La Russia prepara il ritiro delle sue truppe dalla Siria: perché e cosa vuol dire

Secondo i media americani, Mosca avrebbe deciso di trasferire i propri soldati presenti nel Paese mediorientale. Una mossa che, se confermata, sarà momentanea: per il Cremlino le basi siriane sono strategiche per la proiezione in Africa e nel Mediterraneo

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 14 Dicembre 2024 06:56

Il cambio di regime in Siria, lo abbiamo detto, ha messo in seria difficoltà la Russia. Al punto che il Cremlino ha ordinato il trasferimento delle sue navi dalla grande base di Tartus. E al punto, secondo la Cnn, che starebbe preparando anche il ritiro delle truppe russe dal Paese mediorientale.

La Russia sta davvero ritirando i soldati dalla Siria?

Stando alle immagini satellitari raccolte da Maxar venerdì mattina, le autorità russe in Siria hanno avviato le operazioni di carico e allestimento di aerei in partenza dalle sue basi militari. Presso la struttura aerea di Khmeimim, a Latakia, sono stati segnalati due velivoli da trasporto militare pesante An-124, entrambi con la parte anteriore sollevata, a indicare che sono pronti a imbarcare il carico. Le immagini hanno evidenziato anche lo smantellamento di un elicottero d’attacco, come di solito avviene quando è in fase di preparazione per il trasporto. Sempre nella stessa base russa sul Mediterraneo si è visto che parti di un’unità di difesa aerea S-400, sistema missilistico terra-aria, sono state imballate per essere trasportate altrove. Alcune batterie di contraerea sono state inoltre spostate vicino alla zona di carico degli aerei cargo.

Tutto questo è sintomatico della decisione da parte del Cremlino di salvaguardare il proprio personale militare in Siria, evitando di subire un’umiliazione estera che sarebbe impossibile da gestire all’interno della Federazione. L’opinione pubblica è infatti già molto provata ed elettrica per lo stallo della guerra in Ucraina, che dopo tre anni non ha ancora portato alla vittoria schiacciante che Vladimir Putin aveva preventivato e promesso ai russi. L’intenzione di Mosca, se confermata, è senza dubbio momentanea. Le basi in Siria sono trampolini strategici e irrinunciabili per la proiezione e la presenza russa in Africa e nel Mediterraneo. Motivo per cui il Cremlino si sta impegnando a fondo per trovare un accordo coi nuovi decisori siriani che hanno preso il potere dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad.

Perché la Russia non vuole rinunciare alla Siria

La Russia si trova in una situazione molto delicata, per certi versi opposta rispetto a quella di tre anni fa. Se subito dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina, Mosca ha potenziato la propria presenza oltreconfine (soprattutto in Siria) per via delle sanzioni e della crescente marginalizzazione politica da parte dell’Occidente, oggi si trova a dover ricalibrare i suoi sforzi. Il fronte esistenziale da non far crollare è l’Ucraina, per la quale il Cremlino ha accettato di intavolare negoziati al più presto con gli Stati Uniti, da pari a pari, nei primi mesi del 2025. Nel frattempo deve evitare scossoni in altri territori strategici, come la Siria, per evitare di perdere credibilità di fronte ai propri cittadini.

La Siria è uno snodo fondamentale per il rifornimento e la proiezione delle unità militari e paramilitari russe in Africa, un autentico ponte che assicura la mano lunga del Cremlino anche sul Medio Oriente preda del caos. L’impegno diretto russo nella regione risale alla Guerra Fredda. Il suo rilancio è avvenuto invece nel 2015, durante la campagna diretta siriana. Le contemporanee operazioni in Libia hanno garantito a Mosca una presenza militare stabile nella fascia che congiunge Medio Oriente e Nordafrica. Nel 2019 il primissimo vertice Russia-Africa certificò la vocazione duratura della Federazione a una presenza stabile a sud. Soltanto in Siria, tra il 2015 e il 2018, sono stati schierati almeno 50mila militari russi, oltre a 8mila contractor privati. Una presenza che, al di là di questo momentaneo ritiro, sarà senza dubbio rilanciata dal Cremlino.