi si è schiantato al suolo a Taba, in Egitto, appena oltre il confine dalla città israeliana di Eilat, causando il ferimento di sei persone. Il 19 ottobre il cacciatorpediniere americano Uss Carney aveva abbattuto quattro missili da crociera e 14 droni lanciati verso Israele nel Mar Rosso.
Anche in guerra ci sono delle regole: quelle che Israele non sta rispettando.
Perché gli Houthi entrano in guerra: l’ombra di Iran e Hezbollah
Il premier dello pseudo-Stato degli Houthi ha sottolineato che i ribelli yemeniti fanno “parte dell’Asse della Resistenza” contro lo Stato ebraico. Il fronte fondamentalista rivendica una base operativa congiunta e un comando comune “per tutte le operazioni belliche” che vengono pianificate e sferrate. Un fronte tenuto al guinzaglio dall’Iran, il grande nemico giurato di Israele, e di cui fanno parte anche Hamas, Hezbollah, Jihad islamica e varie milizie sciite in Iraq e Siria. L’obiettivo è la lotta su più fronti contro Israele e le forze americane nella regione.
Anche il gruppo di Hezbollah gioca un ruolo cruciale nello scacchiere anti-israeliano. Trasmettendo da una località non precisata, il leader Nasrallah ha parlato molto della causa palestinese, ma non ha dichiarato una vera guerra a Israele. Perché Hezbollah non vuole aprire un secondo fronte nel conflitto? Per dirla in maniera brutale: perché ha paura di fallire. Hezbollah ha vinto due volte la guerra contro Israele, è vero. Ma ha vinto attraverso la guerriglia sul suo territorio con il sostegno di una popolazione amica. Con l’invasione di Israele, però, lo scenario si popola di dubbi e rischi troppo elevati. Per gli stessi motivi Israele non sta invadendo il Libano.
L’entrata in campo degli Houthi è però un elemento che aggiunge notevole pressione al quadro generale. Innanzitutto perché possono contare su un sofisticato e letale arsenale di missili balistici e droni, in parte finanziato dall’Iran e in parte ottenuto dopo la caduta del dittatore Ali Abdullah Saleh nel 2011. All’epoca, con il sostegno di Teheran, i ribelli hanno progressivamente conquistato gran parte dello Yemen, compresa la capitale Sana’a, entrando in possesso anche di una vasta fetta dell’arsenale militare yemenita, inclusi missili, carri armati e mezzi aerei. Questi armamenti sono stati poi utilizzati nella lunga e sanguinosa guerra civile, che li ha opposti al fronte sostenuto da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e che ha lasciato sul terreno oltre 370mila morti.
Intanto in Ucraina Putin approfitta della “distrazione Israele”: ecco come.
Chi sono e cosa vogliono i ribelli Houthi
Gli analisti chiamano “ragnatela” la gabbia di relazioni e rapporti di forza in Medio Oriente che si stringe attorno a Israele: Hezbollah in Libano, le milizie filoiraniane in Iraq e in Siria e gli Houthi nello Yemen. All’appello degli attacchi mancavano solo questi ultimi. Ma chi sono i ribelli del secondo Paese più popoloso della penisola arabica?
Il nome ufficiale del loro gruppo è Ansarullah, che in arabo vuole dire i “partigiani di Dio”. Apparentemente perfetti per intendersi con il “Partito di Dio” degli Hezbollah. Il termine “ribelli Houthi” è entrato talmente nel glossario quotidiano da oscurare il fatto che i ribelli non sono più tanto ribelli, ma una vera e propria giunta militare che controlla la capitale Sana’a e ampie parti del Paese. Un predominio pagato a carissimo prezzo, con una guerra lunga e sanguinosa contro la coalizione a guida saudita.
Lo slogan Houthi è un altro mantra condiviso tra fondamentalisti: “Morte all’America, morte a Israele, maledizione agli ebrei e vittoria all’Islam”. Il portavoce dei “partigiani di Dio” si è presentato in diretta tv in tuta mimetica per rivendicare il lancio di missili verso Israele. “Ed è soltanto l’inizio”, ha tuonato.
Allargamento del conflitto, come risponde Israele
Lo scenario del Medio Oriente si complica dunque ulteriormente. Dopo i missili arrivati dal Mar Rosso sulla cittadina di Eilat per mano degli ennesimi alleati dell’Iran, che di fatto accerchiano Israele, lo Stato ebraico ha deciso di dispiegare navi lancia-missili al largo della costa, incuneata tra Giordania ed Egitto. “Sappiamo anche di attaccare nel luogo e nei tempi che stabiliremo, sulla base dei nostri interessi di sicurezza”, ha avvertito il portavoce militare Daniel Hagari.
Senza contare il Libano, da dove continuano ad arrivare razzi e colpi di mortaio ai quali Israele risponde con forza. Le azioni dei combattenti libanesi al confine con il Paese contribuiscono tuttavia all’imperativo militare di allontanare le forze israeliane dalla Striscia di Gaza. Hezbollah, da parte sua, dice di essersi unita alle ostilità contro Israele fin dall’8 ottobre. E promette di continuare, pur esponendosi a indubbi rischi. Intanto, però, è riuscita ad attirare almeno un terzo dell’esercito israeliano verso la frontiera con il Libano. Più di 40 insediamenti ebraici vicino al confine libanese sono stati evacuati dopo l’assalto dei miliziani. “Nessun cessate il fuoco senza la liberazione degli ostaggi”, tuona Netanyahu. Il conflitto è, insomma, molto lontano da una qualunque prospettiva di pace.