La trasformazione digitale ha permesso agli elementi fisici di fondersi con quelli digitali. Nel mondo delle imprese manifatturiere e del lavoro, questo si traduce in un netto miglioramento della produttività e in più ampi margini di profitto.
Ogni giorno sempre più aziende di produzione industriale abbracciano il concetto di Smart Factory, la cosiddetta Industria 4.0, cioè un’industria intelligente, dove le tecnologie più all’avanguardia vengono incorporate nei processi di produzione generando un sistema produttivo più flessibile e modulare, grazie a una serie di tecnologie di automazione che rendono il lavoro più semplice, snello e smart, appunto.
Una Smart Factory permette di minimizzare i tempi del processo produttivo e i suoi costi, proprio perché è in grado di adattare e ottimizzare i processi, oltre a memorizzare e analizzare una grande quantità di dati in tempo reale. Ciò si traduce in una produzione più flessibile, efficiente e autonoma, facendo sì che chi lavora si concentri maggiormente sul miglioramento dei processi e non tanto su attività ripetitive, fornendo un grande valore aggiunto.
Le opportunità messe a disposizione dalle tecnologie di Industrial IoT e dagli incentivi pubblici, come le risorse messe in campo ora dal Pnrr, spesso non vengono però colte dagli imprenditori, che percepiscono un ritorno dell’investimento troppo distante o, ancora peggio, non riescono a trarre effettivo vantaggio dai progetti di IoT già implementati.
Costi di investimento in macchinari in apparenza troppo elevati, difficoltà di integrazione dei dati provenienti da fonti eterogenee, tempistiche di implementazioni lunghe scoraggiano tantissime aziende dal compiere quel passo così fondamentale per la loro crescita.
Il punto è che, di fatto, la rivoluzione dell’Industria 4.0 non è ancora avvenuta: i macchinari industriali hanno mediamente 20 anni di vita, il 27% delle aziende ha fallito l’introduzione di tecnologie IoT e si registrano mediamente 500mila euro di perdite annue per azienda a causa della mancanza di integrazione tra sistemi, come spiega Gabriele Montelisciani, CEO di Zerynth, azienda con sede a Pisa che supporta le aziende nella digitalizzazione dei processi industriali e nello sviluppo di prodotti connessi e innovativi.
Zerynth ad esempio è riuscita a creare una piattaforma IoT che presenta un set completo di strumenti hardware-software, progettato per consentire la trasformazione digitale in modo veloce, flessibile e sicuro. Fondata nel 2015, Zerynth ha avuto una crescita esponenziale: oggi vanta un team di oltre 30 persone, con una profonda esperienza nell’IoT, e oltre 3mila implementazioni di successo in aziende operanti in tutti i settori industriali, come la meccanica, l’automotive, la logistica, la refrigerazione industriale, la nautica e l’agricoltura.
Il suo obiettivo è trasformare il mito della Smart Factory in realtà, abbattendo dell’80% lo sforzo di implementazione. Ora, grazie a una nuova partnership con Davra, questo traguardo è più vicino. Davra ha sviluppato la piattaforma “developer-friendly” AEP (Application Enablement Platform) per lo sviluppo rapido di applicazioni IOT utilizzata da numerose aziende e system integrators in tutto il mondo.
Grazie a questo sodalizio i clienti Zerynth possono ora inviare i dati raccolti tramite i propri sensori alla piattaforma Davra AEP e riceverli automaticamente sulla piattaforma per poterli manipolare, visualizzare e inoltrare ad ulteriori sistemi. Allo stesso tempo, i clienti Davra possono sfruttare la potenza e la versatilità dei device embedded di Zerynth all’interno di applicazioni integrate create sulla piattaforma AEP e comandare azioni sui device Zerynth.
La Smart Factory in Italia è ancora agli albori, in un certo senso… “La necessità di digitalizzare le imprese è ormai cosa nota. Numerosi studi e articoli di settore dimostrano i benefici introdotti in azienda dalla transizione all’Industria 4.0” spiega a QuiFinanza Gabriele Montelisciani, Co-Founder e CEO di Zerynth Deloitte.
Dopo più di 5 anni dall’introduzione in Italia dei piani di incentivo per la digitalizzazione del manifatturiero, qual è lo stato delle imprese italiane? C’è stato un effettivo sviluppo in ottica 4.0 o siamo ancora lontani?
L’86% degli imprenditori intervistati ritiene che la digitalizzazione delle aziende e la realizzazione della cosiddetta “fabbrica intelligente” saranno i driver principali della competitività per i prossimi 5 anni. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle imprese italiane ha un parco macchine che ha in media più di 20 anni di vita. Ma una macchina così non è considerabile ancora obsoleta, anzi è spesso ben performante in termini di capacità produttiva, ma non dispone di sistemi di controllo tali da consentirne l’interfacciamento con i moderni sistemi 4.0.
Quali sono i problemi maggiori?
Di fatto i numeri parlano chiaro: ogni anno le aziende manifatturiere perdono mediamente mezzo milione di dollari per non aver digitalizzato e integrato i propri macchinari e circa il 30% delle aziende che hanno provato a introdurre le tecnologie IoT hanno fallito a causa della complessità di integrazione e scarsa robustezza delle soluzioni, mentre il 97% delle aziende evidenzia problematiche sulla sicurezza.
Quali sono le soluzioni tecnologiche che consentono agli imprenditori di superare le difficoltà di implementazione della Smart Factory?
Per garantire che un progetto di digitalizzazione d’impresa abbia successo è necessario seguire attentamente alcuni passaggi. Come prima cosa, sviluppare una vera e propria roadmap per la conversione a 4.0. In altre parole, se vogliamo avere chiaro quale sarà il ritorno del nostro investimento dobbiamo prima di tutto progettare un percorso di conversione a 4.0 della nostra azienda e avere quindi chiaro da dove si parte, dove vogliamo andare e quale metriche useremo per misurare i risultati e quindi misurare il ritorno del nostro investimento.
E poi?
Il secondo step è iniziare con cosa già si possiede. Se vogliamo aumentare il cosiddetto ROI, cioè il Return On Investment, la cosa più semplice da fare è partire con un investimento ridotto e procedere quindi per passi man mano che si acquista consapevolezza sul valore prodotto dal processo di innovazione 4.0. Siamo quindi nel campo della cosiddetta “lean innovation”: partiamo snelli con investimenti ridotti così da poter facilmente cambiare rotta, ma anche e soprattutto la tecnologia su cui andiamo ad investire.
Insomma, partire piano e un passo alla volta…
Sì, perché affinché si possa andare a percepire in maniera chiara il ROI, è necessario partire da problemi noti e possibilmente piccoli ma impattanti. Partendo da piccoli ma importanti problemi si possono introdurre importanti cambiamenti con investimenti contenuti, aumentando così la consapevolezza sul valore creato dalla transizione digitale e del paradigma 4.0. Un processo di transizione verso il 4.0 deve essere quindi sempre guidato dal famoso principio di Pareto: “L’80% degli effetti è dovuto al 20% delle cause”. Quindi è necessario quindi identificare quel 20% di sorgenti di inefficienza maggiormente impattanti e su queste costruire il piano aziendale di transizione al 4.0.
Quale ruolo hanno le persone? Che valore aggiunto ha l’elemento umano?
Fondamentale: bisogna partire prima dalle persone. Il 4.0 è prima di tutto un cambio di paradigma, la tecnologia è soltanto uno strumento abilitante. Le persone devono essere quindi considerate come elemento portante del processo di evoluzione aziendale. Serve investire in tecnologie altamente usabili e che siano state sviluppate attraverso un processo di design antropocentrico. La quarta rivoluzione industriale non è solamente una rivoluzione tecnologica: è anche e soprattutto una rivoluzione del modo in cui produciamo e gestiamo l’informazione. I dati non diventano informazione fino a che le persone non li comprendono. Nel 4.0 è necessario quindi procedere per passi, così da consentire alle persone di poter acquisire consapevolezza e quindi padroneggiare i nuovi strumenti e le nuove tecnologie, andando quindi a portare quel cambiamento strutturale che poi rappresenta la vera fonte di efficientamento dell’azienda.
Quanto incide il tipo di tecnologia che viene adottata?
Anche questo aspetto è essenziale: dobbiamo prediligere tecnologie aperte, standard e ben documentate. Il mondo industriale è da sempre caratterizzato dalla presenza di protocolli di scambio dati proprietari, chiusi e legati a specifici vendor. Viceversa, il mondo IT è cresciuto negli ultimi anni ad una velocità esponenziale soprattutto grazie alla standardizzazione dei protocolli e alle tecnologie aperte e condivise. Questa apertura del mercato ha portato la vera innovazione digitale che oggi noi tutti viviamo. Basti pensare a Netflix e Spotify: la loro tecnologia si appoggia su protocolli di comunicazione standard e consente quindi di essere fruita su qualsiasi dispositivo. Risulta impensabile immaginare Netflix e Spotify utilizzabili solo attraverso dei dispositivi prodotti dalle rispettive aziende.
Ma questo approccio non piace molto agli imprenditori…
Esatto. Se da un lato questo approccio all’apertura rappresenta una grande fonte di innovazione e progresso, è frenato nel mondo industriale dai grandi vendor che puntano a “bloccare” i clienti all’interno delle proprie piattaforme, rallentando di fatto l’innovazione industriale così da tenerla al passo con le proprie strategie commerciali. È però oggi possibile aggirare questi limiti andando ad utilizzare tecnologie alternative a quelle proposte dai grandi produttori di sistemi di automazione, creando così un sistema 4.0 di fabbrica, nuovo, che rende l’imprenditore libero di innovare alla velocità e nella direzione che preferisce e gli consente soprattutto di acquistare macchinari e tecnologia che meglio si adattano alle reali esigenze produttive della sua azienda.
Un altro punto fondamentale e di grande attualità è quello che riguarda la gestione dei dati.
Spesso si dice che “i dati sono il petrolio del nuovo millennio”… Questa affermazione è tanto vera quanto pericolosa: nel momento in cui si scava un pozzo per estrarre petrolio non si inizia automaticamente a produrre valore. Perché si possa trarre beneficio da questo investimento è necessario infatti stoccare, processare e poi valorizzare questo petrolio. Questo vuol dire che estrarre grandi quantità di dati senza avere chiaro che cosa andremo a farci ci espone solamente ad un rischio informatico senza garantire nessun reale ritorno di investimento. In un processo di digitalizzazione aziendale è quindi fondamentale appoggiarsi a tecnologie di acquisizione, gestione e valorizzazione del dato che garantiscano i più alti standard di sicurezza e che siano adattabili e allineabili con le relative policy aziendali in materia di gestione dei dati e della sicurezza. È anche necessario acquisire solo ed esclusivamente i dati che si sono identificati come necessari. Fare attenzione alla sicurezza del dato è la chiave.
Quindi per far evolvere un’impresa verso il 4.0 è necessario digitalizzarla partendo da quello che si ha e andando a creare una roadmap di innovazione che punti a risolvere innanzitutto piccoli ma importanti problemi, e tenga le persone al centro del processo di cambiamento…
Esatto. Sembra un processo facile ma in realtà è molto complesso andare a trovare sul mercato soluzioni tecnologiche che consentano di intraprendere un processo di digitalizzazione della fabbrica in maniera semplice e che soprattutto non richiedano il rinnovo del parco macchine o l’acquisto di tecnologia hardware/software impattante sia dal punto di vista economico che dell’integrazione tecnica e della formazione del personale.
In cosa voi di Zerynth siete diversi?
Abbiamo sviluppato una tecnologia IoT per il retrofitting di macchinari che consente, con un investimento ridotto e tempi di setup molto brevi, di connettere qualsiasi macchinario industriale a qualsiasi sistema gestionale o cloud aziendale.
Come funziona esattamente?
Abbiamo sviluppato per il mondo industriale il dispositivo 4ZeroBox: lo consideriamo come una sorta di digitalizzatore per macchinari industriali, che permette di produrre il “gemello digitale” di qualsiasi macchinario industriale, anche obsoleto, attuando quindi una strategia di retrofitting per il 4.0. è necessario semplicemente collegare il 4ZeroBox direttamente ai sensori della macchina, all’eventuale PLC o installando nuovi sensori che verranno direttamente letti dal 4ZeroBox. In questo modo potremo monitorare i parametri di produzione e inviarli quindi allo Zerynth Cloud che acquisisce i dati, li elabora e può creare dashboard per la supervisione dei KPI in tempo reale e da qualsiasi dispositivo.
Quali sono le principali metriche che possono essere utilizzate per valutare l’effettivo successo di digitalizzazione dell’azienda?
L’elemento maggiormente limitante nella trasformazione di progetti di IoT industriale dalla fase di “Proof of Concept” alla fase di “deploy” è costituito dalla difficoltà delle aziende di identificare il ritorno dell’investimento ROI del progetto stesso. È importante quindi definire gli indicatori per monitorare il successo del progetto. Tipicamente, le aziende manifatturiere stabiliscono il successo di un progetto Industria 4.0 tracciando questi KPIs: riduzione dei tempi di downtime dei macchinari, ottimizzazione della manutenzione dei macchinari e riduzione dei relativi costi, riduzione del consumo energetico dei macchinari, miglioramento della capacità produttiva, riduzione delle operazioni manuali.
Qualche esempio concreto?
Il nostro cliente Armal, azienda leader nella produzione di bagni mobili, è riuscita ad esempio ad avere un sistema IoT di monitoraggio in tempo reale dell’intera linea produttiva con una riduzione dei costi energetici dei macchinari del 40%, recuperando l’investimento fatto in tecnologia IT in soli 4 mesi. Anche Vitesco Technologies Italy, azienda leader nella produzione di componenti automobilistici, che riesce oggi a prevedere i malfunzionamenti delle valvole pneumatiche 24 ore prima che si verifichi il guasto e che è riuscita persino ad azzerare i tempi di fermo macchina e a ridurre le attività manuali.