Post Brexit, Gran Bretagna in crisi. Supermercati vuoti e recessione, cosa sta succedendo

Nel 2023 il Regno Unito sarà l'unico Paese del G7 in recessione: e nei supermercati scarseggiano frutta e verdura

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Redazione

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E’ la “Carta di Windsor” ad aprire un nuovo capitolo nelle relazioni bilaterali tra Londra e Bruxelles: l’ennesima svolta negoziale del  divorzio più lungo della storia si è consumata sullo spinoso dossier dell’Irlanda del Nord. Ma il vero problema in Gran Bretagna sembra l’economia post-Brexit. Che arranca più di qualunque altra in Europa ed ora vede lo spettro della recessione, tanto che secondo la maggioranza dei britannici l’uscita dall’Ue è stata un errore che sta presentando ora il conto. Vediamo sotto quali forme.

Ue-Londra firmano “Carta di Windsor”

L’intesa – suggellata dopo poco meno di sette anni dal referendum che sancì la Brexit – porta le firme del Primo ministro Rishi Sunak e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. In pratica, si è trattato di ufficializzare una revisione del protocollo nordirlandese firmato dal governo di Boris Johnson con Bruxelles, rimesso successivamente in causa da Londra e oggetto di mesi di controversie

Un sistema di corridoi verdi e rossi che distinguerà i commerci interni (liberati da ogni laccio burocratico) da quelli dei soli prodotti “a rischio di esportazione” verso l’Ue, tra le maggiori novità ma anche garanzia sull’equiparazione fra Ulster e Gran Bretagna nella disponibilità senza barriere di cibo, medicinali, sementi e altri prodotti nazionali di base.

Di che si tratta?

Particolarmente importante l’introduzione del “freno di salvaguardia” messo a disposizione delle istituzioni nordirlandesi “democraticamente elette” su eventuali modifiche legislative di Bruxelles che dovessero riguardare Belfast: freno che potrà all’occorrenza tradursi in un diritto di veto ad hoc esercitabile attraverso il governo centrale del Regno Unito. In cambio Londra appare peraltro destinata a continuare ad accettare un qualche ruolo della Corte di giustizia europea quale arbitro ultimo di eventuali contenziosi.

Una buona notizia in un quadro che resta preoccupante per Londra. Infatti, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2023 il Regno Unito sarà l’unico Paese del G7 in recessione oltre che il peggiore tra i Paesi industrializzati, peggio perfino della Russia colpita dalle sanzioni. Ovviamente,  non è solo colpa della Brexit: il resto lo fa una inflazione a doppia cifra, attorno al 10% e un carovita che ha messo a dura prova milioni di lavoratori  impegnati per questo nella più grande ondata di proteste da decenni.

Da recessione a supermercati vuoti

Intanto, nei supermercati mancano frutta e verdura. Scaffali praticamente vuoti a causa principalmente dello stop di forniture da parte di Spagna e Marocco, principali esportatori di questi alimenti. Tanto che due marchi di supermercati, Asda e Morrisons, hanno annunciato l’introduzione di un razionamento su pomodori, cetrioli e altre verdure: ogni cliente può acquistare al massimo tre confezioni.

La testimonianza

Indicativa, in questo senso, la testimomianza di Antonio Riello su Dagospia: “Sì, il referendum è passato curiosamente anche per questa diffusa e assurda credenza. I danni più gravi sono stati per le Università e tutto il sistema di accoglienza direttamente correlato, per la Finanza (Londra ha visto erodersi il suo primato mondiale) e per molte attività commerciali e di ristorazione che hanno perduto la preziosa manodopera europea (efficiente, gentile e a basso costo) che le rendeva molto competitive. Problemi burocratico/doganali hanno reso in generale le merci più rare e costose. Le aziende Britanniche sono di fatto penalizzate nell’esportazione. Un disastro: le promesse dei vari Farage non sono state per niente mantenute e la qualità della vita si è (inutilmente) abbassata”.