Il Tfr dei lavoratori finisce nei fondi pensione complementari, cosa cambia con la riforma

La proposta della Lega per far confluire il Tfr dei lavoratori nei fondi pensione complementari con la forma del silenzio-assenso: il governo ci pensa.

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Da settembre, dopo la sosta estiva, il governo italiano riprenderà i lavori sulla riforma delle pensioni che, almeno stando a quanto i partiti di maggioranza avevano previsto in campagna elettorale, servirà a scongiurare il ritorno alla Legge Fornero. Molte le ipotesi al vaglio dell’esecutivo a cui si è aggiunta anche la proposta avanzata dal sottosegretario leghista al ministero del Lavoro Claudio Durigon: far confluire una parte del Tfr dei lavoratori all’interno dei fondi pensione complementari. Il rilancio della forma pensionistica alternativa non è certo un’idea nuova, visto che già nel 2006 era stata adottata una misura simile.

Pensione, il Tfr nei fondi complementari

La proposta avanzata da Claudio Durigon prevede che una quota del Trattamento di fine rapporto (Tfr) pari al 25 per cento finisca nei fondi pensione complementari, a meno che il lavoratore stesso non si opponga esplicitamente a questa ipotesi entro un dato arco temporale. Questo, stando a quanto dichiarato dalla ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, all’ultimo Meeting di Rimini, potrebbe corrispondere a sei mesi.

“Una riapertura di un semestre di silenzio-assenso – ha detto la ministra – è una cosa che io sostengo e credo sia necessaria perché uno degli elementi che ha costituito una scarsa appetibilità della previdenza complementare, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni, è il fatto che non è stata spiegata bene, non è ben compresa”. Anche i sindacati si sono detti concordi all’ipotesi, resta dunque solo da capire come deciderà di muoversi il governo e quali saranno i dettagli della misura.

Il governo vuole rilanciare la previdenza complementare

Il sistema pensionistico italiano è, come noto, da sempre soggetto a profonde critiche e da anni si cerca, senza trovarla, una soluzione che possa rendere più facile e conveniente andare in pensione. Stante questo scenario, il governo di Giorgia Meloni starebbe valutando proprio il rilancio della previdenza complementare. “Si stanno facendo delle riflessioni – ha detto la ministra Calderone – perché il secondo pilastro pensionistico è sicuramente importante come supporto alla previdenza di primo livello”.

E, sull’ipotesi avanzata da Durigon, al momento non sembrerebbero esserci troppi punti critici, in quanto il meccanismo descritto del silenzio-assenso semestrale non andrebbe a stravolgere i conti pubblici italiani. Il problema, infatti, ci sarebbe “solo” nelle aziende che vantano meno di 50 dipendenti le quali, trattenendo il Tfr dei dipendenti che non hanno scelto i fondi pensione, hanno attualmente un maggiore sostegno economico alla propria attività. Nel caso di aziende più grandi, invece, il problema non si creerebbe, visto e considerato che in questi casi la liquidazione viene già ora trasferita all’Inps.

Tfr nei fondi pensionistici complementari: il precedente

L’idea di far confluire parte del Tfr nei fondi pensionistici complementari non è una novità visto che, già nel 2006, ai lavoratori venne data la possibilità di scegliere di destinare o meno il loro trattamento di fine rapporto alla previdenza complementare. Anche in quel caso venne scelta la formula del silenzio-assenso, ma va detto che fino al 2023 solo un lavoratore su tre l’ha scelta.

Il problema, per la ministra Calderone, è stato in quel caso la scarsa promozione e condivisione del percorso “anche con le organizzazioni sindacali e datoriali”. Proprio per questo occorre oggi “semplificare tutte le procedure, non solo quelle di adesione ma anche quelle di gestione dei fondi di previdenza complementare e, soprattutto, delle fattispecie di recupero e di riscatto parziale, totale o anticipato dei trasferimenti ai fondi”.