Cosa dice la Legge Fornero sulla pensione

Scopri cos'è la Legge Fornero, quali sono le conseguenze e chi l'ha votata

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Alessandro Speziali

Esperto di Economia

Dopo la laurea triennale in Economia e Gestione Aziendale, durante gli studi magistrali vola all'Università della California dove ha modo di studiare la finanza da un punto di vista internazionale.

Il 2022 non ha portato con sé solamente la riforma fiscale. La Manovra 2022 riguarda anche le pensioni, con Draghi che ha aperto ad una modifica della legge Fornero.

Il 31 dicembre 2021 si è chiusa infatti l’era di Quota 100. La “Quota 100” era una misura pensionistica introdotta in Italia nel 2019 che consentiva ai lavoratori di accedere alla pensione anticipata combinando l’età anagrafica di almeno 62 anni e 38 anni di contributi versati. Tuttavia, la sua validità è stata limitata nel tempo e non è stata prorogata oltre il 2021. Pertanto, al momento attuale, la “Quota 100” non è più attiva come opzione per l’accesso alla pensione anticipata in Italia.

Al posto della “Quota 100”, attualmente in Italia sono in vigore altri meccanismi pensionistici come la “Quota 41” e la “Quota 42”. Questi schemi consentono il pensionamento anticipato per i lavoratori che raggiungono determinati requisiti di età e contributi versati.

Cos’è e cosa prevede la legge Fornero

La legge Fornero, o meglio la riforma delle pensioni Fornero, corrisponde all’articolo 24 del decreto legge n.201 (emanato il 6 dicembre 2011).

Il contesto

Il nome deriva da quello dell’allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero, che ha modificato il funzionamento del sistema pensionistico italiano emanando le cosiddette “Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici”.

Prima della legge Fornero era in vigore la riforma Dini, datata 1995. Poi, a seguito della Manovra Salva-Italia varata dal Governo Monti per contrastare la recessione degli USA causata dai subprime, si rese necessario intervenire sulla messa in sicurezza dei conti e sulla sostenibilità a lungo termine del sistema previdenziale.

Con la legge Fornero, varata nel 2011, il sistema pensionistico italiano è passato dall’essere retributivo all’essere contributivo. Il primo, più conveniente per il lavoratore, pesava infatti eccessivamente sulle casse dello Stato in quanto calcolava la pensione basandosi sull’ultima retribuzione (in genere, la più elevata dell’intera carriera lavorativa) e senza tener conto dei versamenti contributivi fatti negli anni. A partire dal 2011, tutti i lavoratori italiani vanno in pensione col metodo contributivo.

Le pensioni oggi

Anche se molte delle disposizioni della legge Fornero sono state modificate o integrate da successive riforme previdenziali, molte delle sue disposizioni fondamentali continuano ad essere parte del sistema pensionistico italiano.

Il principio cardine della legge Fornero è uno: la pensione cresce al crescere dei contributi versati.

I lavoratori che raggiungono il requisito per la pensione di vecchiaia possono dunque smettere di lavorare, e percepire una pensione la cui somma viene determinata sulla base di contributi accumulati e rivalutati durante la vita lavorativa. Tale somma viene poi traslata in pensione, sulla base di coefficienti numerici che dipendono dall’età che il lavoratore ha nel momento del pensionamento.

Andare in pensione per anzianità, e dunque con 40 anni di contributi a prescindere dalla propria età, a seguito della legge Fornero non è più possibile.

Tre sono le modalità di calcolo della pensione attualmente in vigore:

  • il sistema contributivo viene applicato a chi ha cominciato a lavorare dopo l’1 gennaio 1996;
  • i lavoratori con anzianità contributiva inferiore ai 18 anni al 31 dicembre 1995 vanno in pensione col sistema misto: retributivo fino al 31 dicembre 1995, contributivo dall’1 gennaio 1996;
  • i lavoratori con anzianità contributiva uguale o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, vanno in pensione col sistema misto: retributivo fino al 31 dicembre 2011, contributivo dall’1 gennaio 2012 (data di entrata in vigore della legge Fornero).

Pensioni, cosa aspettarsi nel futuro

Cosa succederà alle pensioni degli italiani, ad oggi non è ancora chiaro. La riforma pensionistica è sul tavolo delle trattative, e non vi è certezza sulla misura in cui la legge Fornero verrà modificata.

Il ministro dell’Economia Daniele Franco, ha però assicurato che non vi sarà alcun aumento dell’età pensionabile fino al 31 dicembre 2024. Non ci saranno cambiamenti neppure sul fronte della pensione anticipata, le cui modalità resteranno invariate fino alla fine del 2026. Attualmente, è possibile andare in pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, o con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne. Ma esistono anche delle alternative, dalla pensione anticipata per lavoratori precoci fino alla pensione anticipata per lavori usuranti o gravosi.

Quota 102 e Quota 104

Tra le ipotesi attualmente al vaglio vi è l’introduzione di Quota 102 e di Quota 104 al posto dell’attuale Quota 100.

Draghi, intervenendo sul tema delle pensioni, ha confermato l’impossibilità di tornare al vecchio sistema retributivo proprio per i suoi alti costi. Più probabile è l’introduzione di passi progressivi verso il ritorno al sistema contributivo della legge Fornero. Passi, questi, individuati in Quota 102 e Quota 104. L’idea era la seguente: 64 anni d’età e 38 anni di contribuzione (totalmente o in parte retributiva) come requisiti minimi per tutto il 2022 e, successivamente, 66 anni d’età e 38 anni di contributi per ulteriori 12 mesi, prima di tornare nel 2024 alla piena applicazione della legge Fornero. Il tutto, confermando l’Ape sociale, l’Ape rosa Opzione donna. Oggi l’idea di Quota 104 sembra superata, mentre si continua a parlare di Quota 102 (col malcontento di Cgil, Cisl e Uil).

Le ipotesi al vaglio

Un’ipotesi che è stata spesso discussa è il pensionamento a 62 anni con sistema contributivo per tutti.

Tuttavia, le resistenze di forze politiche e sindacali sono molte. E le alternative proposte altrettante:

  • Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, ha proposto un anticipo della pensione a 63 anni per i contribuenti con sistema misto (che si vedrebbero poi versare la pensione completa al raggiungimento del requisito di vecchiaia). I requisiti? 63 o 64 anni d’età, 20 anni di contributi, e una quota contributiva di pensione uguale o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale;
  • i sindacati contrastano il ritorno alla legge Fornero ma anche l’applicazione di Quota 102, e propongono di lasciare il lavoratore libero di scegliere se andare in pensione a 62 anni o con 41 anni di contributi versati. Non solo: le principali sigle sindacali chiedono anche il riscatto gratuito della laurea, una pensione di garanzia per i giovani, e un ampliamento dei lavori usuranti o gravosi (nella fattispecie, chiedono che all’Ape sociale si possa aderire con 63 anni d’età e 30 anziché 36 anni di anzianità contributiva);
  • la Lega punta molto su Quota 41, e dunque sulla pensionabilità a fronte di 41 anni di contributi e di un’età minima di 63 anni.

Attualmente, dunque, una visione chiara di ciò che succederà non c’è. Anche perché, le questioni al vaglio sono molte specialmente per volere dei sindacati. Le sigle sindacali chiedono principalmente di intervenire sul fronte dei giovani che, sempre più impegnati in lavori precari, rischiano di andare in pensione ad età molto elevate e con assegni irrisori. Ma anche sul fronte delle donne, per le quali chiedono il riconoscimento di un anno aggiuntivo di contributi per ciascun figlio oppure di un anno ogni cinque in caso si siano occupate di familiari non autosufficienti.