Decreto Sicurezza 2025, nuovi reati e tutele per gli agenti: cosa prevede

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Decreto Sicurezza che introduce nuovi reati, inasprisce le pene per alcuni esistenti e offre maggiori tutele alle forze dell'ordine

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 4 Aprile 2025 13:07Aggiornato: 4 Aprile 2025 20:04

Il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo Decreto Sicurezza per il 2025. Il Parlamento ha ora 60 giorni per convertirlo in legge.

Fra le misure principali, e più contestate, la copertura delle spese legali per gli esponenti delle forze dell’ordine sottoposte a processo e la custodia cautelare per le donne incinte che commettono reati.

Cosa cambia con il nuovo Decreto Sicurezza 2025

La novità principale del Decreto Sicurezza 2025 è rappresentata dai più di 20 nuovi reati e inasprimenti di sanzioni per reati esistenti, fra cui:

  • l’occupazione abusiva di immobile più procedure più rapide per lo sgombero;
  • il blocco stradale;
  • il blocco ferroviario;
  • lo stop alla cannabis light;
  • le pene più severe per chi aggredisce o minaccia forze dell’ordine;
  • stretta su truffe agli anziani;
  • misure contro borseggio e accattonaggio minorile;
  • norme contro la cannabis light (non meglio specificate nel testo, ma sono menzionate).

Quest’ultimo divieto in particolare ha causato diverse proteste da parte degli imprenditori che avevano investito nella filiera della cannabis light, sfruttando le liberalizzazioni delle leggi e delle sentenze della Cassazione degli scorsi anni. Sono quindi a rischio migliaia di posti di lavoro e un settore con un fatturato milionario.

Aggiunto anche un pacchetto di norme relative alle forze dell’ordine. In caso di spese legali, il ministero dell’Interno concederà loro un anticipo da 10.000 euro se saranno imputati per fatti commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Infine, saranno implementate le bodycam sulle divise.

Gli esponenti delle forze dell’ordine indagati o imputati per fatti di servizio potranno continuare a lavorare. Lo Stato coprirà le loro spese legali, fino a 10.000 euro per ogni fase del processo. Meloni l’ha definita “una norma sacrosanta”, richiesta da tempo dalle forze dell’ordine.

Scompare l’obbligo per Pa, università, enti di ricerca, Rai, eccetera di fornire dati ai Servizi segreti, anche in deroga alla privacy. Ora si tratta di un atto facoltativo e regolato dalle norme sulla riservatezza.

Il reato di rivolta in carcere si applica solo in caso di disobbedienza a ordini legati alla sicurezza e ordine interno. Esclusa la resistenza passiva generica. La rivolta non è reato nei centri di accoglienza.

In caso di proteste pubbliche, l’aggravante per blocco o sabotaggio non si applica più a qualsiasi opera pubblica, ma solo alle infrastrutture dei settori energia, trasporti, telecomunicazioni e altri servizi pubblici.

Per i migranti non serve più il permesso di soggiorno per ottenere una sim telefonica, basta un documento di identità.

Relativamente ai reati di aggressione o resistenza a pubblici ufficiali, le attenuanti generiche tornano a valere, dopo che nel ddl erano escluse in caso di aggressione o resistenza a pubblico ufficiale.

Cambia l’istituto della detenzione per le donne incinte o con figli piccoli: resta l’obbligo di custodia cautelare, ma in istituti a custodia attenuata, non in carcere ordinario. Il giudice può valutare le esigenze del minore anche in caso di condotte gravi della madre.

Perché il ddl sicurezza è diventato un decreto

Il pacchetto di leggi avrebbe dovuto prendere la forma di un disegno di legge, ma l’esecutivo ha preferito agire direttamente a causa di tensioni che avrebbero potuto creare intoppi nell’iter parlamentare.

Il decreto è però nettamente depotenziato rispetto alle intenzioni iniziali, anche se la Lega, suo principale sostenitore all’interno della maggioranza di governo, ha spinto con particolare energia.

Il disegno di legge sicurezza presentava molte norme che avevano attirato l’attenzione della Presidenza della Repubblica. Si trattava di articoli che, avrebbe fatto capire il Colle, presentavano tratti di palese incostituzionalità e avrebbero faticato a ottenere la firma di Sergio Mattarella o, comunque, sarebbero rapidamente finiti alla Corte Costituzionale.

Questa non sarebbe però l’unica ragione del passaggio da ddl, quindi una legge sviluppata in Parlamento, a decreto, un provvedimento varato direttamente dal Governo che andrà poi convertito in legge. Nel Governo si temeva anche una reazione di Salvini e della Lega, che rimane il principale sostenitore del testo.