A fine 2021 “Quota 100” arriverà al suo termine e senza una nuova riforma rientrerebbe a regime la legge Fornero, con il requisito dei 67 anni di età per accedere alla pensione. Allo studio del governo c’è un intervento sul sistema pensionistico da realizzare tramite il confronto con i sindacati, con diversi tavoli aperti, e con l’Inps, che all’esecutivo ha presentato le sue proposte.
Riforma Inps, dalla flessibilità alla pensione di garanzia: i punti
A fine ottobre, in occasione del XIX Rapporto annuale dell’Istituto il presidente dell’Istituto di previdenza, Pasquale Tridico, ha esposto in audizione alla Camera delle soluzioni in quattro punti.
Il primo è quello della flessibilità in uscita: la proposta sarebbe ridurre l’età di accesso alla pensione, a 62 anni con 20 anni di contributi, traguardo dal quale si dovrebbe poter chiedere un anticipo del trattamento pensionistico. Ma anche di utilizzare coefficienti più vantaggiosi per chi svolge lavori usuranti.
Al secondo punto, infatti, l’Inps ritiene necessario prestare attenzione a chi svolge lavori gravosi e a chi perde il lavoro dopo i 60 anni e sottolinea l’esigenza di l’Ape sociale e il trattamento anticipato per i precoci.
La proposta prevede che fino ai 67 anni di età l’assegno venga calcolato solo con riferimento alla parte contributiva, mentre oltre quella soglia scatterebbe la parte retributiva. Sarebbe inoltre possibile richiedere un anticipo del trattamento retributivo da sottrarre una volta maturato il diritto alla pensione piena.
Terzo punto, istituire una pensione di garanzia, un limite minimo oltre il quale non scendere, soprattutto per garantire un trattamento pensionistico adeguato alle giovani generazioni.
Infine, la necessità di colmare i buchi contributivi considerando la possibilità di valorizzare, in via gratuita, i periodi di formazione anche a fini previdenziali.
Riforma Inps, dalla flessibilità alla pensione di garanzia:
Nel suo rapporto annuale presentato alla Camera dei Deputati, il presidente dell’INPS ha esaminato anche le criticità legate alla legge Fornero.
Nonostante fosse stata concepita con l’intento di garantire la sostenibilità economica del sistema previdenziale e di promuovere una maggiore equità economica, la riforma portata avanti dall’ex ministra del lavoro, Elsa Fornero, avrebbe secondo Tridico, generato una serie di conseguenze negative.
Tra queste criticità, il presidente dell’INPS ha evidenziato un elevato tasso di disoccupazione giovanile, che si è rivelato uno dei principali effetti collaterali della legge Fornero. La riforma avrebbe contribuito a rendere più difficile l’accesso al mercato del lavoro per i giovani, limitando le loro opportunità di inserimento lavorativo e di sviluppo professionale.
Inoltre, il rapporto annuale dell’INPS ha messo in luce una bassa partecipazione al mercato del lavoro nelle regioni del Sud Italia. La legge Fornero, secondo Tridico, avrebbe accentuato le disparità economiche tra il Nord e il Sud del paese, creando ulteriori ostacoli all’inserimento lavorativo e allo sviluppo economico delle regioni meridionali.
Un’altra criticità evidenziata riguarda il gender gap, ovvero la disparità di genere nel mercato del lavoro. La riforma Fornero avrebbe contribuito a esacerbare questo divario, influenzando sia la partecipazione femminile al mercato del lavoro che i differenti livelli salariali tra uomini e donne. Questo fenomeno rappresenta una sfida importante per l’equità di genere e la promozione di pari opportunità nel mondo del lavoro.