I dirigenti di Anas, la principale entità appaltatrice nazionale, sembrano aver divulgato informazioni riservate riguardanti le gare d’appalto in cambio di favoritismi. La situazione ruota intorno alla Inver, una società di consulenza legata alla famiglia Verdini. Questa società è stata fondata, tra gli altri, da Tommaso Verdini, figlio dell’ex senatore Denis, e dalla figlia Francesca, compagna del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.
Ha trattato di questo l’inchiesta “Do ut des”, di Danilo Procaccianti con la collaborazione dei Andrea Tornago, presente nella puntata di “Report” di domenica 18 febbraio con Sigfrido Ranucci.
Il caso Verdini-Anas-Salvini: l’inchiesta che preoccupa il governo
Per dare una mano ai dirigenti dell’Anas, tra le più grandi stazioni appaltanti del Paese, il gruppo di Tommaso Verdini avrebbe potuto contare, almeno a quanto detto nelle loro telefonate, su esponenti di primo piano della Lega.
Tra i fondatori della Inver, la società di consulenza alla base della possibile corruzione, c’è la compagna di Matteo Salvini, Francesca Verdini, che ha ceduto le sue quote nel 2021, poco prima che cominciasse l’inchiesta, e poi c’è suo fratello Tommaso Verdini, che secondo le indagini farebbe il lobbista proprio nel settore sotto il controllo del ministero di Matteo Salvini.
Secondo la trasmissione, grazie a una triangolazione, gli imprenditori alla ricerca di appalti avrebbero pagato consulenze fittizie alla Inver, che agirebbe come intermediaria con i dirigenti di Anas. A loro volta, i dirigenti avrebbero favorito i clienti della Inver nell’aggiudicarsi gli appalti.
Ciò che suscita perplessità è il repentino aumento del fatturato della Inver nel 2021, dopo un crollo nel 2020, che è addirittura sestuplicato. Coincidenza però è che proprio in quell’anno la Lega rientra nel governo Draghi.
Secondo gli investigatori, l’ex senatore Denis Verdini sarebbe il socio occulto della Inver e il vero artefice delle condotte illecite. Si ritiene che Verdini abbia ricevuto 20 mila euro al mese in nero. La sua vicinanza al ministro sembra essere a volte sfruttata dagli indagati per continuare a emettere fatture per consulenze fittizie. La rete dei Verdini e della Inver, secondo l’inchiesta della Procura di Roma, sembra essere vista come una sorta di passepartout per fare carriera all’interno di Anas.
Come il caso di Omar Mandosi, ex funzionario dell’Anas che aveva rapporti con Verdini e che nel 2023 lascia l’azienda per diventare direttore delle risorse umane di Stretto di Messina Spa, l’ente che dovrebbe gestire l’opera tanto ambita da Matteo Salvini: il Ponte sullo Stretto. Mandosi non è indagato, ma secondo gli investigatori, “si sarebbe rivolto più volte ai referenti della Inver” con l’obiettivo di ottenere un ricollocamento gradito e prestigioso in Anas.
L’incontro con Salvini ed Eurolink prima di varare il decreto per il Ponte sullo Stretto
Secondo una fonte anonima del ministero delle Infrastrutture contattata dalla redazione di Report, prima di promulgare la Manovra e l’annesso decreto relativo ai fondi per il Ponte sullo Stretto, il ministro Matteo Salvini avrebbe incontrato l’ex ministro Pietro Lunardi e l’imprenditore Pietro Salini. Lunardi è stato un membro del governo Berlusconi e ha supervisionato la gara d’appalto per il progetto del ponte durante il suo mandato ministeriale. Questa gara è stata vinta dal consorzio Eurolink. Salini è il capo dell’azienda, ora denominata Webuild, che possiede oltre il 40% del consorzio Eurolink.
Attualmente, l’azienda è tornata a essere considerata per l’opera, dopo che il governo Monti aveva precedentemente bloccato il progetto. Questi incontri non sono stati ufficialmente smentiti e sono ora oggetto di denunce presso la procura e di interrogazioni parlamentari.
Negli anni, la documentazione relativa al ponte e ai relativi contratti è stata mantenuta in stretto riserbo, al punto che quando nel 2013 l’ex primo ministro Monti ha deciso di annullare tutti i contratti, persino i ministri del suo governo non erano a conoscenza dell’accordo tra Eurolink e la società Stretto di Messina Spa, che sarebbe stata responsabile della gestione dell’opera.